Il 14% dei Paesi ricchi avrà il 53% delle dosi di vaccino: la bomba sociale che l’Europa finge di non vedere
I Paesi in via di sviluppo non hanno ancora fatto accordi con le case farmaceutiche: per loro sarà più difficile ottenere le dosi. Secondo le stime, solo il 18% degli esseri umani sarà vaccinato nel 2021. E intanto la pandemia allarga le disuguaglianze. Il Covid va trattato per ciò che è: un’emergenza globale. Ne va del benessere di tutti
La disuguaglianza de vaccino anti-Covid: il 14% dei Paesi ricchi avrà il 53% delle dosi
Ogni cittadino canadese ha a disposizione in media 5 dosi di vaccino contro il Covid. Su 10 cittadini kenyoti, invece, solo uno potrà vaccinarsi. Queste sono le crude proporzioni della pandemia, che evidenziano sempre di più il gap tra ricchi e poveri, sia sul piano individuale che fra gli Stati.
Se in Europa il nodo-vaccini è prevalentemente una questione di logistica e di tempi, in altri 67 Paesi la questione è ben più grave: non c’è alcuna certezza di iniziative finalizzate alla copertura sanitaria dei cittadini. Un rapporto di People’s Vaccine Alliance – rete che include le Ong Amnesty International, Oxfam, Global Justice Now e altri – afferma che le nazioni ricche hanno accumulato dosi sufficienti per vaccinare la loro popolazione tre volte, con picchi di cinque, come nel caso del Canada.
Lo sbilanciamento è fortissimo: il 14% della popolazione ricca detiene il 53% delle dosi di vaccino anti-Covid a disposizione del mercato sul breve termine. Questo significa che, senza un cambio di passo, secondo le stime, solo il 18% degli esseri umani sarà vaccinato nel 2021.
La salvezza, forse, dall’aiuto di Covax (e da Cuba)
“A nessuno dovrebbe essere impedito di ottenere un vaccino salvavita a causa del Paese in cui vive o della quantità di denaro che ha in tasca. Ma, a meno che qualcosa non cambi radicalmente, miliardi di persone in tutto il mondo non riceveranno un vaccino sicuro ed efficace per Covid-19 per gli anni a venire”, ha affermato Anna Marriott, responsabile delle politiche sanitarie di Oxfam nel cercare di spiegare la situazione.
Pfizer, Oxford, Moderna e altre case farmaceutiche stanno infatti facendo di tutto per aumentare l’offerta, ma la maggior parte dei cosiddetti Paesi in via di sviluppo non ha ancora firmato un accordo con queste aziende, di fatto restando esclusa dalla distribuzione per incapacità nel competere con le super potenze.
Nonostante il disperato appello di People’s Vaccine Alliance, che chiedeva una condivisione della proprietà intellettuale alle case farmaceutiche per favorire la diffusione del vaccino, le dosi per i Paesi poveri non sono all’orizzonte, almeno non nel breve termine.
La speranza è che la Covax Alliance – un’organizzazione che comprende diversi soggetti fra cui l’Oms, l’Unicef e la Melinda & Bill Gates Foundation – riesca a fornire quante più dosi e quanto più velocemente. Tuttavia, nella migliore delle ipotesi, a quanto sembra la fine dell’incubo non si vedrà a breve.
C’è poi un’altra speranza – di cui abbiamo già parlato su TPI – da Cuba: lo Stato socialista, che da 60 anni fa i conti un blocco economico e commerciale, sta sviluppando quattro vaccini contro il Covid-19 totalmente no-profit e pubblici.
Come tutti gli altri vaccini prodotti dal Paese nel passato, saranno venduti a un prezzo molto basso agli Stati che lo vorranno comprare, colmando parzialmente il divario di possibilità dato dalle logiche di mercato.
Non solo sanitario: il divario cresce anche tra le economie
“Il Coronavirus ha unito il mondo nella paura, ma nelle risposte agli effetti lo ha diviso ancora di più”, almeno secondo il direttore esecutivo di Oxfam, Gabriela Bucher.
Nel 2021 il divario fra individui ricchi e individui poveri è previsto in crescita e i cittadini dei Paesi poveri hanno già sperimentato sulla propria pelle difficoltà ben peggiori di chi è nato in uno Stato economicamente più sviluppato. Più di un terzo della popolazione mondiale – circa 2,7 miliardi di persone – non ha infatti ricevuto aiuti dal governo durante la pandemia, sempre secondo Oxfam, con differenze enormi tra Paesi ricchi e poveri.
Da un report dell’Onu emerge infatti che la pandemia di Coronavirus sta spingendo il numero di persone che necessitano di assistenza umanitaria a nuovi massimi, aumentando drasticamente le sacche della povertà estrema in un solo anno.
Nel 2021 una persona su 33 avrà bisogno di aiuti per soddisfare i bisogni di base come cibo, acqua e servizi igienico-sanitari, con un preoccupante aumento del 40% rispetto all’anno in corso. Ciò si traduce in 235 milioni di uomini e donne caduti in povertà assoluta in tutto il mondo con maggiori concentrazioni in Siria, Yemen, Afghanistan, Repubblica Democratica del Congo ed Etiopia.
Quella che si prospetta è una vera e propria bomba politica e sociale che rischia di destabilizzare le società di buona parte del pianeta. Chiudersi nella fortezza Europa, lo abbiamo visto, non serve a niente. Il Covid va trattato per ciò che è: un’emergenza globale. Ne va del benessere di tutti.
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