Sapelli a TPI: “Sul Mes l’Europa mente, è una torta che non va mangiata. L’Italia rischia di diventare un bersaglio”
L'economista: "L'Ue oggi non è uno Stato di diritto. Il Mes nasconde troppe insidie: se saremo i primi a usarlo finiremo nel mirino della speculazione, ma molti economisti non lo hanno ancora capito. Un'alternativa c'è: un maxi-prestito da 300 miliardi finanziato dagli italiani e a lunghissima scadenza"
Professor Sapelli, proviamo a spiegare questo dibattito sul Mes in termini che capirebbe anche un bambino?
Volentieri. Anche perché chi non sa nulla tende a sbagliare molto. E nell’ignoranza il rischio è che prevalgano credenze e malintesi, esorcismi e magie.
Lei come la vede?
Vedo molte persone che sanno molto che restano in silenzio. E molte persone che non sanno nulla che si sbracciano molto. Uno spettacolo divertente, se non fosse una tragedia.
Spieghiamolo.
Se dobbiamo spiegarlo ad un bambino partiamo da una torta.
Una torta?
Sì. Una maestra che a scuola ha una fama un po’ dubbia, di cui gli scolari non hanno mai capito se fidarsi o meno, un bel giorno si presenta in classe con un sorriso smagliante e dice che ha preparato una bella torta.
E poi che succede?
Taglia questa torta a fette e dice agli scolari: “Chi la vuole mangi pure”.
Interessante.
Accade però che nessuno scolaro, tra gli amici del bambino che sta a cuore a noi allunghi la mano.
Nessuno?
Solo uno, il più povero della classe, dice che ne prenderà un pezzo. Degli altri nessuno si muove.
Detto in questi termini sembra un racconto di Stephen King. È evidente che lei vuole suggerire che la torta non vada degustata.
Amico mio, io non sono come questi professori veri o presunti – che non scrivono libri ma che pubblicano paperssss – che stanno gridando al bambino: “Mangia! Mangia! Mangia!”.
E perché? Quella torta è forse un inganno?
Per carità. Dire inganno significa presupporre un retroscena cospirativo, e io per natura diffido di chiunque usi argomentazioni complottistiche e cospirative.
E allora perché?
Non c’è bisogno di immaginare che ci siano retroscena avvelenati. Basta stare a quello che c’è sulla scena, per capire che quella torta non è buona.
La maestra, e tanti genitori, ci dicono: “Si può prendere una fetta, perché non c’è più condizionalità”.
Mente!
Non crede alle parole della maestra, cioè delle principali autorità europee che ci hanno rassicurato sul Mes.
Sì, mentono tutti, è questo il punto. Non c’è più la condizionalità immediata perché c’è a monte. E i trattati, cioè le regole per distribuire le torte in questa famiglia, non sono cambiati.
Dobbiamo pensare dunque che ci sia un inganno, e anche grave, professor Sapelli?
Ecco il tema, invece: non c’è nessun inganno, perché le regole sulle torte, in questa famiglia un po’ particolare, non sono mai esistite.
Ma mi ha detto lei che esistono dei trattati su come si distribuiscono le torte!
È vero. Ma il punto è proprio questo: non si capisce questa storia delle torte, se prima non si parte dall’idea che in questa classe, con tanti alunni diversi, ci sono alunni rissosi e affamati.
E quindi cosa dice delle regole?
Che le regole sono più complesse di quelle scritte o dichiarate.
Perché?
Perché dipendono dai rapporti di forza tra i bambini della classe. E quindi c’è qualcosa di molto importante da capire in più….
Giulio Sapelli: professore, economista, saggista. Due anni fa sfiorò addirittura la poltrona di premier, a Palazzo Chigi. È rimasto il libero e arguto pensatore di sempre, uno che può permettersi di dire quello che pensa senza condizionamenti. In questa intervista sulla crisi del dopo-Covid tiene una doppia posizione sorprendente, molto diversa da quelle che siamo abituati a sentire in queste ore: da un lato ferocemente contraria ai no euro, dunque, ma dall’altra nettamente contraria a chi ci invita ad accettare il Mes.
Professore, lei ci stava spiegando che la storia della torta ci insegna qualcosa di più importante. Cosa?
Che l’Europa, oggi, non è uno stato di diritto.
No?
Assolutamente no. Non è una istituzione governata da ordinamenti giuridici.
Non la immaginavo così critico.
E infatti non è una critica. È una constatazione. Siamo governati da una costruzione giuridica che non è retta da regole chiare, ma da ordinamenti di fatto.
E poi?
Questi ordinamenti sono la sovrastruttura di una governance complessa, che si regge su poteri di veto informali e non.
E poi?
In quella classe noi non abbiamo amici di cui fidarci ciecamente. E infine c’è un rischio serio. Soprattutto se si mangia la torta.
Quale?
Il rischio di finire come la Grecia.
Lei sa che le hanno ricordato che questo Mes è nato dopo la crisi greca.
Professori non nominati per concorso – e molto bravi nell’arte di pubblicare “paperssss” – mi rispondono con questa argomentazione scolastica da prima elementare.
E non vuole rispondere?
La metonimia indica una parte per il tutto. E in questo caso la Grecia, oltre che un rischio, è una metonimia.
La sento molto agguerrita contro i “papersss”.
Il declino non è mai solo economico. O politico. È sempre declino culturale e intellettuale.
Ma lei stima Roberto Gualtieri? E sa che il ministro dice: “È come andare in banca a chiedere un mutuo a tasso agevolato, e poi scegliere la proposta con il tasso più alto”?
Gualtieri è un abile propagandista formato ad una vecchia e solida scuola, quella del Pci, che è anche la mia.
E quindi gli crede? Perché lui sostiene che di fronte alla possibilità di risparmiare 500 milioni di euro all’anno non si dovrebbe resistere.
Vede? Tutti parlano di quanto sia buona questa torta, ma nessuno dice che – se la mangiamo – corriamo un rischio fenomenale.
Provi a spiegarlo lei, questo rischio.
La prima conseguenza sarà l’aumento vertiginoso dello spread e l’entrata in sofferenza delle banche e degli istituti di credito italiani.
Perché?
Perché noi siamo un paese sostenibile. Abbastanza sostenibile. Ma appena risultasse che siamo gli unici bambini – a parte quelli poveri – a mangiare la torta, regaleremmo al mondo la certificazione della nostra povertà.
E basterebbe questo a cambiare la nostra percezione?
Oh sì. Io sono convinto che diventeremmo immediatamente un bersaglio. Se sei così povero che ti devi mangiare la torta dei poveri, vieni declassato, e aggredito sul mercato.
E se quella torta la prendessero anche altri bambini?
Se la prendesse Francia, proprio per quello che ho detto, cambierebbe la percezione. Ma non mi pare che Macron stia valutando questa ipotesi. C’è poi un altro punto.
Quale?
Il dottor Cottarelli, che scrive dei Papersss, ma è bravissimo a fare di conto, ha fatto dei calcoli da cui risulta che non prenderemo poi così tanti soldi.
Tuttavia Cottarelli è favorevole al Mes.
Stiamo alla sostanza, cerchiamo di capire cos’è davvero quella torta: ci danno quattro soldi, ci costringono a disporli sul debito. Grazie ai disastri prodotti da vent’anni di ordoliberismo noi siamo il paese più fragile d’Europa sul debito.
E siamo costretti a finanziarci collocando titoli sul mercato.
Ecco, io leggo che Dombrovskis, non l’ultimo dei bidelli, ha detto che ritorneremo al Patto di stabilità. Che la sospensione del trattato è solo temporanea. Metta in ordine questi elementi, e capirà il rischio che corriamo.
Ed esiste una alternativa?
Io credo di sì. Esiste, ad esempio facendo ricorso alla proposta fatta dal più grande banchiere di cui l’Italia dispone, che si chiama Giovanni Bazoli. Una proposta ambiziosa.
Come la spiegherebbe ad un bambino?
Semplice: sarebbe il più grande prestito della storia italiana.
Nessuna patrimoniale.
Per carità di Dio. Bazoli ha detto che pensa a un grande prestito, non forzoso, finanziato dagli italiani e garantito dai beni dello Stato. E aggiunge: “Non bastano 100 miliardi, ne servono 300, soldi da destinare alle riforme produttive”.
Condivide?
Assolutamente sì.
E non dovrebbe essere obbligatorio da sottoscrivere per gli italiani.
Assolutamente no. Io lo immagino simile a quello per la resistenza del 1945 e quello della ricostruzione del 1948. Un prestito a 50, 100 anni, quasi irredimibile.
E lei inviterebbe gli italiani a sottoscriverlo?
Siccome ormai sono anziano, lo farei citando il celebre discorso che Togliatti pronunciò a Reggio Emilia, quando disse agli operai comunisti: “Comprate i titoli del prestito perché è così salverete le vostre fabbriche, e quindi il vostro lavoro”.
E poi cos’altro?
Cerchiamo di diminuire il debito pubblico facendo investimenti in stock di capitale fisso, che producono occupazione.
Del tipo?
Rafforzare la nostra industria, ad esempio le macchine utensili, le eccellenze della manifattura industriale italiana, che sono tante e le più disperate.
E se invece il bambino prendesse la torta, perché il governo su questo decide a favore del Mes?
Se lo prendiamo, dobbiamo diminuire comunque il debito pubblico. Senza licenziare le persone, e senza tagliare le pensioni – come già sento dire da qualche imbecille -. Altrimenti diminuiscono i consumi.
Si può diminuire il debito?
Io penso proprio di sì. Se continueremo ad avere dei ministri con maggiore capacità di contrattazione, rispetto alla comunicazione. Ma sia chiaro che dovremo comunque negoziare, su ogni cosa. E qui serve un requisito indispensabile.
Quale?
Un paese che negozia non urla, non sostiene più la necessità dell’uscita dall’Euro perché questo è una follia.
Lo dice proprio lei, che è così critico con la maestra, e così scettico sulla torta?
Non un atteggiamento ideologico. Io sono un pragmatico. E da pragmatico so che,
se noi ci presentiamo al tavolo con l’Europa con leader politici che immaginano questo piano B, noi siamo morti.
Cos’altro può aiutarci?
Ehhhhh… C’è un effetto non previsto ma possibile.
Di che tipo?
Quello che gli Stati Uniti, magari aiutati dal fatto di ritrovarsi con un presidente che non immagina la sua politica estera su Twitter, si accorgono che l’Italia non può essere nella zona di influenza dell’Isis.
Adesso non esageri. Non siamo nella zona di influenza dell’Isis.
Non sia miope. Rischiano di finirci molto rapidamente quando, tra poco, scoppierà la guerra in Libia.
Lo dà per certo?
In quel caso gli americani capiranno che il Mediterraneo deve diventare un lago Atlantico. La Sicilia, se scoppia questa nuova guerra in Libia, che sta per scoppiare, diventa di nuovo l’avamposto contro il califfato. E allora, altro che torta.
Però così sembra che dobbiamo augurarci la catastrofe.
La pace kantiana a cui aspiro anche io, è altra cosa rispetto ai rapporti di forza.
E cosa accadrebbe, nell’immediato?
Che gli americani, invece di twittare alla Trump, manderebbero un paio di portaerei nel Mediterraneo. Ci farebbero fare una passeggiata a Macron, magari suonando gli inni, cosa a cui lui tiene. E si ricostruirebbe un minimo di equilibrio.
Si è dimenticato di dire con chi dovremmo stare.
Primo: non con quelli con cui stiamo oggi. Secondo: sempre al fianco degli americani, sia che perdano sia che vincano.
Quindi con Haftar e non con Serraj?
Ma ovvio. Non dimentichi che Gheddafi, Haftar, lo aveva mandato in Ciad, e che gli americani lo mandarono a prendere l’elicottero e se lo portarono dritti a Langley, negli uffici della Cia.
Beh, si rende conto che se fosse così si tratterebbe di cambiare cavallo.
Noi da dieci anni stiamo scommettendo sul cavallo sbagliato.
Sarebbe un bel cambio di fronte.
Nulla rispetto a quello che abbiamo fatto negli ultimi duecento anni. Altrimenti ci arruoliamo tra quelli che credono all’Onu. Ma non dimentichi mai che l’Onu ha a capo della commissione diritti umani un saudita.
E questo le pare decisivo per giudicare l’Onu?
Beh, direi che mettere a capo della commissione diritti umani il rappresentante di un paese dove si squartano le persone è un ottimo biglietto da visita.
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