John Elkann, audizione in parlamento: “Sono più i soldi che Fiat ha dato all’Italia di quelli che ha ricevuto”

Il presidente di Stellantis in audizione davanti a deputati e senatori: "Senza di noi, l'auto in Italia sarebbe scomparsa"
John Elkann, audizione in parlamento: cosa ha detto il presidente di Stellantis
Anziché accusarci, dovreste ringraziarci. Questo, in estrema sintesi, il senso dell’attesa audizione di John Elkann, presidente di Stellantis, davanti ai parlamentari italiani. Sono da poco passate le 14.30 del 19 marzo 2025 quando il manager 48enne, nipote di Gianni Agnelli, prende la parola nella Sala Mappamondo di Montecitorio per fare il punto sulle strategie nel nostro Paese della casa automobilistica nata nel 2021 dalla fusione tra Fiat-Chrysler e Peugeot.
Di fronte a Elkann sono schierati i deputati della Commissione Attività produttive della Camera e i senatori della Commissione Industria di Palazzo Madama. Da tempo i parlamentari sollecitavano un suo intervento, ma finora il numero uno di Stellantis aveva sempre declinato gli inviti. Lo scorso ottobre aveva mandato avanti l’amministratore delegato Carlos Tavares – poi dimessosi a dicembre – e lo scontro con i rappresentanti del popolo italiano era stato infuocato.
Elkann – affiancato dal capo Europa di Stellantis, Jean Philippe Imparato, e dalla responsabile Italia, Antonella Bruno – conferma che il nuovo a.d. sarà nominato entro la fine del primo semestre dell’anno. E adotta fin da subito una strategia aggressiva, andando all’attacco senza concedere nulla ai suoi detrattori. “Se non ci fosse oggi Stellantis – dice all’inizio del suo discorso – non saremmo qui, perché l’auto italiana sarebbe già scomparsa da tempo, come l’informatica dopo l’Olivetti e la chimica dopo la Montedison”.
Negli ultimi vent’anni, sottolinea, “la spesa per investimenti in ricerca e sviluppo in Italia è stata pari a 53 miliardi, a fronte di contributi pubblici pari a 1 miliardo: un rapporto fra dare e avere di 50 a 1”. “Spero che da oggi il bilancio dare/avere tra il Paese e l’azienda non sia più un tema divisivo”, chiosa.
Elkann snocciola una lunga serie di dati per argomentare la tesi dell’impegno profuso per l’Italia da Fiat prima e da Stellantis poi. “Negli ultimi 20 anni – ricorda – il mercato domestico è calato del 30%, mentre l’occupazione si è ridotta di circa il 20%. Questo significa che l’azienda ha difeso la produzione e l’occupazione degli stabilimenti del Paese”. Oppure: “Dal 2004 al 2023 Stellantis ha prodotto in Italia 16,7 milioni di autovetture e veicoli commerciali, per un valore complessivo della produzione nazionale di quasi 700 miliardi di euro. Calcolando gli effetti sulla filiera e le ricadute sui consumi delle famiglie, il valore complessivo della produzione in Italia negli ultimi venti anni sale a 1.700 miliardi di euro, con un valore aggiunto di 417 miliardi: per ogni euro di valore creato da Stellantis, se ne generano 9 nel resto dell’economia”.
E ancora: “Nel 2003, quando morì mio nonno Gianni Agnelli, la Fiat Auto fatturava 20 miliardi di euro e ne perdeva 2. Con i suoi 4 marchi vendeva 1 milione e 700 mila veicoli, di cui quasi la metà in Italia, ed era fuori dalla top ten dei costruttori mondiali. Molti parlavano nel 2004 della Fiat come un’azienda spacciata, fallita o da nazionalizzare. Nonostante la situazione drammatica, la mia famiglia si è assunta la responsabilità di difendere l’azienda e chi ci lavorava, investendo nuove risorse e mettendo le basi per il rilancio”.
“Per l’anno in corso – insiste il presidente – stiamo spendendo circa 2 miliardi di euro di investimenti e 6 miliardi di euro in acquisti da fornitori italiani. Dalla sua nascita nel gennaio 2021, Stellantis ha acquistato servizi e componenti dalla filiera italiana dell’auto per un valore di 24 miliardi di euro, che diventeranno 30 alla fine del 2025”.
“Dal 2026 – prosegue Elkann – si prevede un aumento della produzione grazie al lancio di 10 nuovi aggiornamenti di prodotto nelle fabbriche italiane i cui livelli produttivi dipenderanno dal mercato e da fattori esterni come i dazi. Pur in un momento di persistenti difficoltà del settore automotive in Europa, noi continuiamo ad investire in Italia”.
Il 2024 è stato un anno nerissimo per Stellantis, così come per molte altre grandi aziende automobilistiche europee: in Italia si è toccato il record negativo di meno di 300mila autovetture prodotte. “Se oggi in Europa e in Italia si producono meno autovetture – spiega il manager – è una conseguenza della contrazione del mercato di questi ultimi 20 anni. Analogamente, l’aumento della produzione in Europa ed in Italia nel prossimo ventennio dipenderà dalla crescita del mercato, che sarà sempre più elettrico”.
Elkann imputa le difficoltà del settore agli elevati costi di produzione che si registrano nel vecchio continente: “I produttori automobilistici europei – fa notare – stanno affrontando uno svantaggio strutturale rispetto ai loro concorrenti cinesi, pari al 40% del costo manifatturiero complessivo. In particolare, i prezzi dell’energia di paesi produttori di auto europei risultano 5 volte più alti di quelli cinesi. Bisogna inoltre rammentare che per quanto riguarda una Gigafactory, il consumo di energia necessario è 10 volte superiore a quello di uno stabilimento produttivo di autovetture. Per questa ragione, l’Europa dovrebbe far scendere i prezzi dell’energia a valori competitivi globali e di mantenerli a livelli costanti e prevedibili”.
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“Il costo della batteria ad oggi rappresenta fino al 45% del costo totale del veicolo elettrico”, continua Elkann. “Oggi sono attive 263 gigafactory in tutto il mondo: 214 sono localizzate in Cina, solo 13 in Europa. Le aziende cinesi hanno il primato del mercato, non solo in termini di produzione ma soprattutto di tecnologia. L’impegno della Commissione europea di mettere a disposizione 1,8 miliardi di euro con l’Industrial Action Plan per produrre batterie a livello europeo è uno sforzo iniziale ma non sufficiente a colmare il divario con la Cina”.
Secondo il presidente di Stellantis, “il settore automobilistico europeo si trova in una fase critica, dovendo far fronte alla crescente pressione esercitata dagli obiettivi normativi in materia di CO2 e alla diminuzione della propria competitività globale. Questo settore – sottolinea – è un esempio chiave della mancanza di pianificazione, a cui è stata imposta una rigida politica climatica senza aver creato le condizioni industriali che la favoriscano. Le norme sulla decarbonizzazione hanno creato un mercato frammentato e non omogeneo”.
“In Stellantis – prosegue Elkann – continuiamo a sostenere che l’elettrificazione è lo strumento più efficace per raggiungere la decarbonizzazione. Allo stesso tempo, per centrare gli obiettivi climatici del 2035 è necessario utilizzare l’intera gamma di tecnologie a basse e zero emissioni, sia per i nuovi veicoli che per la flotta esistente. Le modifiche al regolamento CO2 annunciate due settimane fa dalla Commissione europea vanno nella direzione di posticipare gli oneri a carico dei costruttori che non riescono a rispettare gli obiettivi nel breve termine. Si tratta tuttavia di interventi di corto respiro, che non danno la necessaria certezza al mercato”.
L’auspicio è quello di “trovare il punto di sintesi capace di conciliare la sostenibilità ambientale con quella economica e sociale”. “Nel frattempo – fa notare il numero uno di Stellantis – è urgente potenziare l’infrastruttura di ricarica: la mancanza di una solida rete di colonnine scoraggia gli acquirenti di veicoli dall’optare per i modelli elettrici. Nonostante i progressi compiuti negli ultimi anni, il ritmo di installazione rimane troppo lento e non sufficiente a convincere i clienti a passare all’elettrico. Quasi il 60% di tutte le stazioni di ricarica europee si trova in soli tre paesi: Germania, Francia e Olanda. In Italia ci sono meno di un terzo delle colonnine installate in Olanda”.
“Il nostro settore – conclude Elkann – fra 20 anni produrrà soprattutto automobili elettriche. Cina e Stati Uniti stanno definendo una politica industriale per l’auto, con normative e risorse orientate a raggiungere i loro interessi nazionali. Noi auspichiamo che ciò possa accadere presto anche in Europa. Perché in questo mestiere definire un quadro chiaro è fondamentale per tutti gli attori: costruttori, sindacati, fornitori, concessionari e clienti”.
Le reazioni all’audizione di John Elkann
Elly Schlein, segretaria del Pd: “Incomprensibile lo stop di Acc alla gigafactory di Termoli. Non possiamo come Europa rinunciare alla produzione di auto, bisogna capire come sostenere il settore. Stellantis deve mantenere i suoi impegni, ma serve un intervento forte anche da parte del governo italiano. E in Europa serve un piano straordinario per l’auto. Condividiamo la preoccupazione dei sindacati per il crollo della produzione e per l’incertezza sul futuro” dei lavoratori”.
Chiara Appendino, deputata del M5S: “l’audizione non ha sciolto i dubbi. Cosa intendete fare per invertire la tendenza in atto, a partire dal crollo delle vendite. Volete ancora produrre auto? non si capisce. Difficile credere alla sue parole. Visto che diversi modelli li produrrete all’estero”.
Carlo Calenda, segretario di Azione: “Manca un’assunzione di responsabilità, quest’anno siamo arrivati ai minimi di produzione”
Michele De Palma, segretario generale della Fiom-Cgil: “La comunicazione di oggi in Parlamento del presidente di Stellantis, John Elkann, conferma le nostre preoccupazioni. Non sono emerse novità rispetto a quanto annunciato nell’incontro al Mimit del 17 dicembre scorso riguardo alle missioni produttive dei singoli stabilimenti. Il presidente di Stellantis se davvero vuole rilanciare il suo gruppo nel nostro Paese, smetta di delegare e si assuma in prima persona la responsabilità di amministratore delegato e si pianifichino investimenti di risorse visto che possiede parte importante della proprietà. Le incertezze occupazionali rimangono con il piano confermato oggi. La mancanza di investimenti sulla ricerca, sviluppo e l’assenza di prospettiva produttiva industriale, ci dice che i numeri del 2025 saranno peggiori di quelli di un 2024 già drammatico”.
Edi Lazzi, segretario della Fiom-Cgil di Torino: “Ho la netta impressione che Elkann stia utilizzando una strategia gattopardesca: cambiare tutto, affinché nulla cambi, così annuncia che ci sarà a breve un nuovo amministratore delegato, cambia l’atteggiamento del gruppo in uno più conciliativo, ma nei fatti concreti non dice nulla. E infatti oggi non ci sono novità per Mirafiori, Elkann non ha detto niente su nuove produzioni, a parte la conferma della 500 ibrida annunciata già mesi fa e soprattutto non parla di assunzioni che permetterebbero di rilanciare Mirafiori evitandone l’eutanasia che si verificherà fra sette anni in quanto tutti gli operai saranno in pensione”.
Rocco Cutrí, segretario della Fim-Cisl di Torino: “Le dichiarazioni del presidente Elkann lasciano intendere la decisione definitiva di spostare la restante produzione Maserati a Modena. Questo rappresenta l’atto finale del progetto Polo del Lusso. In quattro anni Torino ha perso tutti i modelli Maserati. Occorre quindi un confronto con l’Azienda per discutere di qualcosa in sostituzione delle produzioni perse. La missione produttiva di Mirafiori va tutelata. Bene la 500 ma serve altro per evitare ulteriore ridimensionamento. Necessario anche riempire di contenuti concreti il futuro Green Campus per sostenere le attività impiegatizie e di ricerca e sviluppo”.
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