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Il “miracolo” della sanatoria migranti di Bellanova. Risultato? Mancano i lavoratori nei campi

Immagine di copertina
Credit: ansa foto

Sos raccolti nei campi italiani dove senza decreto flussi e proroga dei permessi di soggiorno rischiano di scomparire quasi 50mila lavoratori in una fase delicata della stagione a causa delle limitazioni all’arrivo di manodopera straniera ma anche delle difficoltà burocratiche che impediscono l’utilizzo di quella italiana. Questo è quanto emerge dal report di Coldiretti su “Il lavoro e le frontiere nell’era del Covid” diffuso in occasione dell’atterraggio all’aeroporto di Pescara della prima task force di cittadini marocchini per lavorare nei campi in Abruzzo, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e Valle d’Aosta.

“Un problema grave in una situazione in cui a livello regionale viene ottenuto da mani straniere più di ¼ del Made in Italy a tavola, con oltre 38mila lavoratori stranieri che forniscono il 22,4% del totale delle giornate di lavoro necessarie al settore in Puglia”, afferma il presidente di Coldiretti Puglia, Savino Muraglia.

Ma che fine ha fatto l’esercito di persone che avrebbero dovuto godere della famosa “sanatoria Bellanova” e finalmente essere regolarizzato dai datori di lavoro per emergere dal mercato nero? Dopo un anno, alla fine le domande presentate sono state 207.000. Di queste soltanto una piccola minoranza riguardava il settore agricolo. Più dell’80% delle richieste di sanatoria sono arrivate da altri ambiti, in primis da quello riguardante i lavori come colf e badanti. In poche parole, i campi non sono tornati a riempirsi di braccianti, né tanto meno si è potuta intraprendere una decisa azione contro il caporalato.

Poco meno di un anno fa, nel pieno dell’emergenza sanitaria dovuta al Covid-19, il Governo ha approvato il decreto legge n. 34/2020, meglio noto come decreto rilancio. Tra le numerose previsioni contenute nel decreto, l’art. 103 ha introdotto una finestra temporale, dal 1° giugno al 15 luglio 2020 – successivamente prorogata fino al 15 agosto 2020 – per la regolarizzazione/emersione dei cittadini stranieri senza permesso di soggiorno, che si trovavano già in Italia all’8 marzo 2020. La norma prevedeva due canali di emersione.

Il primo poteva essere attivato dal datore di lavoro italiano (o straniero titolare del permesso UE per soggiornanti di lungo periodo), in presenza di un rapporto di lavoro irregolare o di una proposta di assunzione, limitatamente ai settori agricolo, domestico e dell’assistenza alla persona (art. 103, comma 1).

Il secondo canale, invece, poteva essere attivato direttamente dal cittadino straniero con permesso di soggiorno scaduto dal 31 ottobre 2019, il quale aveva precedentemente svolto attività lavorativa, sempre nel settore agricolo, domestico o dell’assistenza alla persona (art. 103, comma 2). La regolarizzazione 2020 è apparsa fin dall’inizio come il risultato di un difficile compromesso politico. A causa dei requisiti stringenti previsti dalla norma, sono tantissime le persone che non hanno avuto accesso alle procedure di emersione.

L’associazione Ero Straniero ha chiesto e ottenuto di rivedere gli ultimi dati aggiornati dal Viminale. È stato accertato che al 31 dicembre 2020 soltanto 1.480 migranti hanno avuto riconosciuta la regolarizzazione della propria posizione, si tratta dello 0.71% del totale tra chi ha fatto domanda.

Al 16 febbraio 2021 invece, solo il 5% delle domande risultava essere arrivato nella fase finale della procedura. Sempre con riferimento alla stessa data, il 6% delle pratiche è nella fase precedente della convocazione di datore di lavoro e lavoratore per la firma del contratto in prefettura e il successivo rilascio del permesso di soggiorno. La stragrande maggioranza di chi ha fatto domanda non ha avuto attualmente la propria pratica esitata positivamente.

Come spiega Meltipot.org, le motivazioni del fallimento non vanno ricercate solo nella lentezza e inadeguatezza della burocrazia italiana, ma soprattutto nel mancato ascolto dei diretti interessati dalla regolarizzazione, ossia quelle 600mila persone senza documenti che vorrebbero sanare la loro situazione di irregolarità prodotta dalla legislazione italiana.

Inascoltati sono stati poi gli appelli che provenivano da un vasto numero di associazioni e realtà sociali, come quelli della campagna “Siamo qui – Sanatoria subito”, che chiedevano una “sanatoria generalizzata per tutti/e coloro che si trovano in condizione di irregolarità o di precarietà giuridica”, con il rilascio immediato “di un permesso di soggiorno di almeno un anno, rinnovabile e convertibile in altro titolo di soggiorno che veda come unico requisito la presenza in Italia”.

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