Quanti miliardi ci fanno pagare Di Maio e Salvini con lo spread a 280
SPREAD QUANTO CI COSTA – Quanto ci costa lo spread vicino ai 300 punti base? Quanti miliardi di euro in più ci fanno pagare gli esponenti del governo con dichiarazioni che fanno alzare il rendimento dei titoli di Stato?
Gli interrogativi si ripetono più o meno regolarmente da quando, circa un anno fa, è iniziata l’esperienza di governo di Movimento 5 Stelle e Lega, due formazioni guidate da esponenti che non sempre hanno dimostrato di considerare la tenuta dei conti pubblici come un obiettivo primario dell’esecutivo giallo-verde.
Quanto costa lo spread
Lo spread è il differenziale tra rendimento dei titoli di Stato italiani ed omologhi tedeschi, una misura della fiducia dei mercati nella capacità dei politici di mantenere in equilibrio il bilancio dello Stato e di ridurre l’enorme debito pubblico. (Qui maggiori informazioni al riguardo).
Se Luigi Di Maio e Matteo Salvini dicono che lo stato più finanziare nuove spese con ulteriore debito, o comunque sforando i vincoli di rapporto deficit/pil prefissati, gli investitori di mezzo mondo chiedono un tasso di interesse maggiore, un rendimento più alto, per acquistare buoni del Tesoro italiani, che a sua volta si traduce in un costo maggiore per lo Stato.
Dal 2018 il livello dello spread è raddoppiato, e nuovi rialzi continuano a verificarsi e a tenere in allerta per l’esposizione del Paese alla volatilità del mercato finanziario. Il differenziale tra i Btp decennali italiani e i Bund tedeschi era di 150 punti il 16 maggio di un anno fa: 365 giorni dopo si muove oltre quota 280, spinto anche dalle dichiarazioni dei vertici del governo.
“Sforare il vincolo Ue deficit/pil del 3%? Non si può, ma si deve”, ha detto pochi giorni fa Salvini innescando l’ultima impennata.
Una stima esatta del costo di uno spread più alto non esiste. Ma è possibile avere delle indicazioni chiare su cosa l’aumento può generare in termini finanziari per le casse dello Stato. Con le aste dei titoli di Stato l’Italia deve finanziare circa 2.400 miliardi di debito pubblico, che viene distribuito su diverse tipologie di titoli, con una durata media di 7 anni.
Ciò significa che ogni anno lo Stato deve emettere e vendere sul mercato grossomodo tra i 300 e i 350 miliardi di nuovi titoli per sostituire quelli a scadenza. E i 300 o 350 miliardi di euro di nuovi titoli di Stato avranno un costo annuo di alcuni miliardi di euro in più se si guarda agli interessi da pagare ai creditori.
In altre parole, se in un anno lo spread è salito di quasi 150 punti vuol dire che lo Stato ha venduto titoli di Stato ai sottoscrittori, banche e sim, società di intermediazione mobiliare, promettendo di restituire il denaro con un tasso di interesse maggiorato, sui decennali, di un altro 1,50%. Se ipotizziamo un costo pari all0 o,5% in più per tutti i titoli emessi in un anno si arriverebbe ad un costo complessivo di oltre 15 miliardi di euro.
Quanto costa lo spread | Stime
Alcune previsioni sul costo della corsa al rialzo dello spread, che era in media a 130-150 punti di media ad aprile e maggio 2018, sono state realizzate anche dai massimi esperti. Lo scorso anno l’Osservatorio sui conti pubblici di Carlo Cottarelli, ex commissario alla spending review, ha stimato che, con uno spread in rialzo e stabile a quota 250, il costo per maggiori interessi nel periodo 2018-2021 potrebbe essere di 20 miliardi. Se ovviamente il differenziale si avvicinasse ai 300 punti, e restasse stabile su quel livello, si avvicinerebbe lo spettro dei 30 miliardi di costo nel lungo periodo.
Già a metà giugno 2018 l’Istituto di Cottarelli, partendo dalle aste di fine maggio aveva stimato un costo aggiuntivo di 785 milioni per il 2018 e di 3,7 miliardi per il 2019. Complessivamente poi, prendendo a riferimento il periodo tra maggio e agosto, l’aggravio per il bilancio pubblico era stato stimato in circa 900 milioni per il 2018 e oltre 5 miliardi per il 2019, per un totale di circa 6 miliardi. Il trend non sembra essersi invertito.
Quanto costa lo spread | Rischi
Ma a pesare non sono solo gli interessi sul debito pubblico. Non vanno ignorati nemmeno i costi indiretti dello spread, gli effetti sulle attività produttive. Oggi ha manifestato preoccupazione per l’andamento del differenziale Btp/Bund anche il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco.
L’effetto dell’aumento dello spread sul costo dei prestiti bancari a famiglie e imprese – ha dichiarato – “è stato finora limitato”, “ma – ha evidenziato – segnali di tensione stanno iniziando ad emergere”.
“Secondo le nostre indagini, le condizioni di credito si sono irrigidite, specialmente per le piccole imprese, in seguito all’aumento dei costi di raccolta bancaria e al peggioramento delle previsioni economiche”. “Nel lungo periodo – ha aggiunto Visco – colpirà l’economia reale”. Un avvertimento da non sottovalutare.