Voglia di (ri)partire: ecco come si sta rialzando il settore del turismo
Uno sguardo al settore del turismo e dell’ospitalità, fra camerieri diventati operai, normative vetuste e mentalità da svecchiare
I contagi diminuiscono, le vaccinazioni aumentano e piano piano si cerca di tornare a una “nuova normalità”, un po’ in tutti i settori, anche se a ritmi differenti. Si riparte, insomma.
Ma quanta voglia c’è di partire, inteso nel senso di fare una valigia, salire finalmente su un aereo o un treno, prenotare un hotel, una vacanza o anche solo un ristorante? Beh, tanta, lo sappiamo, e aumenta via via con l’avvicinarsi della stagione calda.
Questo desiderio, diffusissimo trasversalmente in tutta la popolazione, è forse ancora più forte tra gli operatori. Il turismo, l’ospitalità, l’ho.re.ca., sono stati quasi soffocati dal Covid, lo sappiamo bene: i primi “caduti” dal punto di vista lavorativo in questa guerra sono stati proprio i professionisti di questi settori così importanti per ogni economia evoluta, compresa quella italiana.
Dopo più di un anno di grandi sofferenze, oggi però si vedono un po’ ovunque i primi segnali di svolta: non è semplicemente la classica “luce in fondo al tunnel” ma sono visioni forti, concrete.
Come si sta preparando chi nel turismo ci lavora? Quali saranno i problemi da affrontare a breve? Il panorama è abbastanza vario e, come sempre in Italia, piuttosto differenziato geograficamente, ma alcune macrotendenze si possono già intuire.
Innanzitutto è interessante notare come stavolta siano i “piccoli” a trainare, o perlomeno a iniziare. Se le città d’arte sono ancora inevitabilmente bloccate in questo processo a causa della prevedibile difficoltà a gestire flussi turistici importanti specie in spazi chiusi (pensiamo per esempio ai musei), le molte isole minori “covid free”, con le piccole comunità locali già interamente vaccinate, sono invece già attrezzate e pronte ad accogliere i primi arrivi.
Dal punto di vista delle aziende, specie se grandi, è necessario però un cambio di mentalità, tanto deciso quanto rapido. Lo spiega bene Mariangela Pecora, HR director della catena alberghiera Accor Hospitality Italia (AccorInvest), intervenuta di recente a un evento online organizzato da ManpowerGroup proprio su questi temi: «Registriamo in effetti segnali positivi, c’è finalmente una certa vivacità. Va sottolineato però che siamo già abbastanza avanti dal punto di vista del calendario e molte fette di mercato le possiamo considerare già perse, mi riferisco soprattutto alle città d’arte e ai clienti di lungo raggio, che in genere prenotano con largo anticipo», esordisce. Poi l’affondo, che suona però più come stimolo nei confronti del settore: «Diciamo la verità, quello alberghiero è un mondo un po’ vecchio come mentalità, va spronato. Dobbiamo essere tutti più proattivi e abbandonare certi pregiudizi: il “day use” per esempio, che per anni è stato trascurato, è una nicchia che oggi ha una forte attrattività per una clientela business, che nell’albergo cerca un appoggio veloce ma confortevole.
Anche le certificazioni legate all’implementazione delle misure anti Covid sono un elemento ormai fondamentale per elevare il posizionamento di un hotel, sia per la clientela d’affari che leisure, questo è un nostro punto di forza su cui abbiamo investito molto e bisogna continuare ad investire» è il suo invito.
L’analisi di Mariangela Pecora è puntuale e approfondita: «Dovremo un po’ cambiare il modo di lavorare negli alberghi: i meeting saranno probabilmente gli ultimi a ripartire, i grandi convegni e congressi a cui eravamo abituati prima saranno da ripensare. Tutti questi spazi degli hotel, a volte enormi, vanno quindi riadattati ma le idee ci sono: perché non riconvertirli al co-working, per esempio, o pensare ad affittarli ad aziende per le attività di recruiting? Questi processi di cambiamento generano poi nuove esigenze che si possono sfruttare: ad esempio al semplice affitto di una sala si potranno poi aggiungere servizi supplementari da offrire, come il catering o personale dedicato a supporto».
Ecco, il personale. Che effetto ha avuto il Covid sul comparto alberghiero e quali saranno le esigenze nel breve termine? «Molti lavoratori si sono dimessi, trovando impiego stabile in altri settori meno colpiti dalla crisi, altri si sono reinventati, magari alla scadenza dei contratti a termine che non sono stati rinnovati. È vero che ora i nostri organici sono ridotti all’osso e non appena il settore riparte avremo presto esigenze di trovare nuovi occupati, con un occhio alle nuove competenze richieste alla luce dei cambiamenti menzionati» conclude la manager di AccorInvest.
Che il periodo peggiore sia passato e per fortuna in modo definitivo, lo conferma anche Luca Verona, direttore risorse umane di Serenissima Ristorazione, altra realtà che ha dovuto “cambiare per sopravvivere” come sintetizza efficacemente. «Un anno fa abbiamo assistito al collasso del mercato scolastico ed aziendale, nonché ad una marcata riduzione di quello sociosanitario, accompagnato dalle complicazioni operative derivanti dall’epidemia in corso. Abbiamo però reagito rapidamente, diversificando i nostri prodotti e servizi, cercando di andare alla ricerca dei nuovi bisogni dei clienti, per esempio dedicandoci alla fornitura di piatti refrigerati per il settore ho.re.ca. per ridurre tempi e costi ai nostri clienti», ricorda.
Oggi l’azienda vede la ripresa e si sta attrezzando di conseguenza: «Puntiamo molto sulla formazione e sulla motivazione dei dipendenti, anche attraverso l’utilizzo di sistemi informatici», conclude Verona, che ha ben chiara la ricetta per lo sviluppo futuro: «Dobbiamo abbattere il più possibile i costi fissi, che ci zavorrano, ed essere più versatili e flessibili».
Il passaggio di addetti, anche molto qualificati ed esperti, dal turismo ad altri settori, pensiamo per esempio al manifatturiero, è un fenomeno molto più diffuso di quanto si possa pensare in Italia, specie in zone come il Nord Est o comunque in aree in cui le piccole e medie imprese di cui è ricco il nostro tessuto economico hanno continuato a lavorare a ritmi sostenuti, anche assumendo.
Questo se da un lato ha per fortuna evitato una catastrofe sociale ben facilmente immaginabile, dall’altro ha impoverito le imprese turistiche, sia dal punto di vista numerico che della professionalità, quasi sempre elevata, di questi lavoratori. La conseguenza oggi è che presto ci saranno non solo nuovi addetti da selezionare ma, quasi sempre, anche da formare. Una bella sfida, per aziende e manager.
Lo conferma anche ManpowerGroup che, con Talent Solutions, si occupa della gestione di crisi aziendali: nel turismo servono oggi nuovi manager, magari con contratti temporanei, che sappiano cogliere le opportunità. Oggi sono molte le aziende che non conoscono tutti gli strumenti a disposizione, come ad esempio gli incentivi o la possibilità di accedere a fondi, che quindi spesso restano inutilizzati.
L’impianto normativo in cui si muove il comparto dell’ospitalità è in ogni caso da svecchiare secondo molti autorevoli osservatori, come il Dr. Dario Ceccato dello studio Ceccato Tormen & Partners:
«I nostri modelli legislativi, specie per le assunzioni a termine, risultano non adeguati alla ripresa post covid, a cominciare dalla definizione stessa di attività stagionale, ferma al 1963, che andrebbe rivista. Lavorando con importanti players del turismo internazionale ed europeo, gli approcci normativi alla ripresa adoperati fuori dal territorio italiano risultano innovativi. Da noi occorre una maggiore elasticità, nel rispetto delle condizioni di lavoro degli operatori, per essere pronti a rispondere in modo veloce alle esigenze imposte dal mercato».
Sul tipo di profili richiesti illuminanti gli interventi di Federico Capraro, presidente di Ascom Treviso e Giovanni Battaiola, presidente di Federalberghi Trento.
«Camerieri di sala e portieri d’albergo sono praticamente scomparsi: oggi magari lavorano in fabbrica, grossomodo agli stessi stipendi di prima se non anche superiori, e hanno scoperto quanto sia bello passare il weekend finalmente in famiglia: ovvio che non torneranno più indietro, e vanno quindi sostituiti» spiega Capraro, che aggiunge: «Le nostre imprese sono state per decenni quelle ‘piccole e belle’, oggi devono diventare ‘piccole e veloci’ ed è una trasformazione che va fatta insieme alle parti sociali e alla politica».
Stessa musica anche sulle montagne, e negli hotel, del Trentino: «Non riusciamo a trovare staff per le prossime riaperture, gli stagionali sembrano spariti. Di positivo c’è che ci sono nuove figure che si vogliono avvicinare al settore ma naturalmente vanno formate, e spesso da zero», conclude Battaiola.
Questa formazione sarà in carico soprattutto alle singole imprese, e in modo inorganico: solo il 10% dell’hotellerie italiana fa infatti capo alle grandi catene alberghiere internazionali. La sfida fra “piccoli” e “grandi” si giocherà anche su questo decisivo campo.
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