L’Istat: “L’abolizione del Reddito cittadinanza ha fatto aumentare le disuguaglianze”

La sostituzione del Rdc con l'Assegno di inclusione ha ridotto le disponibilità economiche per 850mila famiglie. L'incide Gini è passato dal 30,25% del 2023 al 30,40% del 2024
L’Istat: in Italia nel 2024 sono aumentate le disuguaglianze
Le politiche del Governo Meloni hanno prodotto un aumento delle disuguaglianze in Italia: nel nostro Paese l’indice Gini – utilizzato a livello internazionale per misurare la diseguaglianza nella distribuzione del reddito – è aumentato dal 30,25% del 2023 al 30,40% del 2024. Lo rileva l’Istat nel suo rapporto sulla redistribuzione del reddito in Italia pubblicato ieri, lunedì 17 marzo 2025.
Secondo l’Istituto nazionale di statistica, “le modifiche al sistema di tasse e benefici introdotte nel corso del 2024 diminuiscono in lieve misura l’equità della distribuzione dei redditi disponibili delle famiglie”.
In particolare, la sostituzione del Reddito di cittadinanza con l’Assegno di inclusione ha significativamente ridotto le disponibilità economiche per circa 850mila famiglie e questo peggioramento, nel complesso, non è stato compensato dagli interventi effettuati dal centrodestra sul sistema fiscale e contributivo.
Ricordiamo che, sempre secondo l’Istat, a fine 2023 in Italia si contavano 2,2 milioni di famiglie in povertà assoluta, pari a 5,7 milioni di individui, ossia il 9,7% della popolazione. Si tratta di persone che non hanno denaro sufficiente per comprare beni di prima necessità.
Disuguaglianze: la sostituzione del Rdc con l’Adi
A partire dal primo gennaio 2024 il Reddito di cittadinanza è stato sostituito da una nuova misura di contrasto alla povertà denominata Assegno di inclusione (Adi): in questo modo sono state escluse dal sussidio le persone “occupabili” secondo i parametri adottati dal Governo, ossia tutti coloro che vivono in un nucleo familiare in cui non ci sono disabili, minorenni o persone sopra i 60 anni e che non sono seguiti da programmi di assistenza socio-sanitaria.
Gli esclusi, se non arrivano ai 6mila euro di Isee, hanno diritto al Supporto per la Formazione e il Lavoro (Sfl): un contributo di 350 euro mensili (saliti a 500 euro dal 2025) che si può percepire per un massimo di 12 mesi non rinnovabili a condizione di iscriversi a programmi di politiche attive del lavoro.
Il Reddito di cittadinanza raggiungeva tra gli 1 e gli 1,5 milioni di nuclei familiari, mentre oggi l’Assegno di inclusione arriva a poco meno di 760mila nuclei, a cui vanno sommati i circa 100mila individui che hanno diritto al Supporto per la Formazione e il Lavoro.
Secondo i dati dell’Istat, nel 2024 l’abolizione del Reddito di cittadinanza – che peraltro era già stato depotenziato nel corso del 2023 – e la sua sostituzione con l’Assegno di inclusione ha comportato un peggioramento dei redditi disponibili per circa 850mila famiglie, pari al 3,2% delle famiglie residenti in Italia.
La perdita media annua per queste famiglie è stata di 2.664 euro e ha interessato quasi esclusivamente le famiglie che appartengono alla fascia più povera della popolazione. In tre quarti dei casi (620mila famiglie) il nucleo familiare ha totalmente perso il diritto al sussidio, mentre il restante quarto di nuclei (230mila) è risultato svantaggiati dal nuovo metodo di calcolo del sostegno economico.
Per circa 400mila famiglie – rileva l’Istat – il passaggio da Rdc ad Adi non ha comporta alcuna variazione del reddito disponibile: questi nuclei hanno continuato a ricevere lo stesso importo di prima.
TPI esce in edicola ogni venerdì
Infine, un gruppo esiguo di famiglie (circa 100mila) ha riscontrato un beneficio dal passaggio all’Assegno di inclusione, ritrovandosi in tasca in media 1.216 euro euro in più a fine anno. Il vantaggio, per questi nuclei, è derivato dal diverso trattamento dei componenti con disabilità insito nel metodo di calcolo della scala di equivalenza dell’Adi rispetto a quella del Rdc.
L’effetto della riforma Irpef e del taglio dei contributi
Dal primo gennaio 2024 è entrata in vigore la riforma dell’Irpef varata dal Governo che ha eliminato lo scaglione di reddito tra i 15mila e i 28mila euro – a cui si applicava un’aliquota del 25% – facendolo confluire nel primo scaglione a cui si applica un’aliquota del 23%. Il centrodestra ha inoltre confermato per tutto il 2024 il taglio dei contrubuti che prevede una riduzione di 6 punti nell’aliquota per i lavoratori dipendenti con retribuzione annua lorda inferiore a 35mila euro e di 7 punti per quelli con retribuzione inferiore a 25mila euro.
L’Istat stima che l’effetto incrociato di questi due interventi abbia prodotto un innalzamento dei redditi per 11,8 milioni di famiglie, ossia quasi il 45% del totale delle famiglie italiane. Questi nuclei hanno avuto un beneficio in media di 586 euro in un anno.
In valori assoluti, ci hanno guadagnato di più le fasce della popolazione più benestanti: il quinto più ricco delle famiglie italiane si è messo in tasca 866 euro in più, mentre il “guadagno” registrato dal quinto più povero è stato di 284 euro. In valori percentuali, invece il quinto più ricco ha visto migliorare il proprio reddito dello 0,9%, a fronte dell’1,4% del quinto più povero.
L’Istat stima peraltro che l’effetto combinato della riforma dell’Irpef e della decontribuzione abbia peggiorato i redditi disponibili per circa 300mila le famiglie (l’1,2% dei nuclei residenti in Italia). Per queste, la perdita è stata in media di 426 euro, riconducibile in larga parte alla perdita del diritto al trattamento integrativo dei redditi da lavoro dipendente (il cosiddetto “Bonus Irpef”).
Sono circa 9,6 milioni le famiglie che non sono state interessate dal taglio sui contributi: per queste, la riforma dell’Irpef ha prodotto un calo delle tasse tradottosi in 251 euro in più a fine anno.
Infine, circa 750mila le lavoratrici madri hanno beneficiato dell’esonero totale dei contributi, per un “guadagno” pari a poco più di 1.000 euro. Un quarto di queste – avendo una retribuzione annua lorda superiore ai 35mila euro e non essendo destinatarie dell’esonero parziale previsto per i dipendenti nel 2023 -ha registrato il guadagno medio maggiore, pari a oltre 1.800 euro.
Disuguaglianze in Italia: nel 2024 aumenta l’indice di Gini
Secondo l’Istat, mettendo insieme tutti gli interventi – passaggio dal Rdc all’Adi, riforma dell’Irpef e decontribuzione – l’80,9% delle famiglie ha ottenuto un beneficio pari a 458 euro nel 2024, pari a un aumento medio dell’1% del reddito disponibile (dall’1,6% del quinto più povero allo 0,7% del quinto più ricco).
Poco meno di 1,2 milioni di famiglie, invece, hanno registrato una perdita che è stati pari in media a circa 2mila euro. La stragrande maggioranza di questi nuclei rientra nel quinto più povero della popolazione italiana.
La sostituzione del Reddito di cittadinanza con l’Assegno di inclusione ha prodotto – stando sempre ai calcoli dell’Istat – un aumento di oltre 0,2 punti dell’indice di Gini. Questo impatto negativo sulle disuguaglianze solo parzialmente è stato compensato dal lieve effetto positivo connesso alla riforma dell’Irpef e al taglio dei contributi, che complessivamente avrebbero ridotto l’indice di Gini di 0,05 punti.
In conclusione, quindi, nel 2024 in Italia l’indice di Gini è aumentato da 30,25% a 30,40%. Così, sotto il Governo Meloni, le disuguaglianze aumentano.
LEGGI ANCHE: In Italia sale la pressione fiscale e frena la propensione al risparmio: i dati dell’Istat