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L’uomo che adotta solo bambini malati terminali

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Mohamed Bzeek, di origine libica e residente a Los Angels, da vent'anni si prende cura di bambini affetti da gravi patologie e con poche possibilità di sopravvivere

Mohamed Bzeek stringe con dolcezza la mano della sua “bambina speciale”. Lei è l’ultima arrivata della famiglia, adottata di recente. Nata cieca, sorda e affetta da una rara malattia al cervello, che la rende paralizzata a tutti e quattro gli arti, la bambina di sei anni trascorre gli ultimi momenti della sua vita circondata dall’amore di questo padre adottivo che non l’abbandona un istante. 

“So che sono malati”, racconta l’uomo nato in Libia ma arrivato negli Stati Uniti da giovanissimo per studiare all’università. “So che stanno per morire, ma li accolgo nella mia casa come se fossero figli miei, prendendomi cura di loro sino all’ultimo. Il resto lo lascio nelle mani di Dio”.

Oggi Mohamed Bzeek ha 62 anni e vive nella città californiana di Azusa. Da vent’anni si prende cura dei bambini malati terminali adottandoli o prendendoli in affidamento. “Li amo come se fossero miei”, racconta in un’intervista rilasciata al Los Angeles Times. “Piuttosto che farli morire in qualche ospedale, se ne vanno circondati da amore e attenzioni”. 

Finora l’uomo si è occupato di decine di bambini affetti da patologie rare e da tumori all’ultimo stadio, che non lasciano scampo. A spingerlo su questa strada della solidarietà è stata la moglie. I due si conobbero negli anni Ottanta grazie a un amico comune. Già i nonni di lei avevano preso in affidamento alcuni bambini, e lo stesso decisero di fare loro. 

La coppia si concentrò sui bambini malati terminali, accogliendoli nella loro famiglia a partire dalla metà degli anni Novanta. La prima bambina che presero in affidamento morì poco dopo. Quando era ancora nel grembo materno, la bambina aveva subito gli effetti dei pesticidi respirati dalla madre, bracciante nei campi: nacque con la spina dorsale deformata, e a causa di ciò fu costretta a indossare il gesso integrale. I genitori biologici non potendo sostenere economicamente le cure, l’abbandonarono al suo destino.

Mohamed e sua moglie si presero cura di lei per un anno. “Soffrii tantissimo quando morì”, racconta ancora l’uomo al Los Angeles Times mostrando una foto della bambina nella bara, circondata da fiori. 

La vita di Mohamed e di sua moglie Dawn non è stata affatto semplice. Il loro unico figlio naturale, Adam Bzeek, è nato con diversi problemi di salute: è affetto da nanismo e ha le ossa fragili, che anche cambiare un paio di calzini è un’impresa difficile per timore che si spezzino. 

“Adesso Adam ha 19 anni e pesa circa 65 chili, studia informatica al Citrus College e va a lezione con la sua sedia a rotelle elettrica. È lo studente più basso del suo corso, ma è un guerriero”, sottolinea Bzeek. 

Ai problemi di salute del figlio si sommarono quelli della moglie che nel 2000 si ammalò gravemente. Le frequenti crisi epilettiche la indebolivano tantissimo, per giorni, costringendola a stare in casa. Il matrimonio ne risentì tantissimo e i due si separarono nel 2013. Dawn morì poco più di un anno dopo. 

La forza d’animo di Mohamed non venne mai meno e proseguì l’impegno assunto vent’anni prima: prendersi cura dei bambini sfortunati e di quelli abbandonati al loro destino. 

“Ricordo un altro dei bambini che presi in affidamento. Ricoverato 167 volte, morì all’età di otto anni”, racconta Mohamed. “Nacque con la sindrome dell’intestino corto. Non poteva mangiare cibo. Nonostante ciò, lo accolsi con me, lo facevo sedere a tavola insieme agli altri, con un piatto e un cucchiaio l’aiutavo a mangiare, ricorda l’uomo”. 

Finora sono almeno dieci i bambini deceduti tra le pareti di casa sua. Il dolore per la perdita si accosta al profondo amore che Mohamed prova per ciascuno di loro. Attualmente, l’uomo trascorre le giornate e le nottate insonni prendendosi cura della bambina di sei anni adottata di recente, nata con encefalocele, una malformazione congenita del cranio derivante da un’incompleta saldatura delle ossa della volta cranica.

Dal suo cranio sporgevano parti del cervello, poi rimosse chirurgicamente, che l’hanno resa mentalmente e fisicamente sottosviluppata: non vedente e non udente, ha tutti gli arti paralizzati e soffre di continue convulsioni. Nonostante ciò, Mohamed si prende cura di lei, cercando di darle quanto più affetto e conforto possibile. 

“So che non può sentire e non può vedere. Ma io le parlo, l’abbraccio, l’accarezzo. Anche lei ha dei sentimenti e un’anima”, sottolinea l’uomo. Prima di essere adottata da lui, la bambina era stata ricoverata in una struttura medica specializzata all’età di due anni ma i dottori non nutrivano alcuna speranza che potesse sopravvivere. 

Oggi ha sei anni e lotta quotidianamente tra la vita e la morte, ma lo fa circondata dall’amore e dalle attenzione di un padre adottivo. Mohamed Bzeek è diventato un punto di riferimento per medici e assistenti sociali a Los Angeles. 

“C’è un disperato bisogno di genitori adottivi che si prendano cura di bambini in queste condizioni. E a Los Angeles l’unica persona disposta a farlo è Mohamed Bzeek”, racconta Melissa Testerman, coordinatrice del Dipartimento degli affari sociali della contea incaricata di trovare alloggi per bambini malati. “Se ci chiamano e ci dicono che il bambino non può più stare in una struttura e deve tornare a casa, c’è solo un nome a cui pensiamo. Lui è l’unico disposto a prendere in affido un bambino che rischia di non farcela”.

Dei 35mila bambini monitorati dal dipartimento dell’Infanzia e dei servizi familiari californiano, ci sono 600 bambini malati terminali che necessitano di cure e assistenza, di cui non sempre possono usufruire. Molti di loro sono affidati a centri specializzati, altri ancora vengono abbandonati in orfanotrofi. 

L’impegno di Mohamed Bzeek non si ferma solo all’accoglienza di bambini malati terminali. Sia prima, sia dopo la morte della moglie, l’uomo ha tenuto dei corsi di formazione per le coppie interessate ad adottare un bambino in difficoltà, insegnando loro come gestire la malattia e la sua eventuale morte.

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