L’Area Studi Mediobanca presenta il report “Le multinazionali industriali mondiali con focus sui Gruppi della Difesa”
L’Area Studi Mediobanca presenta il report “Le multinazionali industriali mondiali con focus sui Gruppi della Difesa”, lo studio analizza i conti annuali di oltre 330 multinazionali industriali mondiali suddivise per comparto, con ricavi complessivi per 15,4 miliardi di euro nel 2023 e capitalizzazione di 30,3 miliardi a fine 2023, pari al 32% del valore complessivo delle Borse mondiali.
Nel primo trimestre 2024 il rendimento azionario delle multinazionali mondiali vede sul podio i big della Difesa (+22,8%), il comparto Media&Entertainment (+19,0%) e la Moda (+17,9%); in coda l’Alimentare (-1,4%), il Metallurgico e l’Oil&Gas (entrambi +1,4%). Il rendimento dei player della Difesa risulta tre volte superiore al +7,1% dell’indice azionario mondiale, con i gruppi europei (+42,3%) di gran lunga davanti a quelli statunitensi (+8,6%). Le migliori performance sono appannaggio delle tedesche Rheinmetall (+80,5%) e Hensoldt (+80,3%), seguite dalla svedese Saab (+56,7%) e da Leonardo (+55,9%), con Fincantieri (+21,9%) al nono posto. Nello stesso periodo il giro d’affari delle maggiori multinazionali industriali mondiali cresce mediamente dell’1,5% sul primo trimestre 2023. Si distinguono le WebSoft (+13,9%), seguite dai player della Difesa (+8,2%) e dai produttori di aeromobili (+7,5%); in ridimensionamento i ricavi del Metallurgico (-10,1%), dell’Oil&Gas (-7,8%), dell’Alimentare (-5,7%) e del Chimico (-5,6%). Mediamente in aumento anche la redditività: nel primo trimestre 2024 il margine operativo netto segna +2,6% a/a. In accelerazione a doppia cifra le WebSoft (+53,8%), l’Elettronico (+21,3%) e il comparto Media&Entertainment (+15,5%), con in forte contrazione il Metallurgico (-28,1%), l’Oil&Gas (-19,4%) e l’Automotive (-10,0%).
Nel 2023 i ricavi delle maggiori multinazionali industriali mondiali sono mediamente in crescita dell’1,4% sul 2022. Si distinguono i produttori di automobili (+14,4%), al centro di un profondo processo di riconversione produttiva verso una mobilità sostenibile, e le WebSoft (+10,9%), mentre risultano in contrazione a doppia cifra l’Oil&Gas (-15,5%), il Chimico (-12,1%) e il Metallurgico (-11,3%).L’incidenza del margine operativo netto sul fatturato (ebit margin) delle multinazionali è in leggera contrazione, al 12,4% (-1,0 p.p. sul 2022). La redditività premia le WebSoft con l’ebit margin più elevato (21,9%; +2,6 p.p.)1, seguite dalle case farmaceutiche (21,8%; -2,7 p.p.) e dall’Oil&Gas (19,7%; -4,3 p.p.), in prima posizione nel 2022. Redditività sopra la media anche per l’industria delle Bevande (18,5% come nel 2022), la Moda (17,2%; +0,4 p.p.), le Telco (15,3%; -0,1 p.p.) e l’Elettronica (13,9%; -1,6 p.p.). In coda la GDO (4,4%; +0,3 p.p.). Nel 2023 gli investimenti segnano un incremento medio del 10,2% rispetto all’anno precedente, con progressioni più evidenti per il Metallurgico (+32,6% sul 2022) e l’Automotive (+25,7%) e contrazioni per le WebSoft (-10,5%) e le Telco (-9,4%). In media, gli investimenti rappresentano il 6,5% dei ricavi, con i valori più elevati riscontrati per Telco (17,2%), Automotive (9,5%) e Oil&Gas (9,0%).
La struttura finanziaria registra un incremento dei mezzi propri (+2,4%) appena inferiore a quello dell’indebitamento (+3,3%), con il capitale netto pari a 1,5 volte i debiti finanziari a fine 2023. Il settore metallurgico risulta il più solido (patrimonio netto 3,5 volte l’indebitamento), seguito dall’energetico (2,8) e dalle WebSoft (2,6). In aumento la liquidità (+4,1% sul 2022) che si attesta al 44,4% dei debiti finanziari a fine 2023. Le WebSoft risultano di gran lunga le società più liquide, seguite da quelle dell’Elettronica e della Metallurgia.
Nel 2023 il rendimento azionario delle multinazionali industriali vede sul podio le WebSoft (+70,6%), l’Automotive (+51,1%) e l’Elettronica (+48,6%), in diminuzione l’industria delle Bevande (-4,8%) e l’Alimentare (-2,1%). Mediamente le multinazionali presentano una capitalizzazione pari a 3,5 volte i mezzi propri, con il rapporto prezzo su patrimonio netto più elevato per i produttori di aeromobili (6,3), le WebSoft (6,3) e l’Elettronica (6,2); i comparti Automotive (1,6), Telco (1,4) e Metallurgia (0,9) risultano fra i meno valorizzati dalla Borsa.
La spesa globale per la difesa ha raggiunto il massimo storico di 2.443 miliardi di dollari nel 2023 (2,3% del PIL mondiale, +0,1 p.p. sul 2022), pari a 6,7 miliardi di dollari al giorno, registrando un incremento del 6,8%, il più marcato dal 2009, in risposta alla guerra in Ucraina e alle tensioni geopolitiche in Medio Oriente. La spesa mondiale per la difesa pro-capite risulta la più alta dal 1990, raggiungendo i 306 dollari a persona, pari a 0,8 centesimi di dollari al giorno. Il 37,5% della spesa globale fa capo agli Stati Uniti ($916mld), seguiti da Cina con il 12,1% ($296mld), Russia (4,5%), India (3,4%) e Arabia Saudita (3,1%); l’Italia è dodicesima con l’1,5% del totale mondo: $35,5mld, pari a $97mln al giorno, con incremento del +5,5% atteso per il 2024. Costa Rica, Islanda e Panama non sostengono alcuna spesa per la difesa.
La classifica cambia se si considera l’incidenza sul PIL: di gran lunga al primo posto si colloca l’Ucraina con il 36,7%, in ulteriore accelerazione sul 2022 (25,9%) e sul 2021 (3,2%, quando era in 15esima posizione). Seguono alcuni Paesi del Medio Oriente e del Nord Africa, con la Russia in settima posizione (5,9%), gli Stati Uniti in 22esima (3,4%), la Cina in 69esima (1,7%) e l’Italia in 75esima (1,6%, era 1,4% nel 2013 e 2,8% nel 1963). Come richiesto dalla NATO nel 2014, l’Italia sta progressivamente innalzando la propria spesa nella difesa con l’obiettivo di raggiungere la soglia del 2% del PIL, sebbene persistano forti dubbi sull’effettiva fattibilità di tale traguardo entro il 2028.
I cittadini che spendono maggiormente per la difesa del proprio Paese sono Qatar (15,7 dollari pro-capite al giorno nel 2023), Israele (8,2) e Stati Uniti (7,4); l’1,7 dollari al giorno dell’Italia rappresenta oltre il doppio della media mondiale (0,8 centesimi), circa tre volte in meno dell’Ucraina e il 20% in meno della Russia. La quota di spesa pubblica dedicata alla difesa è più elevata in Ucraina e Bielorussia con oltre la metà del totale, mentre l’Italia si colloca nella parte bassa della classifica (121esima) con il 3,0%, inferiore alla media mondiale del 6,9% che invece è superata da Russia (16,1%) e Stati Uniti (9,1%).
Le tensioni globali legate alla guerra in Ucraina e quella in Medio Oriente hanno determinato un incremento di domanda per il settore della Difesa. Questo ha avuto un impatto diretto sui bilanci dei principali player del comparto e sulle loro quotazioni in Borsa. In risposta a queste sfide, si prevede nel 2024 un ulteriore incremento dei ricavi (+6%) rispetto al 2023, durante il quale era già stata registrata una crescita significativa del giro d’affari aggregato per i trenta gruppi mondiali operanti nel settore: complessivamente €456mld, di cui €321mld generati specificatamente dalla Difesa (+6,6% sul 2022 e +18,4% sul 2019). Il panorama è dominato dai big statunitensi con una quota del 74% del totale, seguiti dai gruppi europei con il 22% e da quelli asiatici con il 4%. Gli Stati Uniti, con 15 player, si aggiudicano il primato anche a livello numerico davanti alla Francia, distanziata con tre società; due gruppi ciascuno per Germania, Gran Bretagna, India e Italia che conta per il 19% del giro d’affari europeo e per il 4,2% di quello mondiale.
I primi cinque posti per ricavi stimati generati dal comparto della Difesa sono occupati esclusivamente da gruppi statunitensi: Lockheed Martin (€55,0mld nel 2023), RTX (€36,8mld), Boeing (€31,0mld), Northrop Grumman (€30,6mld) e General Dynamics (€26,8mld). In ottava posizione si colloca Leonardo (€11,5mld) e in 25esima Fincantieri (€2,0mld). Nella Top10 europea il numero uno è la britannica BAE Systems (€25,8mld), seguita da Leonardo e dalla francese Thales; Fincantieri è nona. L’incremento dei ricavi vede primeggiare la statunitense V2X (+37,1% sul 2022) e la Korea Aerospace Industries (+37,0%), davanti a un’altra statunitense, Parsons (+29,7%), alla svedese Saab (+22,9%), prima europea, e all’indiana Bharat Electronics (+18,1%).
La redditività aggregata appare calante: l’ebit margin medio scende dal 7,9% del 2019 al 7,4% del 2022 e al 7,2% nel 2023. Il podio è appannaggio delle asiatiche: le indiane Bharat Electronics (ebit margin al 26,5%) e Hindustan Aeronautics (25,9%) e la turca Aselsan (17,2%), tutte a controllo statale; segue la statunitense Curtiss-Whright (17,0%). In rialzo a doppia cifra gli investimenti che toccano i 13 miliardi di euro (+12,6% sul 2022) e salgono al 2,8% dei ricavi (dal 2,7% del 2022). L’intensità di investimento vede nelle prime posizioni la francese Dassault Aviation e la turca Aselsan (entrambe 7,2%), davanti alla tedesca Hensoldt (6,2%) e alla statunitense BWX Technologies (6,1%).
La distribuzione di dividendi è aumentata del 5,0% sul 2022, con il 77% del totale assorbito dagli azionisti dei gruppi statunitensi. Le trenta multinazionali della Difesa hanno occupato oltre 1,4 milioni di persone nel 2023 (+20,9% sul 2019 pari a oltre 243mila unità in più), di cui il 69% in forza ai gruppi a stelle e strisce. Sul fronte patrimoniale, le società della Difesa registrano un ammontare di mezzi propri sostanzialmente equivalente a quello dei debiti finanziari a fine 2023, con l’indiana Hindustan Aeronautics più capitalizzata, seguita dalle francesi Dassault Aviation (capitale netto pari a 21,8 volte i debiti finanziari) e Naval Group (8,4). Rispetto al 2019, i mezzi propri sono aumentati del 34,5% e quelli di terzi del 35,4%.
In crescita anche la liquidità (+29,8% sui livelli pre-pandemici), pari al 29,8% dei debiti finanziari a fine 2023. La capitalizzazione aggregata delle multinazionali della Difesa si attesta a 760 miliardi di euro a fine 2023, pari allo 0,8% del valore complessivo delle Borse mondiali. Mediamente la capitalizzazione risulta 4,6 volte i mezzi propri, con le italiane fra le meno valorizzate dalla Borsa: Fincantieri quota 2,2 volte il capitale netto e Leonardo registra un valore di Borsa allineato ai mezzi propri. A fine marzo 2024 la capitalizzazione aggregata sale a 808 miliardi di euro, di cui il 73% in capo ai gruppi a stelle e strisce, con il podio occupato da tre statunitensi con valori di Borsa superiori ai 100 miliardi di euro: RTX (€120,1mld), Boeing (€108,9mld) e Lockheed Martin (€101,3mld).Nel quadriennio 2019-2023 il rendimento azionario dei big della Difesa è pari al +68,7%, il doppio del +34,8% segnato dall’indice azionario mondiale.
I rendimenti del 2022-2023, anni di escalation nella tensione geopolitica globale, hanno consentito ai player della Difesa di recuperare ampiamente il terreno perso nel 2020-2021: la Borsa e gli investitori continuano ad apprezzare il valore della sicurezza. L’industria europea della Difesa risulta sostanzialmente subalterna a quella americana per: inferiori spese degli Stati membri (il bilancio comunitario, $352mld e 14,4% del totale globale, è pari a poco più di un terzo di quello degli Stati Uniti), frammentazione istituzionale delle politiche di Difesa nazionali e scarsa propensione a cooperare. Rendere più competitive le imprese del vecchio continente comporta un consolidamento industriale e un incremento dei progetti congiunti, i cui vantaggi si misurano in termini di maggiore efficienza ed economia di scala e migliore interoperabilità. Investire nella Difesa “ha un ritorno non solo in termini di sicurezza, ma anche in termini di resilienza, competitività industriale e di presidio delle verticali tecnologiche.”