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Home » Economia

Microsoft registra 315 miliardi di dollari di profitti in Irlanda senza pagare nemmeno un centesimo di tasse

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La consociata di Microsoft a Dublino registra profitti pari a oltre il 72 per cento del Pil dell'Irlanda ma non deve pagare le imposte grazie alla residenza in un paradiso fiscale

La consociata irlandese di Microsoft ha registrato l’anno scorso quasi 315 miliardi di dollari (quasi 260 miliardi di euro) di profitti, staccando dividendi alla casa madre per oltre 55 miliardi di dollari (oltre 45 miliardi di euro) senza pagare nemmeno un centesimo di tasse, grazie alla residenza in un paradiso fiscale. È il caso della Microsoft Round Island One, denunciato dal quotidiano britannico The Guardian, che cita le cifre depositate dalla stessa controllata della multinazionale digitale presso l’Irish Companies Registration Office, il registro delle imprese irlandese.

Fino al giugno del 2020, l’azienda aveva riportato 314,7 miliardi di dollari (259,5 miliardi di euro) di profitti su cui il colosso fondato da Bill Gates non ha pagato tasse, avendo sede legale in Irlanda ma residenza fiscale alle isole Bermuda, dove non si applicano imposte sui redditi delle società. Non solo: nell’arco dello stesso esercizio finanziario, l’azienda ha pagato alla casa madre americana un dividendo da 24,5 miliardi di dollari (20,2 miliardi di euro) e un ulteriore dividendo straordinario da 30,5 miliardi di dollari (25,15 miliardi di euro).

Il dato risulta vieppiù impressionante paragonato al Prodotto interno lordo (Pil) irlandese dello scorso anno, pari a circa 357 miliardi di euro. Insomma nell’ultimo anno la consociata di Microsoft ha registrato profitti pari a oltre il 72 per cento del Pil dell’Irlanda, senza pagare le relative imposte. Ed è tutto legale.

Microsoft Round Island One, la cui sede si trova presso gli uffici dello studio legale Matheson, lungo il fiume Liffey nel centro di Dublino, afferma nei propri conti di non avere “altri dipendenti oltre agli amministratori”. “Poiché la società è fiscalmente residente alle Bermuda, nessuna imposta è addebitabile sul reddito”.

La denuncia arriva a poche ore dalla riunione prevista oggi e domani a Londra tra i ministri delle Finanze del G7, in cui si discuterà un nuovo accordo internazionale contro l’elusione fiscale delle multinazionali e la proposta statunitense di imporre una tassa minima a livello globale, in vista dell’incontro dei capi di Stato e di governo dei sette atteso alla fine del mese in Cornovaglia.

Secondo uno studio pubblicato a fine maggio dalla britannica Fair Tax Foundation, negli ultimi dieci anni i colossi tecnologici americani Amazon, Facebook, Alphabet (proprietaria di Google), Netflix, Apple e Microsoft hanno risparmiato 96 miliardi di dollari (79,29 miliardi di euro) di tasse, sfruttando la possibilità di trasferire la propria residenza in paradisi fiscali.

Tra il 2011 e il 2020, queste sei multinazionali digitali hanno pagato 219 miliardi di dollari (180,6 miliardi di euro) di imposte sui redditi, pari al 3,6 per cento dei loro ricavi complessivi, superiori a 6 mila miliardi di dollari (oltre 4.950 miliardi di euro).

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