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Home » Economia

Quando si va in pensione in Europa: confronto Italia-estero

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Dai 64 anni della riforma Macron ai 67 della Fornero. Dal sistema a punti tedesco ai 411 euro al mese della Grecia. Fino al caso britannico, dove lo Stato incentiva a rivolgersi al privato. Ecco le regole per la pensione nei Paesi europei

Andare in pensione in Italia

In Italia le regole per la pensione di vecchiaia sono dettate dalla Legge Fornero, che aggancia l’età minima di uscita dal lavoro all’aspettativa di vita: oggi per accedere alla pensione di vecchiaia bisogna aver compiuto almeno 67 anni d’età e aver maturato almeno 20 anni di contributi.

Tuttavia sono previsti diversi meccanismi di uscita anticipata. Ad esempio, può andare in pensione chi ha raggiunto una determinata anzianità contributiva: 42 anni e 10 mesi per gli uomini, 41 e 10 mesi per le donne. Queste ultime, se hanno almeno 35 anni di contributi, possono ritirarsi dal lavoro a 58 anni (59 per le autonome) con lo strumento Opzione Donna.

Poi c’è l’Ape Sociale: a disoccupati, invalidi, caregiver e chi svolge professioni gravosi bastano 63 anni di età e 30 anni di contributi (36 per i lavori gravosi). Infine, per almeno tutto il 2023 si può andare in pensione a Quota 103: 62 anni d’età e 41 di contributo. In Italia l’importo dell’assegno pensionistico è calcolato con il regime retributivo per gli anni di contribuzione fino al 1996. Da allora in poi vige il regime contributivo.

 

Andare in pensione in Francia

In Francia l’importo dell’assegno pensionistico viene calcolato con un complesso meccanismo “a punti” che combina l’anzianità contributiva con il reddito medio annuo dei 25 anni migliori della propria carriera lavorativa.

La riforma varata dal presidente Emmanuel Macron alza l’età minima per accedere alla pensione di vecchiaia da 62 a 64 anni, ma chi raggiunge questa età ha diritto all’assegno “pieno” solo se ha maturato anche una determinata anzianità contributiva (che varia a seconda dell’anno di nascita), altrimenti va incontro a decurtazioni permanenti. Così era per i 62enni prima della riforma, così sarà d’ora in poi per i 64enni.

Si ha automaticamente diritto all’assegno “intero” se si va in pensione a 65, 66 o 67 anni (a seconda dell’anno di nascita). Sono infine previsti meccanismi di pensionamento anticipato – a 60 anni – per i lavoratori precoci, gli invalidi e per chi svolge lavori gravosi. I disabili possono uscire dal mercato del lavoro a 55 anni.

 

Andare in pensione in Germania

In Germania la pensione di vecchiaia spetta a chiunque abbia un’età anagrafica minima di 64 anni e contemporaneamente un’anzianità contributiva di almeno 45 anni. Chi non raggiunge una tale mole di contributi versati può ricevere la pensione al compimento dei 65 anni per i nati prima del 1946 e dei 67 anni per chi è nato successivamente.

A partire dal 2029, però, questa distinzione cambierà: basteranno 65 anni d’età per tutte le classi di nascita fino al 1964. Una via alternativa, oggi, è andare in pensione a 64 anni, purché si abbia alle spalle almeno 35 anni di contributi versati, ma in questo caso l’importo dell’assegno pensionistico subirà una decurtazione.

In Germania l’ammontare della pensione è calcolato con un sistema “a punti” che tiene conto dell’età anagrafica, della massa e dell’anzianità contributiva e del reddito medio avuto durante l’intera carriera lavorativa.

 

Andare in pensione in Spagna

In Spagna per avere diritto alla pensione di vecchiaia occorre aver compiuto almeno 65 anni d’età e avere alle spalle almeno 15 anni di contribuzione. A partire dal 2027, però, la combinazione cambierà: serviranno 67 anni più 15 di contributi oppure 65 anni più 37 di contributi.

Ci sono poi vari meccanismi per accedere alla pensione anticipata, subendo una decurtazione sull’importo: chi è stato membro di una società mutualistica può ritirarsi a 60 anni; chi è disoccupato, se ha un’anzianità contributiva di almeno 33 anni, può andare in pensione con quattro anni d’anticipo sui tempi previsti per l’assegno di vecchiaia; chiunque abbia maturato almeno 35 anni di contributi può andare in pensione con due anni d’anticipo.

In Spagna l’ammontare della pensione viene calcolato col metodo contributivo, ma il Governo di Pedro Sanchez ha appena varato una riforma che introduce due sistemi di calcolo alternativi per salvaguardare il potere d’acquisto di chi va in pensione dopo una carriera lavorativa segnata da precarietà e salari bassi.

 

Andare in pensione in Grecia

In Grecia ci sono due tipi di pensione di vecchiaia: la pensione nazionale e la pensione contributiva. La prima consiste in un assegno dall’importo forfettario pari a 411 euro mensili: spetta a chiunque abbia almeno 67 anni d’età anagrafica, 40 anni di residenza nel Paese e 20 anni di contributi versati. Hanno diritto a un importo decurtato gli ultra-67enni con un minimo di 15 anni di residenza e 15 di contribuzione. Questa è la pensione nazionale.

Quanto alla pensione contributiva, invece, l’importo dell’assegno mensile varia da persona a persona e viene calcolato sulla base dei contributi versati durante la propria carriera lavorativa. Per accedervi, indipendentemente da qualsiasi requisito di residenza, bisogna aver compiuto 67 anni d’età e avere alle spalle almeno 5 anni di contributi, oppure un’età anagrafica di 62 anni ma avendo maturato 40 anni di contributi (che scendono a 17 per chi ha svolto professioni gravose).

Infine, chi ha almeno 62 anni e 15 di contributi ha diritto a una pensione contributiva anticipata ma con decurtazione permanente dell’assegno.

 

Andare in pensione nel Regno Unito

Nel Regno Unito vige storicamente un sistema pensionistico che incentiva l’adesione a canali previdenziali integrativi privati. La pensione statale è concepita più come un mezzo di contrasto della povertà che come il perno del sistema previdenziale. Vi si può accedere con almeno 66 anni d’età (dal 2028 diventeranno 67) e almeno 10 di anzianità contributiva, tuttavia l’importo è piuttosto basso.

In base al Pension Act entrato in vigore nel 2016, l’assegno “pieno” – spettante a chi ha un’anzianità contributiva di almeno 35 anni – è pari a 175 sterline alla settimana, pari a circa 800 euro al mese, ma l’ammontare scende al calare del numero di anni di contributi versati (non conta, invece, il montante contributivo).

Se questa è la base minima fornita del pubblico, ecco che assumono centrale importanza i sistemi previdenziali privati: il datore di lavoro è tenuto a iscrivere automaticamente i propri dipendenti a un regime pensionistico professionale, mentre per i lavoratori autonomi è previsto un fondo statale, alternativo ai fondi pensionistici privati, la cui adesione è facoltativa.

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