Sguardi cinematografici di borgata: Elvis è nato al Quarticciolo
È un quartiere popolare di Roma. Per molti, un luogo inesistente. Spesso raccontato come povero e pericoloso. Ma il regista Fabrizio Fanelli cerca di capovolgere questa narrazione. Attraverso la storia di un bambino di dieci anni
Chi guarda dall’alto, scriveva Wisława Szymborska in una poesia, sbaglia più facilmente. Da lontano il mondo è semplice, pacato e ovattato, dall’alto scorgi le cose senza vederle. Poi fai un passo sulla terra e tutto acquista profondità, prospettiva. Tutto diventa fortemente reale. Questa è la sensazione che prova lo spettatore nei primi secondi di “Elvis”, cortometraggio scritto e diretto da Fabrizio Fanelli, regista e sceneggiatore romano. La videocamera del drone sovrasta un quartiere apparentemente tranquillo, in una calda e soleggiata giornata estiva, e ci restituisce immagini in bianco e nero, che sembrano non avere tempo. Un motivo lento e soave, composto da Alessandro Giustini, accompagna i movimenti delle nuvole e degli uccelli, che nel volare si avvicinano alla borgata del Quarticciolo.
Narrazione del reale
Elvis è il nome del protagonista, un bambino di dieci anni nato e cresciuto tra le strade del Quarticciolo, in cui trascorre le giornate tra la piazza e il campetto, quando non è a scuola. Spesso si muove in bici con gli amici, noncurante delle macchine e delle moto che sfrecciano a tutta velocità. I suoi capelli biondi, spesso disordinati, nascondono una piccola cicatrice vicino agli occhi azzurri, che guardano con curiosità l’indipendenza del mondo dei grandi, seppur non ne conosca tutti i codici. Il progetto cinematografico prende spunto dal genere letterario del romanzo di formazione e vuole inscenare il passaggio dall’infanzia alla maturità di Elvis, nel contesto della borgata romana, dimenticata dalle istituzioni, troppo spesso ai margini.
Attraverso l’incontro con gli abitanti del quartiere Elvis si domanda che cosa voglia dire diventare grandi, mentre osserva il poco che ha intorno a sé. Non riesce a scorgere il mondo oltre quei caseggiati, oltre quella strada, oltre quel quartiere, perché ancorato alle radici e alla famiglia; sarà infatti un punto di vista magico a convincerlo a guardare sempre più in alto, verso il cielo, per superare i confini e vedere ciò che prima non notava. Nel passare ad avere i piedi per terra a farli fluttuare in aria, Elvis acquisirà la consapevolezza che un’altra vita scorre un po’ più in là.
Fanelli è capace di delineare una narrazione organica, seppur complessa, fatta di connessioni, assonanze, rime interne. Da una parte infatti mantiene una rappresentazione fedele alla realtà, ai limiti del documentario, dall’altra mescola elementi fantastici, come il volo di un bambino, dovuti anche alla spontanea natura del protagonista, che si fa portavoce di un quartiere e di una posizione sociale imposta; quella della subalternità, dell’emarginazione geografica e sociale, che solo gli artifici del cinema moderno permettono di affrontare in modo leggero, trasformandola in una storia di rivalsa personale. Il regista conduce lo spettatore a identificarsi con un viaggio di formazione e scoperta che mette in luce in maniera velata i confini inesistenti di un universo.
La ribellione del Quarticciolo
L’impostazione della borgata di Quarticciolo riprende il classico impianto ortogonale di romana memoria, formato da cardo e decumano alla cui intersezione corrisponde l’area della piazza giardino. L’edificio principale a torre eretto sulla piazza – ex Casa del Fascio – costituisce un punto di riferimento spaziale per l’intero insediamento ed era adibito a centro civico e di adunata. Nel 1997 è stato occupato per dare casa a trenta famiglie, mentre il piano terra ospita le attività di doposcuola e aiuto compiti organizzate dai ragazzi di Quarticciolo Ribelle, impegnati dal 2015 in vari progetti.
La palestra popolare è stata il punto di partenza per un percorso di organizzazione dal basso che ha fatto nascere un comitato di quartiere, un doposcuola, l’ambulatorio popolare e il laboratorio artistico di micro stamperia. I volontari sono un riferimento per i circa 6000 abitanti della borgata e lo sono stati soprattutto durante i mesi della pandemia, quando organizzavano distribuzioni alimentari in strada. Il cortometraggio racconta con grande dignità il contesto nel quale vive Elvis, un quartiere popolare in cui non sono mai stati completati interventi con i servizi previsti, in cui molte famiglie sono costrette a vivere in poche decine di metri quadri, in cui le infiltrazioni di acqua allagano le case, dove lo spaccio di droga e la prosituzione aumentano e l’azione di controllo delle forze dell’ordine diminuisce. Molti cittadini rimangono indietro, gli anziani sono bisognosi di assistenza domiciliare, i più giovani di politiche e progetti per sognare.
Se da un lato Fanelli mette in luce situazioni di degrado e denuncia condizioni di vita al limite, dall’altro tenta di enfatizzare la presenza della speranza, anche per chi, come è realmente successo a Elvis, è costretto a vivere in una casa famiglia, lontano dai suoi genitori. Il cortometraggio indipendente è il risultato di tre anni di ricerca sul luogo, di relazioni costruite con la gente del Quarticciolo, in particolare con la famiglia del piccolo protagonista. È il tentativo di superare la narrazione che vuole etichettare i quartieri popolari periferici noti solo per attività di spaccio e criminalità.
Nostalgia neorealista
«Lavorare con Elvis è stata un’esperienza formativa, ho riscoperto un me bambino mentre provavamo le scene e ripetevamo le battute insieme. Anche io, come lui, fin da piccolo cercavo di capire cosa volesse dire diventare grande», racconta Fanelli. «Ho deciso di raccontare la borgata in bianco e nero perché guardando quei palazzi desaturati mi tornavano in mente le foto dei miei nonni e i film del neorealismo; mentre il mondo si trasforma e tradisce le proprie origini, le borgate rimangono fedeli a loro stesse e continuano ad accogliere una doppia vita, quella del degrado e della criminalità, ma anche quella di una dimensione nostalgica in cui i bambini giocano ancora al pallone sotto casa».
Sempre sulle orme del neorealismo, Fanelli ha scelto di utilizzare principalmente attori non professionisti che potessero restituire una realtà non patinata, non edulcorata, ma non mancano i veri maestri del mestiere come Alberto Testone e Alessandro Bernardini che hanno sostenuto il progetto e che sono stati un grande esempio per Elvis. Il corto ha vinto come miglior opera prima al Festival Tulipani di Seta Nera ed è attualmente su Rai Play, è inoltre vincitore di Free Aquila Festival, vincitore a Emerging Talent nel Regno Unito e selezionato al Festival di Toronto e al Premio Carpine Visciano. «Ci tengo a ringraziare Forme Web TV, piattaforma web che tra le cose racconta i quartieri di Roma, la quale mi ha spinto a intraprendere questo lavoro, ma soprattutto Antonio Messino, Tammaro Ruggiero e Image Hunters: senza di loro non avrei realizzato il film e non lo avrei portato nei vari Festival. Senza di loro molte persone non si sarebbero emozionate di fronte agli occhi di Elvis».