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Home » Economia

“Per fermare le morti bianche serve una Procura nazionale del lavoro”

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Intervista a Bruno Giordano, ex capo dell’Ispettorato nazionale del lavoro

«La magistratura deve poter fare i processi in questa materia nel modo più veloce ed efficiente possibile. Per ottenere ciò, onde evitare lo spettro della prescrizione, occorre creare delle direzioni distrettuali e nazionali per arrivare a processi concentrati in capo a pubblici ministeri specializzati. Dove c’è specializzazione c’è celerità. Io la definirei una Procura nazionale del lavoro». 

Siciliano di Vittoria, in provincia di Ragusa, tornato alla Cassazione dopo l’esperienza alla guida dell’Ispettorato nazionale del lavoro, il magistrato Bruno Giordano commenta la strage continua di morti sul lavoro e rilancia la sua proposta per intervenire concretamente: «Ogni giorno ci sono almeno tre morti sul lavoro. Gli incidenti e le morti avvengono soprattutto nelle piccole e medie imprese, ossia dove è assente il sindacato e dove ci sono dei rapporti anche personali tra i lavoratori e il datore di lavoro».

«Anche la strage di Brandizzo è da considerarsi un infortunio avvenuto in una piccola impresa impresa. Non facciamoci distrarre da Rfi (Rete Ferroviaria Italiana, ndr), i lavori venivano eseguiti in appalto o sub-appalto a una piccola-medio impresa. Il tessuto economico italiano, che è formato al 90% da piccole e medie imprese è fortemente a rischio. Questo significa che per evitare queste morti e per evitare gli infortuni, che sono oltre 600mila l’anno, la media di uno al minuto, occorre intervenire proprio in queste realtà». 

Il problema sono i pochi controlli?
«Ci sono diversi fattori. In Italia ci sono pochi controlli perché esistono troppi organi di vigilanza non coordinati. L’Ispettorato del lavoro avrebbe dovuto avere questo potere di coordinamento, ma non sempre tutti gli organi di vigilanza sono disponibili a cooperare. Inoltre, il numero degli ispettori non sarà mai sufficiente se non si struttura un sistema di ispezione che sia fondato su dati incrociati».

Volendo essere pragmatici, dove intervenire?
«La prima linea di intervento potrebbe essere quella di coinvolgere le associazioni di categoria e i sindacati, per una assistenza vera. Per capire e prevenire i rischi. Occorre poi che sia chiaro a tutti i piccoli imprenditori che la sicurezza non è un costo, ma un investimento. Serve poi un coordinamento di tutte le forze ispettive. Infine serve consentire alla magistratura di fare i processi in questa materia nel modo più veloce ed efficiente possibile. Serve una Procura nazionale del lavoro». 

Ci spieghi meglio.
«Sto sfidando il silenzio su questo punto. I processi in materia di sicurezza del lavoro hanno un alto contenuto tecnico. Ci sono profili di ingegneria, di chimica, di organizzazione del lavoro, di amministrazione. Ci vuole una specializzazione che non ci possiamo permettere nelle piccole e medie Procure della Repubblica dove ci sono pochi pm che non possono sapere tutto in modo specialistico».

«Facciamo un esempio: la Procura di Ivrea si sta occupando della strage di Brandizzo e anche del disastro delle Frecce Tricolori. Una Procura così piccola, dove ci sono appena tre sostituti procuratori, è oberata da un lavoro di questo tipo, come fa a fare tutto il resto? Dicasi lo steso per la strage del Mottarone, 14 morti, competenza tribunale di Verbania. Strage del Frecciarossa a Lodi, competenza di Lodi. Strage del disastro ferroviario di Corato, 23 morti, competenza procura di Trani. Quando abbiamo questi fatti gravi che si riversano sulle piccole Procure della Repubblica, abbiamo il collasso di tutte le indagini e della giustizia».

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