Com’è andato l’esperimento sul reddito di base in Finlandia
Reddito di base, la Finlandia ammette il flop: “Non ha aiutato a trovare lavoro”. Così praticamente tutti i media italiani stanno titolando i risultati preliminari forniti dal Kela, l’agenzia governativa che si occupa dei programmi di sicurezza sociale nazionale (Qui il report completo).
Il reddito di base non condizionato a nessun tipo di lavoro era un esperimento durato due anni, iniziato il 1 gennaio 2017 e terminato il 31 dicembre 2018, su base volontaria dedicato a una platea di duemila persone che, è bene specificare, erano già in carico al Kela.
Nella nota pubblicata l’8 febbraio dall’istituto si legge che “i beneficiari del reddito di base hanno lavorato in media mezza giornata in più” di chi non l’ha ricevuto (non partecipando all’esperimento): 49,64 giorni i primi, 49,25 i secondi.
L’assegno è stato erogato “indipendentemente dall’essere attivi nella ricerca del lavoro oppure no” e aveva l’obiettivo non di aumentare la partecipazione dei destinatari al mercato del lavoro, come invece potrebbe sembrare dai titoli dei media italiani, ma “di rimodellare il sistema di previdenza sociale”.
Basta infatti guardare come titolano i media finlandesi per capire il corto circuito che si è generato non tanto nella traduzione, quanto nella lettura “politica” data alla notizia: “Reddito di base, pubblicati i risultati preliminari dell’esperimento: migliorato il benessere”.
In seconda battuta l’accento viene messo sull’occupazione. Perché? Il motivo è semplice: il focus dell’esperimento era dimostrare proprio questo. Che un misura di vero reddito incondizionato non deve essere propedeutica alle politiche attive del lavoro.
Il motivo è duplice: da un lato dare a una platea di persone un reddito non significa automaticamente che si generi lavoro laddove non c’è; dall’altra che i destinatari di un reddito incondizionato “molto spesso” sono “escluse dal mercato del lavoro”.
Per questo l’attenzione del Kela è stata soprattutto per gli effetti sul “benessere” delle “cavie” e non sui posti di lavoro attivati.
I dati diffusi da Kela, bisogna poi sottolineare, riguardano soltanto il primo anno dell’esperimento finlandese: quelli relativi al 2018 verranno resi noti tra dodici mesi. Per giungere alle conclusioni odierne, Kela ha confrontato il gruppo di chi ha ricevuto l’assegno con uno “di controllo” di disoccupati che ne è rimasto privo, in modo da poter valutare le differenze.
I dati “interessanti” sugli effetti del reddito di base sono sulla percezione di benessere (qui uno studio sulla “felicità senza lavoro”): intervistati sul proprio stato di salute, il 55% degli assegnatari lo hanno definito “buono o molto buono”, il 9% in più dei membri del gruppo di controllo, mentre a denunciare un grado elevato di stress è stato il 17% dei beneficiari del reddito, rispetto al 25% di chi non lo ha ricevuto.
Secondo Minna Ylikännö, ricercatrice di Kela, gli effetti positivi sulla salute si accompagnavano a una “maggiore fiducia nel futuro, nella capacità di influire sulle questioni sociali e nel trovare un lavoro”.