Fusione Fca-Psa, anche i lavoratori nel Cda: la novità assoluta basata sul modello tedesco
Nel futuro Cda ci saranno due membri in rappresentanza dei lavoratori di Fca e del gruppo Psa: una novità assoluta per l'Italia, ma non per altri Paesi che già da anni adottano il cosiddetto "modello tedesco"
Fusione Fca-Psa, i lavoratori nel Cda: novità assoluta | Modello tedesco
Tra le tante novità della neonata azienda creata dalla fusione tra Fca e Psa, di sicuro quella destinata a fare più discutere è l’ingresso dei lavoratori nel Cda dell’azienda. “Al perfezionamento dell’operazione – si legge nel comunicato ufficiale sulla fusione tra Fiat Chrysler Automobiles e i vari marchi Peugeot, Citroën, DS, Opel e Vauxhall Motors- il consiglio di amministrazione della nuova società includerà due membri in rappresentanza dei lavoratori di Fca e del gruppo Psa”.
Non era mai successo, nella lunga storia della Fiat, che un lavoratore ottenesse il diritto di sedere nel consiglio di amministrazione. Ma adesso, nel futuro cda, quella che in molte parti del mondo viene considerata una garanzia di rappresentanza di chi – con il lavoro quotidiano – sostiene attivamente l’azienda, diventerà realtà.
L’idea della presenza dei lavoratori nel Cda proviene dal cosiddetto modello tedesco, mutuato a sua volta da una pratica comune negli Stati Uniti. E anche se presumibilmente, nei prossimi mesi, ci saranno discussioni su quale delle sigle sindacali italiane debba mandare il suo rappresentante nel Cda, si tratta comunque di una novità apprezzata da tutti i sindacati.
Il nuovo gruppo nato dalla fusione di Fca e Psa vedrà dunque John Elkann alla presidenza, Carlos Tavares nel ruolo di ceo e 11 membri del Cda, con una maggioranza di consiglieri indipendenti. Compresi le due “tute blu” nominate dai lavoratori delle due anime della neonata azienda.
Fusione Fca-Psa, cos’è il “modello tedesco”
Come già anticipato, la presenza dei lavoratori nel Cda di un’azienda proviene da quello che viene definito “modello tedesco”, ovvero il “Mitbestimmung” (letteralmente co-decisione).
In base alla normativa tedesca, mutuata come già detto da un’usanza americana, nelle grandi e medie aziende i lavoratori eleggono sia il consiglio di fabbrica sindacale sia i loro rappresentanti negli organi direttivi con pieni poteri, alla pari degli azionisti.
Un modo per dare ai lavoratori, parte attiva del processo produttivo di ogni tipo di azienda, pari dignità degli azionisti. E che adesso la nuova Fca-Psa proverà a introdurre per la prima volta anche in Italia.
Gli altri esempi nel mondo
Secondo l’ultimo rapporto Employment Outlook dell’Ocse, in molti Paesi del mondo sono attive delle forme di partecipazione dei lavoratori nella gestione di società private: dall’Austria alla Danimarca, passando per Finlandia, Francia, Ungheria, Lussemburgo, Paesi Bassi, Norvegia, Polonia, Slovacchia, Slovenia e Svezia.
Diverso, invece, per i lavoratori appartenenti a imprese statali. In questo caso, la possibilità di sedere all’interno dei Cda è prevista in Cile, Grecia, Irlanda, Israele, Polonia, Portogallo e Spagna.
La nomina dei rappresentanti può spettare sia ai lavoratori, che ai sindacati.
Il punto di vista dei sindacati
La presenza dei lavoratori nel Cda di Fca-Psa è stata accolta con favore da tutte le sigle sindacali. “È un fatto importante – ha sottolineato la segretaria generale della Cisl, Annamaria Furlan – e davvero positivo. Questo è il modello di democrazia economica che la Cisl ha sempre proposto per cambiare il modello capitalistico, nel segno della partecipazione dei lavoratori, per modernizzare le relazioni industriali, coinvolgendoli nelle scelte e nelle decisioni aziendali per alzare i salari, la produttività e la qualità. Speriamo che anche altre grandi aziende seguano questo modello partecipativo. Ed è importante che il nuovo gruppo industriale abbia chiarito che non ci saranno chiusure di stabilimenti”.
“La partecipazione diretta di due rappresentanti dei lavoratori nel nuovo cda – hanno osservato Francesca Re David, segretaria generale Fiom-Cgil e Michele De Palma, segretario nazionale Fiom-Cgil e responsabile automotive – è un fatto innovativo. Per rendere veramente democratica l’innovazione è necessario che siano le lavoratrici e i lavoratori a eleggere i propri rappresentanti. Accanto a questo è necessario un rafforzamento e un rinnovamento delle relazioni sindacali e dei diritti dei lavoratori nel contrattare la propria condizione”.
Sulla stessa linea anche l’Ugl: “È un segnale di grande sviluppo economico e sociale – ha detto il segretario generale Paolo Capone -. La partecipazione dei lavoratori alla gestione delle imprese è uno dei principi fondanti dell’UGL fin dagli anni Cinquanta e rappresenta una delle battaglie più importanti portate avanti dal sindacato, in quanto fattore strategico e elemento di inclusione”.