Manovra, la “stretta” sul reddito di cittadinanza: nel 2023 sarà ridotto a otto mesi
Sarà più simile al reddito di sussistenza per i poveri, verrà con ogni probabilità affidato ai Comuni e non peserà più direttamente sulle casse dell’Inps, e prenderà il via nel 2024: il reddito di cittadinanza sta per essere sostituito da una nuova forma assistenziale, immaginata da Fratelli d’Italia in campagna elettorale, non più rivolta a chi non ha un lavoro, bensì a chi sia inabile al lavoro. L’anno prossimo quindi sarà una sorta di “cuscinetto” in vista del decadimento del provvedimento cardine del Movimento 5 Stelle: il reddito di cittadinanza non scomparirà, ma verrà ridotto dai 18 mesi rinnovabili di oggi a 7/8 mensilità. Non sarà erogato però solo ai 660 mila “occupabili”, ovvero i percettori che possono lavorare tra 18 e 59 anni e che non hanno nel loro nucleo disabili, minori o persone a carico over 60.
La riforma dovrebbe generare un risparmio da 734 milioni. I percettori occupabili dovranno invece fare un periodo di sei mesi di formazione o riqualificazione professionale, obbligatori, pena il decadimento del sussidio. Ulteriori modifiche previste dal governo Meloni riguardano il numero di offerte di lavoro che si possono rifiutare prima di perdere il sussidio, che scenderanno a una. Per legge, questa dovrà essere congrua, vale a dire che il luogo di lavoro non dovrà essere troppo lontano da casa e la professione dovrà essere coerente con le esperienze professionali o le attitudini maturate nel periodo di riqualificazione.
“C’è un anno transitorio nel quale comunque tutte le persone in difficoltà saranno tutelate, chi non è in grado di lavorare avrà piena tutela e chi è in grado di lavorare invece avrà una riduzione dei mesi di sostegno, si porterà da 12 a otto mesi” dice il sottosegretario per l’attuazione del programma Giovanbattista Fazzolari. “Dal 2024 – aggiunge – rivedremo l’intero sistema, lavorandoci su per garantire pieno sostegno ai bisognosi e inserire nel mondo del lavoro chi è in grado di lavorare”.