Ma quale tolleranza? I fascisti al Salone del libro sono la negazione della democrazia
I fatti ormai li conoscete tutti: al Salone del libro sarà presente la casa editrice Altaforte, che è diretta espressione di Casapound e che ovviamente Salvini ha scelto (tanto per lisciare il pelo al suo elettorato con un po’ di fascismo, che non guasta mai) per pubblicare il suo ultimo libro-intervista, in cui viene magnificato come uomo forte al comando.
Per capirsi: l’editore si dichiara fieramente fascista in tutte le interviste di questi giorni e anzi si dichiara addirittura anti-antifascista frignando per gli attacchi che sta ricevendo.
La notizia ha portato a diverse prese di posizione: il consulte Christian Raimo ha deciso di presentare le dimissioni, molti degli ospiti hanno già gentilmente declinato l’invito, la casa editrice People (di Pippo Civati) ha deciso di lasciare lo stand vuoto (con evidente danno economico) per protesta chiarendo che non vuole condividere lo spazio con chi elogia un regime che i libri li bruciava, mica li vendeva.
Altri, invece, dice che ci saranno perché non bisogna lasciare libero nessun presidio. Peccato che forse conterebbe anche non regalare presidi a chi non ha le caratteristiche costituzionali per poterle occupare.
Il direttore Lagioia (comprensibilmente in affanno) dice che la decisione è stata presa tutte insieme e che si tratta solo di pochi metri quadrati in una fiera di miglia di metri. In pratica dovremmo essere felici perché in fondo ci hanno cagato solo sul mignolo.
Ma la questione, al di là delle battute, è serissima: non si può chiedere alla società civile di essere argine al fascismo di ritorno se poi sono le istituzioni stesse che non si prendono la responsabilità di allontanare chi, alla base, non può essere tollerato.
A proposito di tolleranza: secondo quello che Popper chiama “il paradosso della tolleranza” va a finire che ci ritroviamo tolleranti ma fregati da quello che già la nostra Costituzione indica come non potabili e tantomeno invitabili in occasioni pubbliche.
Qualcuno propone proteste pacifiche. Sì, è un’ottima soluzione se non fosse che la retorica salviniana ha già dimostrato che ogni più piccola nota di dissenso diventa un’ottima occasione per fare la vittima e per essere sparata sulla cassa di risonanza dei suoi social.
Diceva Marx (il comico, eh) che non si iscriverebbe mai a un’associazione che accetta lui come socio; figurarsi una fiera in cui ci si è infilato chi non è nemmeno previsto dalla Costituzione. E poi c’è sempre il solito errore in cui si cade: credere che siano opinioni politiche diverse le idee di chi non è contro la sinistra ma è stato il nemico storico della democrazia. E non ha il diritto di rialzare la testa. No. Non qui.