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Home » Economia

Tassa sulle merendine e sulle bibite: come funziona

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L'idea di una tassa sulle merendine e sulle bibite gassate è stata avanzata dal ministro dell'Istruzione Lorenzo Fioramonti con il premier Conte che si è detto possibilista. Ma in che cosa consiste? Ed è realmente utile non solo ai fini fiscali?

Tassa sulle merendine e sulle bibite: come funziona

Negli ultimi giorni si parla con sempre più insistenza dell’introduzione di una tassa sulle merendine e sulle bibite gassate: ma come funziona esattamente?

In attesa di capire se l’esecutivo Conte deciderà davvero di inserire la nuova tassa nel Def, il documento di economia e finanza, relativo al bilancio 2020, che il governo dovrà presentare entro il 27 settembre, si fanno numerose ipotesi su come potrebbe essere applicata l’imposta sulle merendine e sulle bibite, ma anche quanto potrebbe portare nelle casse dello Stato una eventuale tassa su questi prodotti e quali conseguenze potrebbero esserci per le aziende produttrici.

Come funziona la tassa sulle merendine e sulle bibite proposta dal ministro Fioramonti

A lanciare l’idea di una “sugar tax” è stato per primo il ministro dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti. Pochi giorni dopo aver assunto l’incarico, infatti, l’esponente del M5S, ha minacciato le dimissioni qualora non fossero stati destinati tre miliardi di euro per finanziare scuola, università e ricerca.

Tassa sulle merendine: cos’è: le principali informazioni 

Fioramonti ha anche lanciato l’idea su come reperire le risorse: tassando le bevande analcoliche, le merendine e i biglietti aerei delle compagnie più inquinanti. L’idea del ministro, dunque, è quella di trarre profitto da quei prodotti considerati dannosi in particolar modo per i bambini, come le bevande zuccherate e le merendine per l’appunto.

La proposta del ministro della Istruzione Lorenzo Fioramonti ha scaturito subito diverse polemiche. Se il presidente del Consiglio Giuseppe Conte alla festa di Fratelli d’Italia si è detto possibilista, il ministro degli Esteri nonché capo politico del M5S Luigi Di Maio ha frenato affermando che l’obiettivo del governo è quello di “abbassare le tasse, non di aumentarle”.

tassa sulle merendine
Il ministro dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti. Credit: ANSA/GIUSEPPE LAMI
Chi è favorevole e chi contrario alla tassa sulle merendine e sulle bibite gassate

Critiche le opposizioni, a partire dalla Lega con il leader Matteo Salvini che ha ironizzato sull’idea.

Ma si può definire praticabile la tassa proposta da Fioramonti? Tecnicamente sì, anche se i punti interrogativi superano le certezze.

Secondo gli esperti, infatti, introducendo nella prossima legge di bilancio la tassa, che altro non sarebbe che un sovrapprezzo dei prodotti in questione, il governo potrebbe riuscire a reperire circa 1,5 miliardi di euro, ma, al tempo stesso, l’imposta potrebbe ridurre i consumi.

Tassa sulle merendine: quanto potrebbe costare a famiglia

La tassa sulle merendine e sulle bevande gassate potrebbe essere controproducente per una serie di motivi. L’obiettivo, oltre a quello di “fare cassa”, sarebbe anche quello di cambiare gli stili di vita di coloro, specialmente tra i bambini, che fanno uso di prodotti dannosi per la salute, cercando, così, di promuovere una alimentazione più sana.

Tuttavia, l’imposta potrebbe provocare un crollo dei consumi e, con pensanti conseguenze sui posti di lavoro.

Secondo Assobibe, l’associazione che tutela e assiste le imprese che producono e vendono bevande analcoliche, la tassa sulle merendine e sulle bibite provocherebbe una contrazione dei consumi pari al 30 per cento, mettendo a rischio 10mila posti di lavoro e provocando minor gettito Iva, pari all’11 per cento, e minor gettito dalle tasse sul lavoro con un calcolo che si aggira intorno al – 15 per cento.

Il Codacons, invece, afferma che le risorse ricavate dall’eventuale tassa sulle bibite gassate ma anche aumentando i prezzi sui voli nazionali, sarebbero ben al di sotto del miliardo e mezzo preventivato.

Secondo l’associazione dei consumatori, inoltre, l’imposta costerebbe 58 euro in più all’anno a famiglia e, nonostante la minor quantità di zuccheri imposta attraverso la tassa, non risolverebbe nulla in termini di salute. Il Codacons, infatti, fa notare che nei paesi dove è stata introdotta una tassa simile, secondo uno studio, non vi è stato nessun effetto reale sugli stili di vita, mentre i consumi sono crollati del 10 per cento.

Nuova tassa su merendine e bibite gassate? Giusto, finalmente si torna a parlare di politica (di L. Telese)

Come funziona la tassa sulle merendine e sulle bibite in altri paesi?

Molti paesi hanno introdotto negli ultimi anni un’imposta sulle merendine e una tassa sulle bibite zuccherate, ma come funziona esattamente? Ecco alcuni esempi.

Nel Regno Unito, la cosiddetta sugar tax è in vigore dal 2018. In Gran Bretagna, infatti, è previsto un rincaro di circa 20 centesimi per le bibite che hanno tra i 5 e gli 8 grammi per 100 millilitri con il prezzo che sale a 27 centesimi se i livelli di zucchero della bibita gasata superano gli 8 grammi.

In Francia, invece, la misura è stata introdotta nel 2012 e prevede un’imposta di 4,5 centesimi per le bibite con il 4 per cento di zuccheri, che arriva a 23,5 centesimi nel caso in cui gli zuccheri raggiungano il 15 per cento.

Uno dei paesi dove gli effetti della tassa si è maggiormente sentita è senza dubbio l’Ungheria. Nel 2011, infatti, è stata introdotta un’imposta del 4 per cento su bibite e prodotti confezionati che hanno un elevato numero di zuccheri: la misura ha permesso al governo di incassare 219 milioni di euro in 4 anni, che sono stati in parte reinvestiti nella sanità.

Anche negli Stati Uniti sono state introdotte delle misure sui soft drinks, con effetti evidenti sulla salute pubblica lì dove le imposte sono state proposte.

Una tassa sulle bevande zuccherate è stata anche auspicata dalla Organizzazione mondiale della sanità in uno studio presentato nel 2017.

Se la tassa sui voli è da escludersi al momento, resta da capire se la tassa sulle merendine e sulle bibite può essere una strada percorribile, così come dichiarato anche dal premier Giuseppe Conte. D’altronde l’esecutivo deve riuscire a trovare 23 miliardi per evitare l’aumento dell’Iva e i 1,5 miliardi preventivati potrebbero far gola.

 

 

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