10 canzoni per ricordare David Bowie
Abbiamo selezionato 10 tra i pezzi più rappresentativi del Duca Bianco, l'uomo che cadde sulla terra e che quattro anni fa è tornato fra le stelle
10 canzoni per ricordare David Bowie
L’8 gennaio 2016 aveva compiuto 69 anni, mentre in tutto il mondo usciva il suo ultimo, sorprendente album, Blackstar, segno di una vena creativa mai spenta nonostante il ritiro a vita privata da ormai più di dieci anni a questa parte.
Poi, tre giorni più tardi, la notizia improvvisa, sconvolgente: Bowie si è spento domenica 10 gennaio dopo una battaglia con il cancro durata diciotto mesi, come confermò anche suo figlio Duncan Jones, affermato regista.
La sua vita è stata una lunga, ininterrotta mutazione in mille forme diverse, dagli inizi come hippie con chitarra acustica agli eccessi androgini di Ziggy Stardust, dalle sperimentazioni futuristiche di Low e Heroes fino al raffinato pop da classifica di Let’s Dance.
Ogni nuovo album una nuova immagine, per ogni epoca un Bowie diverso, ma sempre interessato a superare i confini del suo passato, fino all’ultimo album uscito pochi giorni prima della morte.
Per ricordare e celebrare una carriera tanto eclettica e straordinaria, abbiamo selezionato dieci tra le canzoni epocali del Duca Bianco.
SPACE ODDITY (1969)
La storia senza lieto fine del Maggiore Tom e del suo viaggio nello spazio, scelta per fare da colonna sonora all’allunaggio della missione Apollo nel 1969, portò per la prima volta al successo il giovane Bowie, ancora semisconosciuto. Bowie incise anche una versione in italiano del pezzo, intitolata Ragazzo solo, ragazza sola, con testo scritto da Mogol, tornata di recente all’onore delle cronache grazie all’inserimento nella colonna sonora di Io e te di Bernardo Bertolucci.
Dall’album del 1971 Hunky Dory, una delle melodie più belle di Bowie e un manifesto per tutta la sua carriera, con il verso-simbolo “Il tempo potrà cambiarmi, ma io non posso inseguire il tempo” e la rivendicazione del cambiamento come motore della vita.
LIFE ON MARS? (1971)
Una ballata che a partire da un lieve accompagnamento pianistico diventa un’esplosione di suoni orchestrali, a punteggiare una melodia senza tempo. Bowie si chiede se “c’è vita su Marte”, e il suo prossimo cambio di direzione sarà proprio incentrato sul Pianeta Rosso, grazie all’invenzione del gruppo alieno Ziggy Stardust and the Spiders from Mars.
STARMAN (1972)
Quando il pubblico di giovani inglesi si ritrovò davanti al televisore per una puntata di Top of the Pops nel 1973, vide in molti casi per la prima volta una strana figura dall’acconciatura bizzarra, il volto pallido, una chitarra blu e vestiti che sembravano usciti da un altro pianeta. Era infatti un “uomo delle stelle”, battezzato Ziggy Stardust, quello che Bowie stava interpretando, e che per un paio d’anni fu il suo alter ego sul palco, in grado di rompere ogni barriera di genere e di aprire la strada al successo del glam rock.
REBEL REBEL (1974)
Uno dei più grandi successi di Bowie, dato alle stampe nel 1974 e ancora una volta all’insegna della confusione sessuale e della ribellione contro la morale imperante. La madre del protagonista del pezzo “non sa bene se il figlio sia un ragazzo o una ragazza”, ma Bowie ci tiene a dire che insieme “hanno un aspetto divino” nonostante gli sguardi sconcertati degli altri.
HEROES (1977)
Il Bowie del 1977 è un uomo diverso, che ha lasciato da parte i capelli tinti di rosso e si è ricostruito una vita a Berlino, all’epoca ancora divisa in due. Nella capitale tedesca Bowie produce tre album che saranno poi ricordati come la “trilogia berlinese”, e qui dà alla luce anche una delle sue canzoni più immortali, quella Heroes che, disse, fu ispirata dalla vista di due innamorati intravisti mentre si baciavano sotto l’ombra del Muro.
LET’S DANCE (1983)
Nel 1983 Bowie non è al massimo della popolarità, e i suoi ultimi dischi, spesso sperimentali, non hanno avuto il successo sperato in classifica. Tutto questo cambia quando la rockstar, apparentemente in declino, tira fuori un nuovo colpo di coda, con il pop raffinato e ballabile di Let’s Dance, e una nuova immagine da divo ormai maturo, ripulito e per tutti i palati, in grado di invadere per anni le frequenze di MTV con i suoi videoclip.
UNDER PRESSURE (1981)
Nel 1981, periodo in cui David Bowie risiede in Svizzera, una visita fortuita allo studio in cui stanno registrando i Queen porta alla registrazione del duetto più famoso del Duca Bianco, che intreccia la sua voce a quella di Freddie Mercury per una collaborazione entrata nella storia della musica. Bowie riprenderà il pezzo dal vivo allo stadio di Wembley nel 1992 durante il Freddie Mercury Tribute, in una memorabile versione in coppia con Annie Lennox.
WHERE ARE WE NOW? (2013)
La sua figura, dopo un malore che lo colpì durante il suo tour del 2004, ha assunto un carattere ancora più misterioso e impalpabile che in passato, vista la decisione dell’artista di ritirarsi a vita privata e, per dieci lunghi anni, di non pubblicare alcun inedito. Questa lunga pausa viene interrotta nel 2013 da un inaspettato nuovo album, The Next Day, che oltre alla sua voce lascia intravedere al mondo qualche nuova immagine di un Bowie invecchiato ma più carismatico e autorevole che mai. Questo pezzo malinconico e struggente vede l’autore ricordare i suoi anni berlinesi e sembra riportarlo alla sua forma migliore.
Un ultimo pezzo, tratto dalla colonna sonora dell’omonimo film di Julien Temple del 1986, che vede David Bowie impegnato con una delle melodie più belle e coinvolgenti della sua carriera. Nel video, girato come un noir d’epoca in bianco e nero, Bowie interpreta un investigatore privato, e dimostra il suo talento da attore, già ammirato in un film di fantascienza come L’uomo che cadde sulla Terra e in un adattamento teatrale di The Elephant Man.