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Abu Bakr al-Baghdadi, dal carcere di Abu Ghraib alla guida dell’Isis: storia del califfo del sedicente Stato islamico

Immagine di copertina
Un fermo immagine del video rilasciato da Al-Furqan ad aprile 2019, che mostra Abu Bakr al-Baghdadi per la prima volta dopo 5 anni, in un luogo non specificato. AFP PHOTO / SOURCE / AL-FURQAN

Il califfo dell’autoproclamato Stato Islamico è una delle figure più complesse e più pericolose del panorama internazionale: ecco la sua storia

Abu Bakr al-Baghdadi Isis – Ibrahim al-Baghdadi, meglio conosciuto come Al-Baghdadi, califfo dell’autoproclamato Stato Islamico, è una delle figure più complesse e più pericolose del panorama internazionale attuale. La sua prima apparizione pubblica risale al giugno 2014, nella moschea di Mosul, anno in cui diede avvio ad una nuova guerra del terrore.

È il 2004 quando il volto e il nome di Al Baghdadi iniziano a comparire tra le schede segnaletiche. Dodici mesi prima gli americani avevano invaso l’Iraq destituendo Saddam Hussein, di cui Al Baghdadi era un fervente sostenitore.

L’arresto di quello che diventerà il futuro capo dell’Isis, avvenne il 4 febbraio 2004 a Falluja (Iraq). Nonostante non fosse ancora tra i principali ricercati, Al Baghdadi fu arrestato perché si trovava insieme a un leader della guerriglia sunnita. Fu detenuto dalle forze americane nel carcere iracheno di Abu Ghraib, dove gli venne assegnato il numero US9IZ-157911CI.

>>Al Baghdadi è vivo: l’Isis rilascia un nuovo video del Califfo dopo 5 anni

Dopo l’occupazione dell’Iraq il governo provvisorio iracheno insieme all’esercito statunitense aveva trasformato il carcere di Abu Ghraib nella principale prigione del paese e, soprattutto, in un luogo di terrore e torture.

La prigione era suddivisa in due parti. Il governo provvisorio iracheno gestiva la struttura in cui erano detenuti i prigionieri già condannati dal tribunale. I soldati americani, invece, gestivano la struttura in cui erano rinchiusi sospettati e persone appartenenti a frange estremiste.

Abu Ghraib è nota all’opinione pubblica mondiale soprattutto per le torture, gli abusi, le umiliazioni che i soldati americani inflissero ai detenuti. Ai prigionieri venne tolta qualsiasi forma di dignità e di rispetto innescando un processo di deumanizzazione. Al Baghdadi , insieme ad altri prigionieri, fu protagonista di questo orrendo spettacolo. Inevitabilmente queste forme di violenza contribuirono  alla radicalizzazione di molti detenuti.

Un mese dopo Al Baghdadi fu trasferito nella prigione di Camp Bucca, nel sud dell’Iraq nei pressi di Bassora. Questo periodo di prigionia si rivelò particolarmente prezioso per il futuro leader dell’Isis. In questo carcere infatti erano detenuti jihadisti ed ex combattenti dell’esercito di Saddam Hussein, alcuni di loro erano stati prigionieri anche presso il carcere di Abu Ghraib.

Camp Bucca rappresentò una grande opportunità per fare proselitismo e radicalizzare i soldati. Soldati che, dopo aver assistito all’occupazione americana dell’Iraq e dopo essere stati incarcerati e torturati, stavano maturando un profondo desiderio di riscatto e vendetta.

>>Che fine farà l’Iraq?

Al Baghdadi, nella speranza di essere rilasciato il prima possibile, decise di comportarsi da prigioniero modello. Ed è all’interno di questo contesto che il futuro califfo costruì e rafforzò la sua leadership.

Il “Maradona di Bucca”, come veniva chiamato grazie alle sue doti di calciatore, ben presto riuscì a farsi rispettare non soltanto dai detenuti ma anche dai soldati americani. Il rispetto gli fu riconosciuto poiché entrambe le parti lo consideravano come mediatore.

Tutto ciò, in realtà, faceva parte di una strategia che si collocava ben oltre il gioco delle parti. Al Baghdadi, infatti, stava creando proprio sotto il naso dei soldati americani lo Stato Islamico.

Grazie alla conoscenza dei testi sacri e della recitazione coranica, il futuro leader dell’Isis riuscì ad avvalersi del rispetto e della fiducia anche di molti ex baathisti che decisero di unirsi alla jihad.

Bucca oltre a garantire l’ascesa al potere di Al Baghdadi  e la nascita dell’Isis, fu prima di tutto la “scuola della jihad”. Questa prigione ha rappresentato un grande servizio che gli Stati Uniti hanno reso ai mujaheddin. Gli americani, grazie ad essa, hanno infatti contribuito ad alimentare la conoscenza dell’ideologia jihadista.

Questo carcere ha rappresentato la rampa di lancio per molti terroristi desiderosi di entrare in azione contro gli americani e non. Probabilmente se in Iraq non ci fosse stato Camp Bucca e le altre prigioni americane, l’Isis come noi lo conosciamo non sarebbe mai nato.

>>La vera storia dell’Isis

Dopo un ulteriore periodo di detenzione presso un altra prigione, a Camp Adder, a dicembre 2004 Al Baghdadi venne liberato come normale cittadino iracheno e non come terrorista. Ma ormai le fondamenta per la creazione di un emirato islamico erano già state poste.

Una volta uscito dal carcere, Al Baghdadi decise di unirsi, con il suo gruppo, alla lotta di al-Qaeda in Iraq comandata da Abu Musab al-Zarqawi. Grazie alle sue qualità di oratore, alla sua leadership e alla sua attenta gestione delle spese dell’organizzazione riuscì a compiere una veloce scalata tra i ranghi dell’islam iracheno.

Nel 2012 divenne capo dell’Isil (lo Stato Islamico di Iraq e Levante).  Ma le mire espansionistiche di Al-Baghdadi andavano ben oltre. In quel periodo la Siria era sconvolta da una guerra civile iniziata sull’onda delle “primavere arabe” nord africane.

Per il leader dell’Isil questa situazione rappresentava una grande opportunità. Prendere il controllo di un secondo paese gli avrebbe permesso di diffondere la sua organizzazione e di dare origine a uno stato transnazionale, e così avvenne.

Al Baghdadi, grazie all’alleanza con i jihadisti siriani del Fronte Al Nusra, riuscì a guadagnare terreno in Siria istituendo, nei territori occupati, un vero e proprio Stato. Tutto ciò portò alla trasformazione del gruppo da Isil a Isis (Stato islamico dell’Iraq e della Siria).

Il nome completo che scelse come capo di stato fu: Abu Bakr al-Baghdadi al-Husseini al-Qurashi. Il suo intento, con questa scelta, era di unire tutto l’islam sciita e sunnita in un unica guerra santa contro l’occidente e di diventare unico riferimento politico e religioso per tutto l’Islam.

Abu Bakr era il nome del primo Califfo, cioè il primo successore di Maometto. Al-Baghdadi evocava il periodo più famoso del califfato islamico, quello abbasside, che aveva per capitale Baghdad (750-1258). Al-Husseini si riferiva a Hussein, figlio di Ali e Fatima, la figlia di Maometto, le figure più venerate dall’Islam sciita. Al-Qurash identificava la tribù di Maometto, originaria di Quraysh.

Il tentativo di rappresentare la discendenza da Maometto gli permetteva la legittimazione di un califfato che soddisfava sia sunniti che sciiti. Ed è forse anche per questo che lo stato Islamico non ha goduto dell appoggio istituzionale, economico e militare delle forze saudite sunnite e iraniane sciite.

Al Baghdadi oggi è stato sconfitto territorialmente, a lui si riferiscono solo alcune cellule clandestine sparpagliate fra nord Africa e sud est asiatico. Secondo Hicham al-Hashemi, esperto di movimenti jihadisti, vive nascosto nella badiya, zona desertica fra Siria e Iraq, insieme al fratello Joumouaa, il suo autista Abdellatif al-Joubouri e la sua staffetta, Seoud al-Kourdi.

Nonostante le scarse apparizioni, il silenzio e le fughe continue da un rifugio all’altro Al-Baghdadi rimane comunque l’unico erede di Osama bin-Laden e Ayman al-Zawahir. Un uomo che vede nella jihad il riscatto per tutto quello che ha subito nelle carceri americane. E poco importa se l’Isis ha perso terreno in Siria, giuramenti di fedeltà a quello che lui rappresenta arrivano da tutto il mondo, dall’Africa, al Burkina Faso passando per il Mali, Indonesia e Sri Lanka. E continueranno ad arrivare finché lui sarà in grado di trasmettere i suoi proclami all’universo mediatico internazionale.

>>Che cos’è l’Isis, spiegato senza giri di parole

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