Coronavirus: emergenza mascherine, multinazionale italiana rientra in patria e avvia produzione a Bologna: 120 assunti
Coronavirus, emergenza mascherine: produttore italiano rientra in patria
Tutti i produttori di mascherine sanitarie in Italia sono stati – per decreto – cooptati a rifornire, prima di tutto, Protezione Civile e Ministero della Salute, che poi, a loro volta le smisteranno in base a criteri di preminenza. Per essere chiari, in Italia i produttori di mascherine standard/chirurgiche si contano sulle dita di una mano (5), e solamente due producono mascherine filtranti Ffp3: le uniche in grado di bloccare il virus (0,02 micron). La Lombardia, da sola, ha un fabbisogno di 3 milioni di mascherine al mese.
Per dare una dimensione dell’emergenza, prima dell’allerta Coronavirus, l’ospedale Sacco di Milano, utilizzava 45mila mascherine l’anno. Oggi, in piena pandemia, al Sacco ne servono 5mila al giorno. È necessaria una riconversione del sistema produttivo, per riuscire a stare al passo della pandemia.
Per ora, la Gvs filter technology, società multinazionale di origine bolognese, è riuscita ad allestire tre linee produttive complete (per mascherine Ffp3). Mercoledì 18 marzo partirà la produzione. Sono 120 i dipendenti appena assunti per riuscire ad avere un ciclo continuo su 3 turni, h 24.
La Gvs, fino ad oggi, ha prodotto questi dispositivi nei suoi stabilimenti esteri, ma l’amministratore delegato, Massimo Scagliarini, ha scelto di tornare in Italia per evitare il blocco dell’export e dare una mano concreta.
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La tecnologia (Zola Predosa, Bologna) è tutta italiana: “Possiamo produrre 150mila pezzi al mese di mascherine Ffp3, le uniche in grado di garantire una ritenzione di virus e batteri”, spiega Scagliarini. “Tra due settimane, a pieno regime, arriveremo a 650mila al mese”. Le materie prime per produrre le mascherine sono in parte italiane e in parte arrivano dal Regno Unito: “Al momento, in stock, c’è materiale a sufficienza per coprire la produzione per 3/4 mesi, se necessario”.
Le mascherine Ffp3 sono fondamentali, e molti professionisti del settore sanitario ancora non ne dispongono. In alcuni ospedali si fatica a trovare Dpi (dispositivi protezione individuale) completi. Non solo, ci sono figure, come i farmacisti, che non hanno alcun dispositivo in dotazione, pur avendo contatti con un largo pubblico (anche in stato febbrile), rischiando di diventare i “nuovi untori del contagio”, opinione espressa senza troppi giri di parole da Giovanni Zorgno, presidente dell’Ordine dei farmacisti di Savona.
La Cina pre Covid-19 produceva 20 milioni di mascherine al giorno, oggi ne produce 120 milioni al giorno. Una riconversione produttiva che ricorda la seconda guerra mondiale. Sono state cooptate aziende hi-tech di ogni grado, dalle fabbriche di Jet militari fino a quelle di imballaggi per iPhone. Questo significa, per la Cina, avere a disposizione 700 imprese altamente tecnologizzate in grado di riconvertirsi in poche settimane in base alle esigenze del paese. L’Italia è in attesa di 2 milioni di mascherine dalla Cina, e di altri rifornimenti sanitari.
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