Un bonus famiglia nel 2020 con gli 80 euro di Renzi: il governo Conte lavora a un “family act”
A pagare il conto di questa operazione sarebbero i lavoratori dipendenti che appartengono alla fascia di reddito 8.000-26.000 euro
Bonus famiglia nel 2020 con gli 80 euro di Renzi: un assegno per ogni figlio
Un bonus famiglia a partire dal 2020 con gli 80 euro di Renzi che finiscono in soffitta. È la proposta di “family act” a cui sta lavorando il governo Conte, sostenuto da Pd e M5s, in vista della prossima manovra economica. Un piano, firmato dell’economista e senatore Tommaso Nannicini, che prevede di erogare alle famiglie italiane un assegno per ogni figlio, utilizzando le risorse che attualmente sono destinate al mantenimento del bonus dell’ex premier.
La misura, attualmente all’esame dei tecnici dell’esecutivo, prevede che gli italiani percepiscano un assegno da 240 euro per ogni figlio fino a 18 anni di età, più un assegno da 80 euro per i figli fino ai 26 anni. Ovviamente, solo nel caso in cui i figli maggiorenni non siano già anche autosufficienti economicamente. Gli assegni andrebbero a tutte le famiglie indifferentemente, senza distinzione di reddito. La logica è: un figlio, un assegno.
A pagare il conto di questa operazione sarebbero i lavoratori dipendenti che appartengono alla fascia di reddito 8.000-26.000 euro, circa 10 milioni di persone. E, in particolare, quelli che non hanno figli. A guadagnarci sarebbero invece più di 5,6 milioni di famiglie oggi escluse dagli 80 euro. Più altre 6 milioni di famiglie con figli che dal 2014 incassano gli 80 euro, candidate a ricevere più soldi.
Il governo Conte lavora per superare il bonus di 80 euro di Renzi
L’idea del governo Conte è quella di eliminare, con il bonus famiglia 2020 – che il ministro per la Famiglia Elena Bonetti chiama “bonus nascita” -, alcune “storture” che si sono determinate con l’introduzione del bonus Renzi. Spettando soltanto ai lavoratori dipendenti a partire da ottomila euro di reddito, il bonus dell’ex premier lasciava fuori altre categorie ancora più sfortunate, come “disoccupati, lavoratori autonomi, precari, incapienti sotto gli 8 mila euro, ceto medio sopra 26 mila euro, pensionati”. Di qui, il pacchetto di misure a cui l’esecutivo giallorosso sta lavorando.
Tra le proposte in esame, in vista della manovra economica 2020, c’è anche la proposta del viceministro dell’Economia, Antonio Misiani, del Pd. L’ha presentata lui stesso su Facebook e punta a introdurre un bonus per i lavoratori poveri e precari “working poors”, i cosiddetti lavoratori incapienti che, stando al di sotto degli ottomila euro di reddito, sono rimasti fuori dal bonus di Renzi.
L’idea – tra bonus famiglia e bonus per lavoratori poveri – è quella di “realizzare in modo graduale il taglio del cuneo fiscale, iniziando con i dipendenti a basso reddito, part time involontari, collaboratori a basso reddito, dipendenti con salari orari da sfruttamento. In tantissimi casi giovani. Un fenomeno assai più diffuso in Italia, rispetto alla media europa. Aiutarli è un dovere”, ha scritto il viceministro.
Manovra, le ultime fasi prima della Legge di Bilancio
Il cantiere della legge di bilancio è aperto ma entrerà nel vivo proprio questa settimana: entro il 15 ottobre infatti il governo deve inviare a Bruxelles il Documento programmatico di Bilancio (draft budgetary plan) e sulla carta deve presentare le misure al Parlamento entro il 20.
Le risorse a disposizione sono poche e ancora si stanno limando le misure per definire i 7 miliardi che stando alla nota di aggiornamento al Def devono arrivare dalla caccia all’evasione.
La scarsezza di fondi deve però confrontarsi con le richieste dei vari ministeri. Dall’abolizione del superticket, che oggi è tornato a chiedere il ministro della Salute Roberto Speranza e che ha trovato il sostegno del segretario Dem Nicola Zingaretti, al family act che prevede il restyling degli interventi in favore delle famiglie con figli.
Tra le novità alle quali il governo sta lavorando, oltre al bonus per i lavoratori poveri, c’è anche l’arrivo di un’Agenzia per lotta alla fuga dei cervelli: ne ha parlato il premier Giuseppe Conte e il ministro per le Politiche giovanili Vincenzo Spadafora ha spiegato di star lavorando al dossier. “L’unico export che siamo disposti a frenare, anzi che vogliamo fermare, è quello dei giovani”, ha detto il presidente del Consiglio.