Stellantis taglia in Italia, ma assume ingegneri low cost in Marocco, India e Brasile
Mentre in Italia riduce il personale, fa ricorso alla cassa integrazione e minaccia di chiudere le fabbriche, all’estero Stellantis assume. Ma lo fa, rigorosamente, solo in Paesi in cui può risparmiare sul costo del lavoro.
Ieri l’agenzia di stampa statunitense Bloomberg ha rivelato un’indiscrezione – non smentita – secondo cui la casa automobilistica nata dalla fusione tra Fiat-Chrysler e Peugeot ha iniziato ad assumere la maggior parte dei suoi ingegneri in nazioni come il Marocco, l’India e il Brasile, dove le buste paga dei dipendenti sono inferiori mediamente di cinque o sei volte rispetto alla Francia o agli Stati Uniti (figurarsi rispetto all’Italia).
Anche altre aziende europee del settore automotive, come Volkswagen, stanno cercando di ridurre i costi per far fronte alla crisi del mercato e alla nuova sfida dell’elettrificazione, ma secondo Bloomberg – che cita alcune fonti anonime – Stellantis è tra i costruttori più aggressivi nella campagna di reclutamento in Paesi a basso costo, dai quali punta ad estrarre nel lungo termine circa due terzi dei suoi ingegneri.
Oltre ai risparmi, si prevede che le nuove assunzioni contribuiranno ad aggiungere competenze in settori quali il software, l’intelligenza artificiale e la chimica delle celle delle batterie.
Nei giorni scorsi l’azienda italo-franco-americana (con sede ad Amsterdam) ha reso noti i risultati del primo trimestre dell’anno: dopo un 2023 estremamente positivo – con tanto di ennesimo maxi-dividendo – i ricavi hanno fatto segnare tra gennaio e marzo un netto calo del 12%, mentre le consegne sono diminuite del 10%. “Continueremo a ottimizzare il costo del lavoro, un aspetto che è stato importante sia per i colletti bianchi che, in misura minore, per i colletti blu”, ha dichiarato la direttrice finanziaria Natalie Knight.
Le notizie sulla campagna di assunzioni in Asia, Africa e Sud America arriva a pochi giorni dalla comunicazione dell’allungamento della cassa integrazione nella carrozzeria di Mirafiori, dove la produzione della 500 elettrica e delle Maserati resterà ferma almeno fino a settembre.
Non solo. A marzo Stellantis ha raggiunto un accordo con i sindacati – ad eccezione della Fiom-Cgil – per circa 3.600 esuberi: lavoratori, che lasceranno l’azienda in cambio di una buonuscita, sparsi tra Mirafiori (1.560 uscite), Cassino (850), Melfi (500), Pomigliano (424), Modena (173), Termoli (121), Pratola Serra (100), Cento (30) e Verrone (12).
E negli ultimi due anni, tra il 2022 e il 2023, sono circa 7mila i dipendenti che hanno accettato l’incentivo a licenziarsi. La forza lavoro in Italia di Stellantis, così, risulta ridotta quasi di un quinto rispetto al 2021: da circa 50mila addetti a circa 40mila.
Intanto – dopo lo scontro sul nome del nuovo suv elettrico di Alfa Romeo – continua il braccio di ferro tra l’amministratore delegato Carlos Tavares, che insiste per strappare più incentivi all’acquisto di auto elettriche, e il Governo italiano, che dall’altra parte vuole che il costruttore torni a produrre nel nostro Paese un milione di veicoli all’anno (nel 2023, tra autovetture e veicoli commerciali, la produzione si è fermata a quota 751mila)
Negli scorsi mesi Tavares – che per il 2023 ha ottenuto una retribuzione di 36,5 milioni di euro – era arrivato a lanciare un avvertimento che puzzava di ricatto: “Se non si danno sussidi per l’acquisto di veicoli elettrici, si mettono a rischio gli impianti in Italia”.
Di fronte al rischio che Stellantis si disimpegni ulteriormente in Italia, il Governo sembra che stia trattando con case automobilistiche cinesi per convincerle a portare nel nostro Paese la produzione di vetture elettriche. Tra i costruttori con cui sarebbero in corso colloqui c’è il colosso Dongfeng, che ha recentemente aperto una filiale in Italia, tra i cui soci c’è Paolo Berlusconi, fratello dell’ex premier Silvio.