La Venere influencer parla a quei turisti che amano gli stereotipi italiani: il vero problema è il costo della pubblicità
Per quanto questo possa dispiacerci, dobbiamo comprendere che l'idea dell'Italia che piace maggiormente all'estero non è la stessa che hanno gran parte degli italiani
Anche per me la campagna con la Venere di Botticelli ferragnizzata è imbarazzante. Pacchianissima, banale, offensiva, “cringe”; chi più ne ha più ne metta.
Però, per misurarne l’efficacia, essa non andrebbe valutata con lo sguardo interno, “nostro”, italiano. Bisognerebbe pesarla a partire dallo sguardo esterno, quello “loro”, quello dei turisti internazionali a cui è rivolta. Se americani, cinesi e via dicendo l’apprezzeranno allora si rivelerà utile (è fatta per richiamare loro, non Sgarbi).
E in questo senso va compreso che quelle immagini facili, stereotipate giocano su un piano efficace per quanto inflazionante, quello dei caratteri nazionali; e potrebbero funzionare più del previsto (questo non toglie il fastidio che riguarda una mancanza di rispetto, una postura mercificante sul patrimonio artistico, intendiamoci).
Insomma, per quanto questo possa dispiacerci, dobbiamo comprendere che l’idea dell’Italia che piace maggiormente all’estero non è la stessa che hanno gran parte degli italiani. Le emozioni e le sensibilità partrimoniali sono diverse. Un esempio: chi mangerebbe in Italia il cibo che all’estero viene venduto con successo come emblema di italianità?
Per farsi un’idea si può dare un’occhiata qui. Invece una questione più importante riguarda quanto è costata questa campagna pubblicitaria. E, sempre a proposito di caratteri nazionali, si ha l’impressione di essere di fronte a un “italian job” di quelli soliti.