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30 euro al mese a ogni rifugiato: il piano dell’Ue per un milione di profughi in Turchia

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Mentre Erdogan minaccia di far ripartire i migranti alla volta dell'Europa, in Turchia inizia il più grande progetto di aiuti umanitari mai finanziato da Bruxelles

Proprio mentre Erdogan minaccia di interrompere i controlli e lasciar transitare i migranti verso la Grecia, in Turchia parte il più grande progetto di aiuto umanitario mai finanziato dall’Unione Europea.

Si chiama Emergency Social Safety Net, Rete di sicurezza sociale d’emergenza, ma gli operatori umanitari in Turchia lo chiamano con la sigla, Essn. È sulla bocca di tutti, attivisti, politici e siriani, ma ha attirato poca attenzione nei paesi del vecchio continente. Il programma d’intervento umanitario più grande che l’Unione europea abbia mai finanziato nella sua storia, con un costo di 348 milioni di euro, è ufficialmente iniziato.

Obiettivo: raggiungere un milione degli oltre tre milioni di rifugiati presenti in Turchia e trasferirgli un fisso mensile di 100 lire turche ciascuno. Un “reddito del migrante”, concepito originariamente per sostenere i rifugiati provenienti dalla Siria e del quale effettivamente beneficeranno principalmente i siriani, che equivale a circa 30 euro. Poco, pochissimo, ma per molti può essere un sostegno davvero significativo. “In particolare per le famiglie numerose, che possono arrivare a mettere insieme un gruzzolo di cinque o seicento lire turche al mese”, dice da Ankara Jane Lewis, responsabile del progetto per conto dell’Ue. 

A Istanbul, invece, si è già sparsa la voce fra i siriani: “Non mi è ancora chiaro come funzioni esattamente, a chi si debba inoltrare la richiesta per avere la carta prepagata con i soldi europei”, dice una ragazza la cui famiglia è rientrata a Kobane dopo la liberazione dal sedicente Stato islamico, ma il cui padre e fratello rimangono intrappolati ad Aleppo. “Ma sicuramente c’è interesse da parte di tutti”.

A ricevere i soldi saranno i migranti considerati più vulnerabili, vuoi per l’età, per la situazione familiare, per la malattia o la disabilità. Saranno esclusi quelli che vivono nei campi profughi – all’incirca il 10 per cento di quelli presenti nel paese – e quelli che non si sono registrati al momento dell’ingresso in Turchia. 

Il programma Essn rientra nel famoso pacchetto d’aiuti che l’Unione europea ha accordato alla Turchia lo scorso marzo per fronteggiare l’arrivo dei profughi dalla Siria. In cambio di una cortesia: non farli transitare verso l’Europa.

Insomma, un accordo simile a quello stretto fra Berlusconi e Gheddafi nel 2008, quando l’ex Colonnello assicurò un blocco totale dell’emigrazione dalle proprie coste verso l’Italia in cambio d’ingenti riparazioni per il periodo coloniale.

L’Unione europea si è impegnata a sostenere gli sforzi del governo turco con 3 miliardi di euro fra il 2016 e il 2017, ai quali se ne potrebbero aggiungere altrettanti nel momento in cui i primi venissero esauriti. I 348 milioni di euro investiti nell’Essn rappresentano una buona parte dei soldi sborsati finora da Bruxelles: il processo è lento, come non manca di far notare in modo polemico il presidente turco Recep Tayyip Erdogan. 

Le autorità turche, che sono anch’esse coinvolte nell’implementazione dell’Essn insieme al Programma alimentare mondiale (Wfp) e alla Croce rossa turca, hanno insistito affinché il reddito mensile ai siriani venisse mantenuto basso.

“Noi l’avremmo come minimo portato a 180 lire turche, ma il ministero della Famiglia turco ha posto questioni di coesione sociale”, spiega ancora la responsabile Ue del progetto nel suo ufficio di Ankara. “Il timore è che i sussidi ai siriani superino quelli che il governo dà ai turchi più indigenti, con il rischio di scatenare un conflitto fra poveri”.

Le tensioni sociali sono già forti in alcune zone del paese, come per esempio nella cittadina frontaliera di Kilis dove i rifugiati siriani sono più numerosi degli stessi turchi. Molti paesi europei però non apprezzano il coinvolgimento delle istituzioni turche nel processo d’implementazione degli aiuti, in particolare viste le recenti tendenze autoritarie del presidente Erdogan. 

Il programma da 348 milioni comincia proprio nella fase più travagliata dell’applicazione dell’accordo Ue-Turchia dal momento della firma nel marzo scorso.

La scorsa settimana il Parlamento europeo ha votato a favore della sospensione del processo d’ingresso della Turchia in Europa, dopo che dieci giorni prima Erdogan aveva lui stesso proposto un referendum per interromperlo.

Esasperato delle continue critiche da parte dell’Ue, Erdogan ha addirittura minacciato di sospendere la sorveglianza sulle coste permettendo ai profughi di tornare a raggiungere la Grecia via mare. Se davvero Erdogan intervenisse per bloccare i controlli, ciò comporterebbe in automatico il collasso del patto con l’Ue e quindi anche una fine prematura dell’Essn.

“Ma noi restiamo ottimisti e andiamo avanti”, assicura Lewis. “E non ci lasciamo influenzare dalla politica”.

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