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Bonus famiglia 2020: cosa è e a chi spetta l’assegno da 240 euro per figlio

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Ecco la proposta del governo Conte per la prossima legge di Bilancio

Bonus famiglia 2020: cosa è e a chi spetta l’assegno da 240 euro a figlio

Per ogni figlio, una dote unica. Una sorta di premio alla nascita, o addirittura prima della nascita. È l’idea su cui si fonda l’ipotesi del bonus famiglia 2020 che il governo Conte bis vuole introdurre con la prossima legge di bilancio. Il bonus da 240 euro per i figli fino a 18 anni verrà erogato attraverso un assegno unico mensile che riorganizzerà tutte le misure a sostegno della famiglia.

Il nuovo assegno unico per il bonus famiglia andrebbe a sostituire:

  • Bonus bebè 2020;
  • Bonus mamma domani 2020;
  • Bonus asilo nido 2020;
  • Bonus baby sitter 2020;
  • Detrazioni figli a carico 2020.

La cifra che lo Stato versa alla famiglia scenderà a 80 euro e potrà essere erogata fino ai 26 anni se il figlio a carico non è ancora indipendente economicamente. Il bonus figli a carico fino al compimento del 26mo anno di età dovrebbe essere introdotto a partire dal 2021.

È previsto che il bonus figlio sia maggiorato, in misura non inferiore al 40 per cento, nel caso di figli con disabilità.

Previsto anche un bonus per asili nido e baby sitter per i figli da 0 a 3 anni di età e fino a 400 euro.

Bonus famiglia 2020, a chi spetta

Ecco come la ministra per la Famiglia Elena Bonetti, di area dem, descrive il bonus famiglia e figlio 2020 che lei ha definito “binus nascita”: “Un assegno mensile che comprenderà bonus e detrazioni proporzionate al reddito, dagli ultimi mesi di gravidanza all’età adulta di ciascun figlio”.

“Lo scopo -prosegue – è anche quello di dare una risposta alle difficoltà di tante giovani mamme che, con contratti a tempo determinato o lavoratrici autonome, oggi non godono di alcuna forma di sostegno. Tale strumento non sarà una misura una tantum, ma un sostegno strutturale sul quale si possa contare nella progettazione familiare”.

Non è ancora dato sapere se si pensi a una misura universale, da destinare cioè a tutti, indipendentemente dal reddito, o solo alle famiglie in condizioni economiche medie e basse, ad esempio con redditi sotto una certa soglia. Le forze politiche, sul punto, stanno ancora cercando di trovare la quadra, anche sulla base delle risorse economiche disponibili.

Bonus famiglia 2020, che fine fanno gli 80 euro di Renzi

Il ministro dell’Ecoonomia Roberto Gualtieri ha già spiegato non si userà per questo fine il bonus degli 80 euro, come ipotizzato nei giorni scorsi. C’è quindi un problema di risorse. Anche perché, ha garantito più volte il ministro, Reddito di cittadinanza e Quota 100 non saranno toccati.

L’idea del governo Conte, infatti, sarebbe quella di eliminare, con il bonus famiglia 2020 alcune “storture” che si sono determinate con l’introduzione del bonus Renzi. Spettando soltanto ai lavoratori dipendenti a partire da ottomila euro di reddito, il bonus dell’ex premier lasciava fuori altre categorie ancora più sfortunate, come “disoccupati, lavoratori autonomi, precari, incapienti sotto gli 8 mila euro, ceto medio sopra 26 mila euro, pensionati”. Di qui, il pacchetto di misure a cui l’esecutivo giallorosso sta lavorando.

Gli 80 euro renziani, in pratica, resterebbero agli esclusi dall’assegno unico: chi è senza figli o non ha figli a carico. Mentre per le famiglie con figli minori verrebbero invece riassorbiti nell’assegno unico da 240 euro al mese per ogni figlio.

Bonus famiglia 2020, verso il taglio del cuneo fiscale

Tra le proposte in esame, in vista della manovra economica 2020, c’è anche la proposta del viceministro dell’Economia, Antonio Misiani, del Pd. L’ha presentata lui stesso su Facebook e punta a introdurre un bonus per i lavoratori poveri e precari “working poors”, i cosiddetti lavoratori incapienti che, stando al di sotto degli ottomila euro di reddito, sono rimasti fuori dal bonus di Renzi.

L’idea – tra bonus famiglia e bonus per lavoratori poveri – è quella di “realizzare in modo graduale il taglio del cuneo fiscale, iniziando con i dipendenti a basso reddito, part time involontari, collaboratori a basso reddito, dipendenti con salari orari da sfruttamento. In tantissimi casi giovani. Un fenomeno assai più diffuso in Italia, rispetto alla media europa. Aiutarli è un dovere”, ha scritto il viceministro.

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