Nei Paesi Ue col salario minimo gli stipendi aumentano fino al 20%. E in Italia? Sono fermi
Negli ultimi dodici mesi, nei Paesi europei che adottano il salario minimo legale le retribuzioni nominali hanno registrato aumenti anche a due cifre, in alcuni casi arrivando addirittura a quadruplicare il tasso di inflazione. Lo rileva l’agenzia dell’Unione europea Eurofound in un rapporto pubblicato nei giorni scorsi.
Tra gennaio 2023 e gennaio 2024 in Polonia gli stipendi nominali sono aumentati del 21,5% a fronte di un’inflazione del 6,2%. In Croazia e Bulgaria i salari hanno segnato rispettivamente +20% e +19,6% con l’inflazione a +5,4% e +5%.
Ai primi posti nella classifica degli aumenti ci sono i Paesi dell’Est Europa. Al settimo posto si trova l’Irlanda, con un incremento del 12,4% (inflazione al 3,2%). In Grecia i salari nominali sono cresciuti del 9,4% (inflazione a 3,7%).
E ancora: in Portogallo stipendi a +7,9% a fronte di un’inflazione dell’1,9%, nei Paesi Bassi a +6,9% con un’inflazione dell’1%. Più moderati gli aumenti registrati in Spagna (+5%), Germania (+3,4%) e Francia (+3,4%).
In alcuni di questi Paesi si è optato per collegare l’aggiornamento del salario minimo a una determinata percentuale del salario medio o mediano effettivo. In altri gli incrementi sono stati invece determinati da provvedimenti del legislatore.
E in Italia? Da noi il salario minimo legale non c’è. E i risultati, purtroppo, si vedono: gli stipendi continuano a essere fermi al palo. Nel 2023 l’Istat ha rilevato invece, l’indice delle retribuzioni orarie è cresciuto appena del 3,1%.
Riferendosi all’anno, 2022, gli analisti di Eurofiund osservano: “In Italia l’elevato tasso di inflazione non si è riflesso nei risultati della contrattazione collettiva: con un tasso di inflazione dell’8,7%, i salari sono cresciuti solo del 2%”.
Ma il nostro governo resta fermamente contrario al salario minimo legale. La premier Giorgia Meloni, appena arrivata a Palazzo Chigi, lo aveva addirittura definito “uno specchietto per le allodole”.
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