Icona app
Leggi TPI direttamente dalla nostra app: facile, veloce e senza pubblicità
Installa
Banner abbonamento
Cerca
Ultimo aggiornamento ore 19:48
Immagine autore
Gambino
Immagine autore
Telese
Immagine autore
Mentana
Immagine autore
Revelli
Immagine autore
Stille
Immagine autore
Urbinati
Immagine autore
Dimassi
Immagine autore
Cavalli
Immagine autore
Antonellis
Immagine autore
Serafini
Immagine autore
Bocca
Immagine autore
Sabelli Fioretti
Immagine autore
Guida Bardi
Home » Cultura

La Venere influencer parla a quei turisti che amano gli stereotipi italiani: il vero problema è il costo della pubblicità

Immagine di copertina

Per quanto questo possa dispiacerci, dobbiamo comprendere che l'idea dell'Italia che piace maggiormente all'estero non è la stessa che hanno gran parte degli italiani

Anche per me la campagna con la Venere di Botticelli ferragnizzata è imbarazzante. Pacchianissima, banale, offensiva, “cringe”; chi più ne ha più ne metta.

Però, per misurarne l’efficacia, essa non andrebbe valutata con lo sguardo interno, “nostro”, italiano. Bisognerebbe pesarla a partire dallo sguardo esterno, quello “loro”, quello dei turisti internazionali a cui è rivolta. Se americani, cinesi e via dicendo l’apprezzeranno allora si rivelerà utile (è fatta per richiamare loro, non Sgarbi).

E in questo senso va compreso che quelle immagini facili, stereotipate giocano su un piano efficace per quanto inflazionante, quello dei caratteri nazionali; e potrebbero funzionare più del previsto (questo non toglie il fastidio che riguarda una mancanza di rispetto, una postura mercificante sul patrimonio artistico, intendiamoci).

Insomma, per quanto questo possa dispiacerci, dobbiamo comprendere che l’idea dell’Italia che piace maggiormente all’estero non è la stessa che hanno gran parte degli italiani. Le emozioni e le sensibilità partrimoniali sono diverse. Un esempio: chi mangerebbe in Italia il cibo che all’estero viene venduto con successo come emblema di italianità?

Per farsi un’idea si può dare un’occhiata qui. Invece una questione più importante riguarda quanto è costata questa campagna pubblicitaria. E, sempre a proposito di caratteri nazionali, si ha l’impressione di essere di fronte a un “italian job” di quelli soliti.

Ti potrebbe interessare
Cultura / Parigi 2024, a Casa Italia va in scena l’evento “Padre Henri Didon, un domenicano alle origini dell’Olimpismo”
Cultura / Un libro di corsa: Un po’ di cioccolato Bertie?
Cultura / Un libro di corsa: Intrigo a Tokyo
Ti potrebbe interessare
Cultura / Parigi 2024, a Casa Italia va in scena l’evento “Padre Henri Didon, un domenicano alle origini dell’Olimpismo”
Cultura / Un libro di corsa: Un po’ di cioccolato Bertie?
Cultura / Un libro di corsa: Intrigo a Tokyo
Cultura / Cosa è rimasto delle Olimpiadi di Roma 1960
Cultura / Non ci sono più gli influencer di una volta: nel social marketing è in atto una vera rivoluzione
Cultura / Antonio Presti a Tpi: ” Il nuovo Atelier sul mare, non solo un museo albergo ma un luogo dove si educhi alla bellezza”
Cultura / Un libro di corsa: Come l’arancio amaro
Cultura / Un libro di corsa: Tell me lies
Cultura / A Nauplia in Grecia il primo convegno dell’associazione To Hellenikon
Cultura / La guerra raccontata dalle donne: colloquio con Giovanna Botteri