Il presidente dell’Arera a TPI: “Le misure contro il caro bollette non bastano, servono più risorse”
"La situazione è molto complicata e si prevedono un autunno e un inverno difficili, serve un tetto al prezzo del gas. Le norme approvate dal governo? Mitigano un po' i costi, ma non risolvono il problema": a TPI parla Stefano Besseghini, presidente dell'Arera, l'Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente
Sabato la Russia ha chiuso i rubinetti, riaperti giovedì. Cosa comporta questo in termini di costi per famiglie e imprese già in difficoltà?
Il gas che passa dall’Austria pare che fosse momentaneamente bloccato per questioni di garanzie monetarie verso il trasportatore ma non è più nelle mani di Gazprom. Ma comunque non cambia la sostanza: stiamo vivendo mesi ormai turbolenti. In questi mesi i prezzi del gas, che influenzano quelli dell’energia elettrica, hanno avuto picchi elevati e da giugno lo scenario si è ancora più aggravato. Tra riduzione dei flussi dalla Russia e siccità, i prezzi si sono impennati fino a raddoppiare rispetto agli ultimi mesi e dieci volte quelli degli ultimi cinque anni. E tutto si trasferisce inevitabilmente al sistema, con impatti sulle filiere industriali, sull’approvvigionamento e sulle bollette dei cittadini. In questi giorni a dire ci sono segnali positivi, ovvero il prezzo ad Amsterdam si è raffreddato.
L’Italia è coperta all’89% dalle forniture in arrivo da altri Stati, che basterebbero per questa stagione. La prossima che succederà?
Gli stoccaggi da settembre sono oltre il 90% e abbiamo diversificato le forniture approvvigionandoci da altri paesi tramite gasdotti, essendo l’Italia un paese con buone interconnessioni, e attraverso il gnl, gas liquefatto. La situazione però è molto complicata e si prevedono un autunno e un inverno difficili. Uno strumento in mano alle famiglie è il risparmio energetico; già da ora è sensato consumare meno, per spendere meno singolarmente ma anche per far scendere la domanda generale producendo un calo del prezzo e in qualche misura ridurre anche la dipendenza energetica. E poi c’è la transizione energetica verso le rinnovabili ormai in corso.
Le bollette sono già alle stelle, la situazione è destinata a peggiorare?
Per la luce, l’Autorità, per limitare ulteriormente gli aumenti dei prezzi su famiglie e imprese, ha deciso di posticipare eccezionalmente il necessario recupero della differenza tra i prezzi preventivati per lo scorso trimestre e i costi reali che si sono verificati, anch’essi caratterizzati da aumenti straordinariamente elevati. In questo modo e con il decreto aiuti bis si è evitato il raddoppio delle bollette elettriche del mercato tutelato con un +59%. I prezzi all’ingrosso del gas, giunti a livelli abnormi negli ultimi mesi a causa del perdurare della guerra in Ucraina, dei timori sulla sicurezza dei gasdotti e delle tensioni finanziarie, avrebbero portato ad un incremento del 100% circa, nonostante l’intervento del Governo con il decreto Aiuti che proroga misure già usate, come il bonus alle famiglie più povere. Per il gas, da inizio ottobre è partito un nuovo meccanismo ancorato al mercato italiano del PSV basato sull’andamento della media dei prezzi del mese e non più sul TTF di Amsterdam basato sull’aspettativa dei prezzi futuri. In tutto questo, lo sottolineiamo, esiste una vasta categoria di consumatori non destinataria di aiuti diretti su cui gli aumenti delle bollette impattano molto. Pertanto, il nuovo Governo dovrà valutare come intervenire, sperando che la Ue venga in aiuto.
Cosa potrebbe fare il governo entrante per aiutare imprese e famiglie?
Spingere con decisione sulla riduzione dei consumi per ridurre la centralità del gas, sostenere la proposta europea di un tetto al prezzo del gas o un altro meccanismo che permetta di avere un maggiore controllo sui prezzi al TTF. Inoltre, potrebbe sospendere temporaneamente il mercato degli Ets, i titoli legati all’emissione di CO2, con effetto in particolare sul mercato dell’energia elettrica. Qualsiasi intervento, europeo o nazionale, deve però tenere conto che il sistema energetico è estremamente complesso. Tutela dei consumatori e tenuta degli operatori di mercato sono due variabili da coniugare sempre, in un delicato equilibrio.
Ricordiamo infatti che i prezzi molto elevati e la loro variabilità nel tempo hanno determinato per le aziende del settore un impegno di credito molto superiore al livello storico, che possono determinare criticità soprattutto in caso i prezzi si mantengano a valori molto elevati nel prossimo periodo invernale in cui aumenteranno i quantitativi forniti ai consumatori. Anche per questo l’Autorità accanto al recente intervento sul servizio di default trasporto, monitorerà il sistema per identificare la necessità di ulteriori interventi sulla filiera e finalizzati a rafforzare i servizi di ultima istanza già attivi a supporto dei clienti che dovessero rimanere senza fornitore. Infine, c’è un provvedimento da rendere stabile in futuro, quando sarà finita l’emergenza; vale a dire trasferire gli oneri di sistema, almeno le parti con finalità sociale, sulla fiscalità generale che è progressiva.
Noi di The Post Internazionale abbiamo lanciato una petizione, che ha superato le 90mila, in cui chiediamo che il Governo paghi il 50% degli aumenti su luce e gas. Secondo la Cgia di Mestre, un intervento di questa portata costerebbe circa 35 miliardi di euro entro la fine dell’anno. Crede sia sostenibile?
Si tratterebbe di “altri” 35 miliardi di euro. Perché è bene ricordare che da quando è iniziata l’ascesa dei prezzi, il governo ha già stanziato oltre 60 miliardi di euro in strumenti a sostegno della generalità dei consumatori e con interventi mirati dell’industria energivora e delle famiglie vulnerabili. Il Decreto Aiuti bis proroga misure già usate, come il bonus alle famiglie più povere, per 3 milioni di famiglie. Inoltre, nel decreto viene prorogato il credito d’imposta per le imprese e il taglio degli oneri di sistema. Queste norme già mitigano un po’ i costi ma non risolvono il problema, per farlo servirebbero effettivamente risorse molto più ingenti.
Ci sono aziende che con il caro bollette si stanno arricchendo a dismisura. Il Governo Draghi ha introdotto una tassa del 25% sugli extraprofitti di queste aziende, ma la norma è stata scritta male e molte compagnie si stanno rifiutando di pagare: degli 11 miliardi di euro attesi entro fine anno, per ora lo Stato incassato solo 2 miliardi. Come si fa a “controllare” ciò che fanno i colossi dell’energia in termini di speculazione?
Sia noi sia il governo, ciascuno per la propria competenza, stiamo già controllando l’operato delle compagnie, ma bisogna distinguere le varie misure introdotte, soprattutto coordinarle con quello che saranno presenti nel Regolamento della Commissione Ue, che individua a tal proposito due misure: l’introduzione di un contributo di solidarietà a carico dell’industria fossile e il recupero degli extraprofitti dalle tecnologie infra-marginali, ossia tutte quelle fonti che non sono gas, dalle rinnovabili al nucleare.
Nel primo caso, il contributo richiesto dovrebbe essere calcolato rispetto alla media degli utili pre-tasse degli ultimi 3 anni confrontandolo con quello del 2022. Se gli utili del 2022 sono cresciuti più del 20% le imprese devono versare questo contributo di solidarietà che, stando all’attuale proposta, sarà pari ad almeno il 33% degli extra profitti. La Ue stima che i proventi arrivino a circa 25 miliardi di euro da destinare al finanziamento di misure a sostegno dei clienti finali e in particolare quelli vulnerabili.
Per quanto riguarda le tecnologie infra-marginali, invece, viene fissato un tetto ai ricavi di questi impianti a 180 EUR/MWh. Gli impianti interessati continuerebbero a vendere l’energia elettrica a prezzi di mercato ma dovrebbero restituire allo stato la differenza tra i ricavi così conseguiti e quelli che possono trattenere effettivamente per via del tetto. I proventi, la stima in questo caso è di 117 miliardi di euro, dovranno essere destinati a finanziare misure a supporto dei clienti e a mitigare gli impatti degli alti prezzi dell’elettricità. Tali misure portano al disaccoppiamento tra i prezzi di mercato, dipendenti dal prezzo del gas naturale, e i ricavi della produzione da fonti diverse dal gas naturale, ad esempio rinnovabili e nucleare.