Morta la figlia della bambina di 11 anni, costretta al cesareo dopo lo stupro
La neonata è morta a causa di gravi complicanze respiratorie l'8 marzo, nella Giornata Internazionale della Donna
La figlia della bambina di 11 anni stuprata dal compagno 65enne della nonna e poi costretta a subire un parto cesareo prematuro dopo essere rimasta incinta del suo violentatore è morta.
La bambina voleva abortire “Toglietemi quello che mi ha messo dentro quel vecchio”, diceva la bambina che per ben due volte avrebbe anche tentato il suicidio. Allo psicologo avrebbe rivelato: “Voglio che togliate quello che quell’uomo ha messo dentro di me”. Ma le sue richieste si sono rivelate inutili.
Le autorità sanitarie le avevano negato l’aborto appellandosi, tra le altre cose, al loro diritto all’obiezione di coscienza. Ma nonostante lo stupro, l’avevano costretta al cesareo.
La storia viene dalla provincia di Tucumàn, in Argentina, ma aveva fatto il giro del mondo.
In Argentina l’interruzione di gravidanza è ancora vietata, ma secondo una legge del 1921, l’aborto è comunque concesso nel momento in cui la vita della madre è in pericolo o in caso di violenza sessuale. E questo era il caso in cui l’aborto doveva essere concesso, dato lo stupro. Motivo per cui la scelta delle autorità sanitarie di negare l’aborto all’11enne, stuprata è risultata incomprensibile.
La bambina partorita dalla undicenne è nata a 25 settimane di gestazione e pesava solo 660 grammi. Era il 27 febbraio scorso. Poco più di dieci giorni dopo è arrivata la notizia della morte della neonata.
“Informiamo che, nonostante tutte le cure fornite, la bimba ha sofferto una grave complicazione respiratoria che non le ha lasciato scampo”, si legge nel comunicato ufficiale diffuso dai medici dell’ospedale Eva Peròn di Buenos Aires.
La bambina nata da uno stupro è morta proprio l’8 marzo, nella Giornata internazionale della Donna.
La drammatica storia è stata raccontata anche dal Guardian, su cui si legge che a chiedere con forza che la bambina di 11 anni abortisse sono state anche la madre e le attiviste per i diritti delle donne argentine.
A opporsi all’interruzione di gravidanza è stata non soltanto una politica cieca di fronte al diritto delle donne di decidere sul proprio corpo, ma anche della Chiesa, in un paese fortemente cattolico come l’Argentina.
Ogni anno nel paese 500mila donne, lasciandosi operare con ferri da maglia, tubi di gomma, rametti di prezzemolo o l’uso di medicine senza assistenza medica, rischiano la vita per un aborto clandestino.