A che punto è la guerra civile in Yemen
Le possibilità di pace sono molto basse. Dall'inizio del conflitto sono morte quasi 9mila persone
Più di 5mila civili, compresi 1.184 bambini, sono stati uccisi in Yemen a partire dal marzo 2015, quando è cominciata la guerra civile nel paese. Ad affermarlo è l’ultimo rapporto dell’Ufficio delle Nazioni Unite per i diritti umani (Ohchr), che alla presentazione di questi dati ha rinnovato i suoi appelli per una pacificazione del conflitto e per l’intervento in tal senso della comunità internazionale.
Le Nazioni Unite hanno incaricato quest’agenzia di monitorare il numero delle vittime civili nel paese della penisola araba dall’inizio dell’offensiva guidata dall’Arabia Saudita a sostegno del governo internazionalmente riconosciuto di Abdrabbuh Mansour Hadi contro l’alleanza dei ribelli houthi, sostenuti dall’Iran e guidati dall’ex presidente yemenita Ali Abdullah Saleh.
“Tra marzo 2015 e la fine di agosto 2017, almeno 5.144 civili sono stati uccisi e più di 8.749 persone sono rimaste ferite. Trai i morti 1.184 erano bambini, mentre sono stati almeno 1.592 i minori rimasti feriti nei bombardamenti della coalizione”, si legge nella dichiarazione rilasciata dall’Ohchr. “Gli attacchi della coalizione hanno continuato a essere la causa principale delle vittime civili, in particolare dei bambini”.
Da marzo 2015, almeno 3.233 civili sono stati uccisi dalle forze della coalizione araba guidata dall’Arabia Saudita. Il rapporto riferisce inoltre che sono oltre 18 milioni le persone bisognose di aiuto nel paese mediorientale e oltre 10 milioni quelle che devono essere assistite “urgentemente”.
L’epidemia di colera
Oltre 600mila sono stati i casi di colera registrati in Yemen, che hanno causato almeno 1.930 morti in tutto il paese. Quasi 15 milioni di yemeniti non hanno accesso ai servizi di base, come le infrastrutture idriche o l’assistenza sanitaria.
Sono infatti oltre 14 milioni gli yemeniti che vivono in zone dove non c’è acqua potabile. Oltre sette milioni di persone poi rischiano di morire a causa della fame.
L’Onu stima che in Yemen, ogni dieci minuti, muoia un bambino di meno di cinque anni per cause prevenibili. Oltre tre milioni di persone sono già fuggite dalle zone teatro dei combattimenti, lasciando le loro case e tutto ciò che possedevano.
Inoltre, solo la metà degli ospedali e delle strutture sanitarie del paese risultano pienamente in funzione. Due terzi della popolazione poi non ha accesso all’acqua potabile, mentre più di sette milioni di persone vivono in aree ad alto rischio di trasmissione del colera.
Al momento il paese mediorientale sta subendo tre tragedie contemporaneamente: la popolazione è assediata dai combattimenti; la crisi economica ha portato a un aumento vertiginoso del tasso di criminalità e il crollo delle infrastrutture sta causando un’epidemia devastante.
In totale, dall’inizio della guerra civile sono stati almeno 9mila gli yemeniti morti a causa degli scontri. Milioni di persone hanno invece dovuto lasciare le proprie case e affrontare la fame e l’epidemia di colera scatenata dalle condizioni fatiscenti delle infrastrutture fognarie del paese.
Una pace impossibile?
Le istituzioni internazionali e le organizzazioni umanitarie hanno chiesto alle parti una rapida e pacifica risoluzione del conflitto per permettere l’intervento a favore di una popolazione stremata da anni di guerra civile.
Il conflitto vede contrapposti il movimento dei ribelli sciiti Houthi, fedele all’ex presidente Ali Abdullah Saleh e la coalizione militare guidata dall’Arabia Saudita che sostiene Hadi. Il governo di Abdrabbuh Mansour Hadi è l’unico riconosciuto dalla comunità internazionale. Proprio l’intervento militare della coalizione araba ha favorito una grave carestia che ha a sua volta creato le condizioni per l’epidemia di colera.
L’Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Zeid Ra’ad al-Hussein, ha più volte chiesto alla comunità internazionale di aprire un’inchiesta sulle violazioni dei diritti umani in corso in Yemen, in particolare da parte dell’Arabia Saudita.
Tale richiesta è stata sempre avversata dal governo di Ryad, che ha bloccato ogni tentativo in tal senso all’interno del Consiglio Onu dei diritti umani, l’unico organismo delle Nazioni Unite autorizzato ad avviare indagini di questo tipo in ambito internazionale.
Il governo internazionalmente riconosciuto dello Yemen, appoggiato proprio dall’Arabia Saudita, ha affermato che i suoi dati e la sua relazione periodica in materia è sufficiente per documentare gli abusi compiuti dalle parte durante il conflitto.
L’Alto commissario al-Hussein ha più volte messo in dubbio la credibilità delle indagini governative, notando come l’amministrazione di Hadi “non è percepita come un attore imparziale”.
“Un’indagine internazionale potrebbe fare luce su quelle parti in conflitto che la comunità internazionale sta monitorando e prendere nota di chi compie violazioni dei diritti umani e abusi”, sostiene al-Hussein nella dichiarazione rilasciata dal suo ufficio.
“La reticenza della comunità internazionale nella richiesta di giustizia per le vittime del conflitto in Yemen è vergognosa e contribuisce in molti modi all’orrore”.