Caso EasyJet, la provocazione dei pubblicitari: “Brutta gaffe, ma il brand Italia va tutelato”
ADCI (Art Directors Club Italiano) propone un'authority per proteggere l'immagine del Paese: "Abbiamo un problema di reputazione che danneggia la nostra economia"
Caso EasyJet-Calabria, pubblicitari: “Gaffe, ma c’è problema di reputazione su brand Italia”
Oggi impazza la polemica sul post di Easyjet dove si scrive – pur con intenti positivi e promozionali del viaggio – che la Calabria “soffre di un’evidente assenza di turisti a causa della sua storia di attività mafiosa e di terremoti” (immediate rettifica e scuse della compagnia a seguito dell’indignazione su social); ma ‘ieri’ era invece la rivista francese AutoMoto che per dimostrare la capacità di carico di un (incolpevole) Suv, vi stiva dentro un uomo incaprettato con tanto di colonna sonora de ‘Il Padrino’, visto che il test-drive si stava svolgendo in Sicilia.
Tra i casi recenti c’è anche la filiale austriaca di McDonald’s, che con una campagna pubblicitaria lanciava con un gioco di assonanze il panino per veri mafiosi. Oppure, durante l’emergenza-Covid, il famoso spot di Canal+ sulla pizza ‘Corona’, con un pizzaiolo italiano che vi sputava sopra durante la preparazione.
“Grandi cadute di stile, ingenuità, o provocazioni non importa”, commenta Vicky Gitto, presidente dell’ADCI (Art Directors Club Italiano), l’associazione che da 35 anni riunisce i migliori professionisti del settore della pubblicità e della comunicazione. “È chiaro che tutto ciò ci penalizza, ma dovremmo iniziare, per una volta a non prendercela con gli altri e iniziare a pensare che sul tema, come Italia, abbiamo un serio e atavico problema di quella che si definisce la nostra brand reputation, ovvero il percepito che il pubblico ha verso una marca”.
La proposta di ADCI: “Un’authority nazionale per sconfiggere questi stereotipi che danneggiano la nostra economia e ci mortificano da troppo tempo”
“Mettiamoci un punto – prosegue Gitto – e ragioniamo sull’ipotesi di una grande campagna di riabilitazione del brand Italia, che in genere è un marchio meraviglioso e apprezzato in tutto il mondo, basti pensare che Made in Italy è sinonimo principe e indiscusso di qualità e bellezza, laddove esso oggi soffre. Appunto il percepito ‘Italia-mafia’”.
“Sconfiggere questi luoghi comuni ritengo sia molto più che possibile, se lo si vuole”, continua il presidente ADCI. “Ma facciamolo sul serio è in maniera organizzata, con un’authority nazionale che lavori sull’immagine del brand Italia e sul marketing territoriale, in maniera consistente, coordinata e professionale. Identifichiamo i pochi punti di debolezza del brand-Italia e lavoriamoci per modificarne il percepito in positivo; anche e soprattutto a livello internazionale”.
FIAVET: “Necessario difenderci da preconcetti che generano calo di turisti e insicurezza. Sì all’authority”
“Fermo restando il costante e importantissimo lavoro di ENIT, Agenzia Nazionale del Turismo, che si prodiga nel mondo per promuovere il turismo verso il nostro Paese, abbiamo veramente bisogno di difenderci da attacchi di immagine di questo tipo al ‘brand Italia’, una missione del tutto differente”, commenta Ivana Jelinic, presidente di Fiavet (Federazione Italiana Associazioni Imprese Viaggi e Turismo).
“La chiusura mentale che è all’origine di questi preconcetti non può essere sconfitta se non attraverso una lunga evoluzione della cultura sociale. Da grandi società con dipartimenti di comunicazione all’avanguardia ci si attenderebbe tuttavia una visione delle comunicazione meno scorretta e retrograda. Queste battute generano cali in borsa, cali di afflussi turistici, insicurezze negli acquisti di viaggio, crollo di relazioni con i nostri corrispondenti all’estero. Insomma, perdite di denaro. Quindi non guasterebbe avere un’Authority a garanzia del rispetto del ‘marchio Italia’, perché quando ci sono perdite economiche per una ‘boutade’ occorre che ci siano sanzioni economiche per correggerla”, conclude Ivana Jelinic.
“Authority sì, ma con portafoglio: va centralizzata una parte dei budget locali per la promozione del territorio”
“Facilmente – aggiunge Davide Ciliberti, esperto di comunicazione del gruppo Purple & Noise PR – questo dovrà necessariamente passare per una centralizzazione dei budget di promozione territoriale, o almeno di parte di essi, gestiti non-sinergicamente da enti e amministrazioni regionali o locali. Un budget complessivamente strabiliante che perde di efficacia laddove frammentato in migliaia di rivoli e facilmente in mano più che a esperti che potrebbero mettere quei soldi a profitto per il territorio, dal gusto personale di funzionari o amministratori locali”.