Bus e metro gratis contro l’inflazione: la lezione di Madrid e Berlino
Per contrastare il carovita Germania e Spagna hanno previsto abbonamenti omaggio o super scontati ai mezzi pubblici. Ed è stato un grande successo. In Italia invece siamo ancora fermi ai bonus benzina
Ben prima di diventare un guru-leader politico, Beppe Grillo durante i suoi spettacoli comici era solito raccontare questa simpatica storiella: «Ieri ero a Roma, sono salito su un autobus e ho timbrato il biglietto: tlic-tlac. Il guidatore si è girato e ha detto: “Cosa cazzo è questo rumore?”». Sono passati diversi anni, ma la battuta sarebbe valida ancora oggi. L’evasione tariffaria resta uno dei mali cronici che affligge Atac, l’azienda del trasporto pubblico romano: gli ultimi dati disponibili ci dicono che sui mezzi pubblici della Capitale circa il 40% degli utenti non paga il biglietto. La municipalizzata, su cui gravano oltre 600 milioni di euro di debiti, avrebbe disperatamente bisogno di quegli introiti, eppure all’inizio dell’estate il sindaco Roberto Gualtieri ha lanciato una proposta choc: «Trasporto pubblico gratis per tutti».
Ovviamente Gualtieri non è un kamikaze deciso a mandare in totale bancarotta Atac: nella sua ipotesi, i mancati ricavi dell’azienda sarebbero compensati dallo Stato. In particolare, l’idea sarebbe quella di replicare in Italia qualcosa di simile a ciò che è stato sperimentato in questi mesi con successo in Germania e Spagna, dove i governi nazionali hanno finanziato piani di mobilità pubblica scontata o addirittura gratuita come misura di contrasto al carovita e all’inquinamento atmosferico. La proposta di Gualtieri è caduta nel vuoto: gli autobus, i tram e le metropolitane di Roma saranno fruibili gratuitamente solo per un giorno, sabato 17 settembre, in via del tutto occasionale come iniziativa nell’ambito della Settimana europea della mobilità. Ma niente più di questo è previsto, almeno per ora.
Il primo Paese in Europa a eliminare in toto la tariffazione per i mezzi pubblici è stato il Lussemburgo, dove si può viaggiare senza biglietto ormai dal marzo 2020. La Germania, invece, ha rotto gli indugi la scorsa primavera varando il cosiddetto “Klimaticket”: dal primo giugno al 31 agosto in tutto il Paese l’abbonamento a metro, bus e treni regionali è stato calmierato alla cifra quasi simbolica di 9 euro al mese (si pensi che a Berlino la card mensile costa 86 euro).
Der Spiegel, il principale settimanale tedesco, l’ha definito «il più grande esperimento che la Germania abbia mai sostenuto sul suo sistema di trasporto pubblico». Obiettivo: alleggerire un poco il peso dell’inflazione – che viaggia intorno all’8% ed è vista storicamente con grande apprensione dai tedeschi – e incentivare il trasporto pubblico riducendo così traffico e smog. Per coprire i costi il governo rosso-verde-giallo guidato da Olaf Scholz ha stanziato 2,5 miliardi di euro. Risultato: in tre mesi sono stati venduti 52 milioni di abbonamenti, un quinto dei quali a persone che hanno affermato di non aver mai utilizzato i mezzi pubblici prima. Il risparmio in termini di inquinamento è stato pari a circa 1,8 milioni di tonnellate di anidride carbonica. «Abbiamo suscitato un entusiasmo per il trasporto pubblico che probabilmente non è mai esistito prima in Germania», ha commentato il ministro dei Trasporti, il liberale Volker Wissing. Non solo: secondo uno studio dell’Istituto di Economia tedesca, il Klimaticket ha contribuito a rallentare la corsa dei prezzi nel Paese, che altrimenti oggi sarebbe superiore di due punti.
L’iniziativa è andata bene a tal punto che la Vdv (l’associazione delle aziende del trasporto pubblico) ha chiesto ufficialmente al governo una proroga. Per ora non c’è nulla di deciso, dal primo settembre l’abbonamento ai mezzi pubblici è tornato alle tariffe ordinarie, ma dalla cancelleria di Berlino hanno lasciato trapelare che il bis si potrebbe fare, sebbene non alle stesse condizioni. Sostenere le card mensili a 9 euro per tutto l’anno costerebbe alle casse statali circa 14 miliardi di euro: troppi, secondo il governo, che sembra orientato però a concedere un finanziamento per uno sconto più soft.
Proprio il giorno in cui l’esperimento tedesco si è concluso ha preso avvio quello elaborato dalla Spagna. L’esecutivo di centrosinistra presieduto dal socialista Pedro Sanchez ha disposto che dal primo settembre alla fine dell’anno si potrà viaggiare gratis su tutti i treni a breve e medio raggio, mentre per l’alta velocità è previsto uno sconto del 50%. Quanto agli autobus urbani e alle metropolitane, il governo garantirà uno sconto del 30% sui biglietti, che ciascuna amministrazione locale potrà a proprie spese portare al 50%. Lo Stato si accollerà per queste misure una spesa di poco inferiore ai 500 milioni di euro (un abbonamento mensile alla rete ferroviaria suburbana di Madrid costa dai 29 ai 93 euro e a quella di Barcellona dai 25 agli 85).
Anche in questo caso il governo punta ad alleviare gli effetti dell’inflazione, galoppante al 10%, e a incoraggiare l’utilizzo dei mezzi pubblici con tutti i benefici che ne conseguono dal punto di vista della qualità dell’aria e della vivibilità delle città. «Per ogni viaggio che viene trasferito dal veicolo privato al trasporto collettivo, si risparmia in media tra il 73 e l’80% delle emissioni di anidride carbonica», ha stimato il ministero dell’Ambiente iberico. Per ora sono circa mezzo milione gli abbonamenti gratuiti richiesti e l’operatore ferroviario statale Renfe prevede che il piano si traduca in 75 milioni di viaggi ferroviari non tariffati. Greenpeace applaude: la misura – ha osservato il portavoce Adrián Fernández – «va nella giusta direzione, verso la redistribuzione del reddito e la promozione del trasporto pubblico».
E in Italia? Da noi il governo si è limitato a un intervento più timido: un bonus da 60 euro per abbonarsi ai trasporti pubblici destinato solo a chi ha redditi annui inferiori ai 35mila euro. Per la misura – introdotta col decreto Aiuti e prolungata con l’Aiuti-bis – sono stati stanziati 180 milioni di euro, mentre sta costando molto di più – circa un miliardo al mese dalla scorsa primavera – lo sconto di 30 centesimi al litro sulle accise dei carburanti. Il ché impone una riflessione. Al netto dei sacrosanti aiuti (sotto forma di credito d’imposta) previsti per gli auto-trasportatori professionali, in Italia il governo sembra più attento a garantire ai cittadini il diritto di spostarsi a prezzi ragionevoli con il proprio mezzo privato, anziché a incentivare l’utilizzo di bus, metro e treni. Ed è un peccato, un’occasione persa.
Certo, anche Germania e Spagna in questi mesi hanno messo soldi pubblici per contenere i prezzi di benzina e diesel (ma Berlino a settembre non ha rinnovato il contributo), tuttavia un conto è agire solo sui buoni carburante e un altro è affiancare a essi misure che incoraggino il trasporto pubblico. In Italia circa il 60% degli spostamenti giornalieri avviene su automobile, mentre appena nel 10% dei casi ci si affida ai “mezzi”. Il confronto con le altre capitali europee è impietoso: a Milano ci sono 489 auto ogni mille abitanti, a Roma 623, a Berlino 350, a Madrid 320 e a Parigi addirittura 250. Senza un massiccio piano di investimenti e senza coraggiose misure di incentivazione, il nostro resterà ancora per molti anni un Paese ostile a bus, metro e treni. Ma i biglietti scontati sui mezzi pubblici tedeschi e spagnoli dimostrano anche un’altra cosa. Alle fasi di crisi si può reagire talvolta con misure semplici che migliorano la qualità delle nostre vite.