L’Europa pressa l’Italia sul Mes, ma Meloni frena
Continua il pressing dell’Unione europea sul governo italiano per la ratifica della riforma del Meccanismo europeo di stabilità (Mes), con il presidente dell’Eurogruppo Paschal Donohoe che chiede ancora una volta di “andare avanti”. Lo strumento, si sa, è poco gradito, per usare un eufemismo, dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni.
Per il momento il tema, già al centro di discussioni e battaglie politiche, non è nell’agenda dell’esecutivo, anche se dalla prossima settimana si aprirà il confronto in Parlamento. La premier dal canto suo invita a non discuterne “a monte ma a valle”, e chiede un ragionamento “in un quadro complessivo”: parlando di gestione delle crisi bancarie, dice, la ‘rete di sicurezza’ (backstop) del Mes “è una sorta di Cassazione. L’Unione bancaria sono il primo e il secondo grado” con “strumenti più efficaci”.
I leader dei Paesi dell’euro riuniti a Bruxelles per l’Eurosummit hanno deciso di provare ancora una volta ad accelerare sull’Unione bancaria, in un periodo di grande fibrillazione, dopo il fallimento della Silicon Valley Bank negli Stati Uniti.
Quanto al Mes, l’Italia è sempre più sola: è infatti l’ultimo degli aderenti a non aver ratificato la riforma voluta per dare al ‘fondo salva-Stati’ anche il ruolo di ‘fondo salva-banche’. “Abbiamo bisogno di garantire che il Fondo di risoluzione unico abbia il sostegno necessario” per “assicurare che se ci saranno difficoltà bancarie non chiediamo ai contribuenti nazionali di pagare”, sostiene Donohoe. Il legame tra Mes e il Fondo di risoluzione dovrà essere in funzione dal primo gennaio 2024, chiede. Quanto al modo per ratificare il trattato rivisto “spetta al Parlamento italiano e, naturalmente, al Governo italiano”.
Mercoledì prossimo, intanto, partirà l’iter in commissione Esteri della Camera delle proposte di legge di ratifica del Mes presentate da Pd e dal Terzo Polo. La ratifica della riforma del Mes è nel calendario d’Aula di aprile.