Scuola, il governo ha dimenticato di prorogare la chiusura: il conto rischiano di pagarlo i lavoratori. E la maturità è nel caos
Gli ultimi accenni normativi alla “chiusura” delle scuole risalgono ad aprile, da allora solo dichiarazioni politiche ma nessuna proroga mentre lavoratori e maturandi rischiano di pagare il conto
Scuole chiuse, il Governo dimentica la proroga: i lavoratori pagano il conto. Caos maturità
“La scuola rimane al centro dell’azione di governo”, secondo il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ma non nelle norme più recenti, rischiando un danno ai lavoratori e ripercussioni sulla Maturità. Al di là delle dichiarazioni politiche, l’amministrazione sembra infatti aver dimenticato di prorogare oltre il 18 maggio la sospensione dell’attività didattica in presenza negli istituti di ogni ordine e grado, una data importante sia per i docenti che per i maturandi. Come è noto le scuole italiane non sono state chiuse ma è stato soltanto sospeso l’insegnamento in classe, previsto in questo periodo solo a distanza fino a una certa data.
Come annunciato dal capo del governo, esclusi gli esami di Stato che si dovrebbero tenere in presenza, il ritorno in aula di alunni e professori è previsto per settembre. Una notizia già anticipata lo scorso mese in diverse dichiarazioni politiche, sia dal presidente del Consiglio che dalla ministra Azzolina, ma non ancora seguita da alcuna norma specifica.
L’ultimo accenno alla questione risale allo scorso mese, in particolare al Decreto Legge n. 22 dell’8 aprile 2020, che norma la “regolare conclusione e l’ordinato avvio dell’anno scolastico” e lo “svolgimento degli esami di Stato”, e al Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 26 aprile.
Se il primo provvedimento contiene soltanto l’ipotesi che “l’attività didattica delle istituzioni del sistema nazionale di istruzione riprenda in presenza entro il 18 maggio 2020”, il secondo estende le misure restrittive precedentemente adottate, come la sospensione delle attività didattiche, delle riunioni degli organi collegiali in presenza e delle uscite guidate e dei viaggi di istruzione, fino al 17 maggio. Insomma, a norma di legge, la cosiddetta chiusura delle scuole dovrebbe concludersi domenica.
A soli due giorni da questa scadenza non sono ancora state approvate ulteriori norme al riguardo. In attesa di novità dalla Presidenza del Consiglio, questa situazione rischia di mettere in difficoltà soprattutto i lavoratori del comparto scuola e di avere anche ripercussioni sulla Maturità.
L’articolo 1 della norma prevede infatti, “nel caso in cui l’attività didattica in presenza (…) non riprenda entro il 18 maggio”, “l’eliminazione delle prove scritte (degli esami di Stato – ndr) e la sostituzione con un unico colloquio”. Alla data di lunedì è stata subordinata la modalità di svolgimento della Maturità e se il governo non interverrà in maniera celere, a meno di un mese dall’esame, i maturandi rischieranno di non sapere che tipo di prova saranno chiamati a svolgere.
Questa situazione coinvolge non solo gli studenti ma anche i lavoratori. La mancanza di un’adeguata previsione normativa obbligherebbe poi l’amministrazione a riprendere le lezioni in presenza già da lunedì 18 maggio, un’eventualità irrealizzabile viste le norme in materia sanitaria volte a impedire assembramenti e frenare i contagi.
Al momento, l’attività didattica può svolgersi solo a distanza: come previsto dal Decreto Legge n. 83 del 17 marzo 2020, noto come Cura Italia, la modalità di “lavoro agile” è infatti stata estesa anche ai docenti e al personale ATA come prassi ordinaria di lavoro nelle pubbliche amministrazioni, con la sola eccezione delle attività indifferibili che devono necessariamente essere prestate in loco. La nota n. 622 emanata il 1 maggio dal Ministero dell’istruzione ribadisce il proseguimento del lavoro agile secondo le disposizioni previste dall’articolo 87 del decreto Cura Italia, convertito nella Legge n. 27 del 24 aprile 2020. Il provvedimento precisa che “il lavoro prosegue presso le predette istituzioni con le modalità finora adottate sino al prossimo 17 maggio 2020, sempre che non siano adottate nuove e differenti disposizioni normative”. La palla insomma è nelle mani della Presidenza del Consiglio.
Se nei prossimi giorni il governo non dovesse intervenire con una nuova norma che proroghi la sospensione delle lezioni in presenza, vista l’impossibilità di far tornare alunni, docenti e il resto del personale scolastico negli istituti, questa dimenticanza la pagheranno proprio i lavoratori. Il comma 3 del predetto articolo 87 del Cura Italia prevede che “qualora non sia possibile ricorrere al lavoro agile, anche nella forma semplificata” prevista, le amministrazioni pubbliche si avvarranno degli “strumenti delle ferie pregresse, del congedo, della banca ore, della rotazione e di altri analoghi istituti, nel rispetto della contrattazione collettiva”.
Insomma, docenti e personale scolastico rischiano che la loro assenza, prevista per legge, sia conteggiata, sempre per legge, come ferie o permessi, che poi non saranno monetizzati o non potranno essere più goduti, a danno quindi dei lavoratori stessi. Secondo il decreto di marzo infatti, soltanto una volta “esperite tali possibilità le amministrazioni possono motivatamente esentare il personale dipendente dal servizio”.
L’eventuale costo a carico dei lavoratori dipenderà dalla sollecitudine con cui il governo deciderà di intervenire o meno in materia. In mancanza di un nuovo provvedimento, la questione è demandata al Parlamento, che entro l’8 giugno dovrà convertire in legge il decreto scuola approvato ad aprile. L’esame dell’apposito disegno di legge è ricominciato questa settimana, dopo 7 giorni di sospensione, presso la 7ª Commissione permanente del Senato su Istruzione pubblica, beni culturali, ricerca scientifica, spettacolo e sport, i cui lavori si sono conclusi ieri, 14 maggio, e proseguiranno martedì 19, due giorni dopo la scadenza prefissata dal governo per riprendere l’attività didattica in presenza.
Un eventuale mancato intervento del governo potrebbe così lasciare i maturandi nell’incertezza per altre due settimane e costare ai lavoratori fino a 16 giorni, tra il 18 maggio e l’8 giugno, di ferie, permessi ed altro: una situazione inaccettabile, soprattutto per la semplicità di trovare una soluzione attraverso una nuova norma che proroghi, in tempo, la sospensione dell’attività didattica in presenza nelle scuole.