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L’Italia verso la Fase 2 dell’emergenza Coronavirus: il parere di Paolo Galassi, Presidente di A.P.I.

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Il Governo e la nuova Task Force sono al lavoro sulla fase 2, ma gli effetti della serrata sulle imprese sono devastanti. Le misure sono inadeguate. A rischio chiusura circa un milione di PMI

L’Italia verso la Fase 2 dell’emergenza Coronavirus: il parere di Paolo Galassi, Presidente di A.P.I. (Associazione Piccole e Medie Industrie), aderente a Confartigianato

“Il Governo e la nuova Task Force sono al lavoro sulla fase 2, ma gli effetti della serrata sulle imprese sono devastanti. Le misure sono inadeguate. A rischio chiusura circa un milione di PMI. Serve un piano strategico di intervento chiaro e un coordinamento centralizzato a livello UE”, afferma Paolo Galassi.

Dal primo caso accertato di Coronavirus in Italia, la curva epidemica dei contagi totali, dopo due mesi di continua crescita, segna il 17esimo giorno consecutivo di calo a livello nazionale. Il primo segnale incoraggiante, che apre finalmente qualche spiraglio all’attuazione della seconda fase di riapertura, seppur graduale, di tutte le attività. Dopo mesi di lockdown, dalle ultime stime dei dati macroeconomici, si temono una contrazione del PIL tra il 5 e l’11,5% e la chiusura, entro l’anno, di circa 1 milione di PMI su tutto il territorio italiano.

Un danno inestimabile, per l’economia nazionale, che richiama urgentemente la necessità di porre in atto interventi sinergici, anche a livello europeo, per rilanciare il sistema produttivo e recuperare la competitività del Paese, con uno sguardo rivolto sia all’interno, sia alle relazioni internazionali e al supporto dell’intera catena del valore. Ma le misure, ad oggi messe in atto, non sono adeguate a fornire il supporto auspicato, per contenuti, modalità e tempistiche di applicazione: l’accavallarsi di provvedimenti complessi, il continuo conflitto tra Regione-Governo nell’attuazione dei decreti, complici le inefficienze del sistema che tarda a chiarire le procedure da seguire, stanno generando malcontento tra gli imprenditori e, ancor più grave, situazioni di concorrenza sleale tra imprese.

“Quella che stiamo affrontando è, senza dubbi, un’emergenza sanitaria senza precedenti, che si sta combattendo, in prima linea, tra le corsie delle terapie intensive e, a livello politico, a “colpi” di DPCM, emanati in rapida successione dal Governo per cercare di contenerne non solo la diffusione ma anche l’inevitabile impatto economico”.

“Tuttavia” – interviene Paolo Galassi – “questo continuo legiferare ha generato una situazione di grande confusione. Mancano delle linee guida, chiare e uniformi, sulle procedure attuative con notevoli ritardi di accesso agli strumenti di sostegno. In un momento storico di emergenza come questo, dunque, in cui “semplificare” doveva essere la parola d’ordine, l’eccesso di burocrazia ha reso tutto più complesso. Partendo, ad esempio dal punto di vista fiscale, dalla gestione delle proroghe e delle sospensioni dei versamenti, nelle quali si fa una differenziazione tra il mese di marzo ed aprile, in relazione agli stessi mesi dell’anno precedente, per i quali è necessario dimostrare un calo di fatturato. Sarà difficile orientarsi per i contribuenti, ma il vero problema restano gli incassi. I versamenti fiscali e previdenziali risultano un ulteriore punto cruciale: appare infatti troppo breve il periodo di sospensione e troppo vicina la data della ripresa della riscossione. Se le imprese non hanno incassato, come si pensa possano pagare? In un’ottica di “semplificazione” e aiuto, sarebbe stato preferibile optare per una sospensione generalizzata fino ad ottobre, per poi procedere a dei versamenti rateizzati. A nostro avviso andrebbe fatta una cancellazione di alcuni adempimenti e lo Stato dovrebbe pagare i suoi debiti con le imprese, senza incasso non dovrebbero esserci tasse da pagare! La situazione non è diversa sul fronte finanziario”.

“Anche qui, infatti, le lungaggini burocratiche ci sono e sono ugualmente problematiche. Le banche stanno attuando solo ora le direttive del 17 marzo finalizzate alla sospensione delle rate dei finanziamenti. Questo lascia presagire che l’erogazione di ulteriori nuovi fondi non sarà immediata e, non avverrà prima di 45/60 giorni dall’uscita del Decreto: gli Istituti di credito non sono strutturati in questo momento per gestire l’emergenza e l’eccessiva burocrazia nella gestione delle pratiche di certo non aiuta. Ci chiediamo come sia possibile che in Svizzera o in Germania i soldi arrivino direttamente dallo Stato alle Imprese in pochi giorni, mentre in Italia sia necessario passare per intermediari, con pesanti ricadute in termini di tempestività e costi”.

“Gli imprenditori sono molto preoccupati e allo stremo delle forze: molte imprese potrebbero non riaprire e questo avrà un forte impatto sull’occupazione e sul sistema Italia. Lo Stato di fatto chiede alle imprese di indebitarsi, di chiedere prestiti sul mancato fatturato. Le cifre proposte per altro non sono adeguate. Le misure vanno basate sulle reali esigenze delle imprese. Le PMI lombarde, nostre associate, stanno registrando perdite di fatturato di oltre il 70% e, ad oggi, abbiamo già richieste di cassa integrazione da oltre 500 imprese per circa 10.000 lavoratori. In questo scenario, dunque, è indispensabile agire subito, con azioni fattive e concrete, per assicurare la sopravvivenza delle piccole e medie realtà manifatturiere come, ad esempio: garantire i pagamenti per evitare che il “contagio” dell’insolvenza metta rapidamente in difficoltà tante aziende; incentivare la patrimonializzazione, premiando gli imprenditori che mettono in azienda i propri risparmi per garantirne la continuità e, infine, tutti i pagamenti verso lo Stato dovrebbero essere almeno prorogati di ulteriori 60 giorni con una burocrazia azzerata”.

“In questi giorni il Governo è al lavoro per la definizione di un piano articolato volto all’allentamento delle misure restrittive agli spostamenti, in modo graduale, su tutto il territorio nazionale. In tal senso, ci dispiace dover prima di tutto sottolineare come, nella definizione della Task Force di professionisti, istituita per gestire il post Covid-19, gli Imprenditori siano stati nuovamente lasciati fuori: sarebbe invece stato utile coinvolgere chi fa impresa, produce e conosce la filiera produttiva italiana ed estera, chi si trova quotidianamente a dover garantire l’occupazione. Gli Imprenditori sono sempre stati disponibili”, tiene a sottolineare ancora Galassi.

“Ma ora le attese sul nuovo piano sono ancor più elevate. Ci aspettiamo dal Governo linee guida chiare, con un programma organico e puntuale di interventi per traghettare l’attività delle imprese fuori dall’emergenza, evitando il più possibile forme di sostegno ‘a debito’. Sono tre i pilastri fondamentali su cui concentrarsi: in primis la sicurezza dei cittadini e dei lavoratori, la riapertura graduale di tutte le attività, con la previsione di un piano di credito alle Imprese e di ripresa economica. In tal senso, occorre lavorare per far ripartire la domanda sul mercato, soprattutto interno, garantendo posti di lavoro e stipendi, vanno favoriti gli acquisti delle PA di prodotti e servizi di aziende italiane e riaprire i cantieri, anche delle grandi opere. Infine, occorre puntare alla sburocratizzazione delle procedure per velocizzare l’applicazione delle diverse misure.”

“In qualità di portavoce delle istanze delle PMI associate, A.P.I. sta continuando nella sua attività di rappresentanza ai tavoli istituzionali, nazionali e locali, perché è indispensabile ora più che mai continuare a tenere alta l’attenzione sulle reali necessità degli Imprenditori”.

“Siamo pronti” – puntualizza Galassi – “a visionare e a commentare, punto per punto, l’intero programma operativo di intervento che sarà presentato in questi giorni dal Governo, ma, nel frattempo, guardiamo avanti e iniziamo a lavorare attivamente a un’ulteriore fase di questa pandemia: al rilancio della competitività a livello globale, attraverso la proposta di misure e interventi integrati.”

“Ci aspettiamo, infine, che l’Unione Europea si faccia finalmente carico del proprio ruolo e si muova compatta verso l’assunzione di decisioni comuni e condivise a tutela dei cittadini e delle imprese. In tal senso, giovedì 23 aprile, il Consiglio Europeo sarà chiamato a formalizzare l’indirizzo politico sui nuovi strumenti finanziari anti-Covid a livello comunitario. È l’ultima chiamata: in gioco c’è molto di più della semplice definizione di un programma di interventi, c’è il futuro dell’Unione Europea, che già in più occasioni ha tradito le nostre aspettative, mancando fede proprio a quei principi di unità, per cui era stata creata. Ma l’unico modo per poter uscire da questa pandemia globale è farlo uniti e, per far ciò è indispensabile che l’UE funga da regista, per coordinare in modo congiunto i Paesi membri, evitando altresì forme di concorrenza sleale tra nazioni.”

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