Architettura e religioni: la nuova era delle città per il dialogo nella mostra Rituals/Materials a Torino
La diversità religiosa ha cambiato i centri urbani contemporanei. Come emerge da una mostra a Torino dedicata all’House of One, l’edificio multi-fede in costruzione a Berlino, l’architettura può giocare un ruolo nel favorire l’incontro tra culture di fronte alle sfide globali
Se fino a pochi decenni fa la religione sembrava non essere più un fattore rilevante nella società, in tempi recenti è evidente la sua centralità nella vita quotidiana delle persone e nelle città contemporanee. Gli spazi urbani si sono dimostrati laboratori di innovazione e di effervescenza religiosa, inducendo gli studiosi a respingere le ipotesi degli effetti irreversibili della secolarizzazione, non solo dal punto di vista spirituale, ma anche sociale, politico e culturale.
Anche la società dell’Italia contemporanea, non estranea ai processi migratori dell’ultimo secolo e alle conseguenze del fenomeno della globalizzazione, è movimentata dalla presenza di religioni, lingue e culture differenti. Nelle città plurali in cui viviamo, la complessa relazione tra le varie comunità religiose e lo spazio pubblico emerge in prima istanza nella conformazione dei luoghi di culto e nella loro visibilità nel panorama urbano. Le comunità religiose, attraverso forme estetiche e architetture, modellano il tessuto cittadino rendendosi visibili e talvolta invisibili.
Ad oggi, le diverse comunità degli immigrati e dei nuovi movimenti religiosi vivono perlopiù nell’invisibilità fisica e nel camuffamento, insediandosi in spazi secolari o in luoghi di culto già connotati religiosamente. Emerge con urgenza la necessità di esplorare politiche in grado di affrontare le sfide che tale diversità pone, per rispondere alle esigenze degli spazi materiali e simbolici, di cui i diversi gruppi religiosi necessitano. Inoltre, i luoghi di culto interpretano un ruolo fondamentale, in quanto, oltre ad essere spazi di assistenza religiosa e di pratica spirituale, spesso rappresentano un rifugio di accoglienza, integrazione e orientamento per i nuovi residenti.
Per queste ragioni è cruciale riflettere sul ruolo dell’architettura contemporanea come strumento fondamentale di localizzazione, materializzazione e visibilità negli spazi urbani delle diverse comunità, per favorire il dialogo tra gruppi religiosi e con la società. Gli edifici multi-fede rappresentano dei complessi architettonici ideati per la condivisione dei luoghi di culto e offrono un’opportunità per il dialogo interreligioso, promuovendo comprensione e rispetto reciproco tra persone di confessioni diverse.
Tra questi, il caso più emblematico in Europa è quello della House of One, edificio multi-fede progettato dallo studio Kuehn-Malvezzi, attualmente in costruzione a Berlino che unisce sotto lo stesso tetto quattro ambienti: tre aule di culto – una moschea, una sinagoga e una chiesa protestante – che si aprono su uno spazio centrale circolare, pensato per favorire l’incontro e il dialogo.
Rituals/Materials
A partire dall’House of One – esempio iconico di architettura inclusiva – il progetto RITUALS / MATERIALS si propone di esplorare il ruolo dell’architettura nella costruzione di spazi plurali e inclusivi che promuovano il dialogo interreligioso e l’incontro tra culture. Dal 18 aprile al 3 maggio 2024, nella Stanza Verde del Castello del Valentino, il Politecnico di Torino, nell’ambito della Biennale Tecnologia 2024, ospita la mostra a cura di Eleonora d’Alessandro, con Giulia Massenz e Daniele Campobenedetto, rappresentando un’occasione per riflettere sulla diversità religiosa delle città contemporanee.
Una fitta sequenza di immagini e video – realizzati da Kuehn Malvezzi, Armin Linke, Claudia Professione e Greta Valentinotti – compone un’installazione site specific volta a raccontare la genesi e il processo progettuale della House of One, nata dalla volontà del pastore protestante Gregor Hohberg, del rabbino Tovia Ben-Chorin e dell’imam Kadir Sanci, protagonisti dell’opera video di Armin Linke esposta in questa sede.
Si tratta di un corpus di immagini e suggestioni molto vario che restituisce la pluralità di attori e i molteplici livelli di riflessione presenti nel processo di progettazione. La mostra porterà il visitatore a immergersi nel progetto della House of One, attraverso un percorso che invita a ripensare le modalità di convivenza religiosa negli spazi urbani. L’evento sostenuto dalla fondazione CRT, dal Dipartimento di Architettura e Design del Politecnico di Torino e dal Dipartimento Interateneo di Scienze, Progetto e Politiche del Territorio del Politecnico di Torino e Università di Torino, e con il patrocinio del Comune di Torino, del Comitato Interfedi e del Centro Interculturale, rappresenta la seconda tappa di un percorso avviato a Roma nel giugno 2023, presso l’ex Mattatoio di Testaccio, al Dipartimento di Architettura di Roma Tre, con opere di Matilde Cassani e Armin Linke.
La mostra è nata da un’idea di Eleonora D’Alessandro, grazie alla collaborazione tra il Dipartimento di Architettura e il Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università Roma Tre con l’ISIA di Urbino, il supporto di Villa Massimo e il patrocinio dell’Assessorato alla Cultura del Comune di Roma e del Tavolo Interreligioso di Roma. Così come la prima edizione della mostra ha cercato un dialogo con la città di Roma, scegliendo come sede ospitante un luogo aperto come il Mattatoio di Testaccio, anche la tappa torinese mira a coinvolgere un vasto pubblico grazie ad una scelta strategica che vuole includere nel progetto non solo il Castello del Valentino, ma anche i quartieri Aurora, Barriera di Milano e soprattutto il quartiere multiculturale di San Salvario, ad esso prospiciente.
San Salvario, infatti, è un quadrante urbano che accoglie una varietà notevole di comunità in termini di provenienza sociale, genere, età, culture e lingue, risultando una location ottimale per promuovere iniziative dedicate al dialogo interculturale, co-progettate con vari partner dell’iniziativa in maniera capillare nel tessuto del quartiere. La rilevanza dell’operazione consiste nell’attivazione di connessioni a più livelli, in primis tra il Politecnico, luogo della scienza per eccellenza, e la città.
L’architettura, tenendo insieme tecnica e impatto sociale, diventa così il punto di incontro per riflettere su questa relazione. Nell’edizione torinese l’iniziativa prevede un ricco programma di attività collaterali ideate con la Fondazione Benvenuti in Italia, le Biblioteche Civiche, la Rete delle Case del Quartiere, e Orme Associazione Culturale, con il fine di stimolare la riflessione e il dibattito sulle tematiche del dialogo e della convivenza pacifica. Tra le diverse attività collaterali viene offerta dalle Biblioteche Civiche una selezione di titoli con un’ampia gamma di proposte, per esplorare le diverse forme di credenze religiose e di pratiche spirituali, con l’obiettivo di ampliare gli orizzonti culturali.
Diversi talk e incontri affronteranno importanti tematiche tra le quali: il ruolo dell’Architettura come pratica che unisce tecnica e sentimenti identitari, il ruolo delle religioni nella società contemporanea e l’individuazione di possibili politiche cittadine, necessarie per affrontare le sfide del pluralismo religioso, con l’obiettivo di stimolare una riflessione sulla gestione della diversità religiosa a livello urbano. È previsto anche un tour di itinerari spirituali nel quartiere di San Salvario, permettendo ai visitatori di incontrare direttamente la comunità cristiana, musulmana ed ebraica e di visitare i rispettivi luoghi di culto e, infine, un pranzo condiviso per vivere un’esperienza conviviale, che celebra la diversità dei gusti e delle tradizioni culinarie delle culture che ci circondano.
Per i bambini, viene proposto un laboratorio musicale per offrire un viaggio nel mondo della musica, valorizzando ed evidenziando il suo valore di linguaggio universale che supera le barriere linguistiche e culturali, permettendo ai partecipanti di esprimersi in armonia e connettersi con gli altri attraverso un’esperienza condivisa di gioia e creatività.
Torino: città super-diversa
Torino è una città con una lunga storia di diversità religiosa. Già nel 1848, tramite lo Statuto Albertino, vennero concesse libertà civili e religiose alle due comunità non cristiane o cattoliche: i valdesi e gli ebrei, che ottennero un riconoscimento giuridico aprendo un’epoca di libertà religiosa. È interessante notare, che il primo segno evidente dell’uscita dall’invisibilità di queste due confessioni è avvenuto tramite la costruzione dei rispettivi luoghi di culto. Questo evento, dunque, ebbe delle ricadute evidenti sulla città, in quanto ne cambiò l’architettura: l’edificazione del Tempio valdese e della Sinagoga delle rispettive comunità avvenne proprio nel quartiere di San Salvario.
Ad oggi Torino, può essere definita come il più notevole laboratorio per la gestione della diversità religiosa in Italia. Soprattutto negli ultimi vent’anni, l’amministrazione comunale ha avviato un importante processo per governare il pluralismo religioso. Diverse iniziative, sia pubbliche che private, hanno promosso lo sviluppo di eventi culturali, incontri e rappresentazioni che hanno messo le religioni in una posizione centrale nello spazio urbano. Inoltre, sono stati avviati numerosi progetti promossi da istituzioni politiche e culturali, che hanno coinvolto anche i gruppi religiosi. Allo stesso tempo, anche gli attori religiosi sono stati soggetti attivi e promotori dei processi di urbanizzazione, avendone influenzato le politiche e le strategie. Dal 2005 il festival “Torino spiritualità”, ogni anno, promuove giornate dedicate al tema religioso e spirituale, attraverso seminari, conferenze, laboratori e spettacoli.
A Torino, inoltre, è stato fondato il Comitato Interreligioso presieduto dall’ex sindaco della città Valentino Castellani, organizzato in collaborazione con il Centro Interculturale della Città. Il Comitato è composto dai rappresentanti delle otto confessioni considerate più importanti per numero di aderenti in città: Buddhismo, Cattolicesimo, Evangelismo, Induismo, Islam, Ebraismo, Mormonismo e l’Ortodossia. Dal 2017, il comitato ha introdotto al suo interno due membri dell’associazione buddhista Soka Gakkai e della fede baha’i, in nome di una più ampia rappresentanza della super-diversità religiosa urbana.
Inoltre, dal 2016 l’assessorato all’Integrazione della città di Torino, ha coinvolto i centri islamici della città in un tavolo permanente, sottoscrivendo un “Patto di condivisione” per promuovere la comprensione, la convivenza e il rispetto pubblico con l’Islam. Torino è un caso rilevante anche per la sua esperienza nel campo dei servizi pubblici, oltre che per gli spazi di rappresentanza, coordinamento e mediazione delle istanze. Un esempio sono le convenzioni per l’assistenza religiosa e spirituale in carceri e strutture ospedaliere e la governance degli spazi cimiteriali.
Il capoluogo piemontese ha il primato come città in cui è sorto il primo spazio multireligioso in Italia, ovvero la “Stanza del Silenzio” allestita nell’ospedale San Giovanni Molinette nel 2012 e, l’anno successivo, anche presso l’ospedale Mauriziano. Nel 2015 nell’aereoporto Sandro Pertini, l’azienda che gestisce l’impianto ha allestito la prima sala di culto islamica in un aeroporto italiano.
Inoltre, ad oggi, Torino è la città italiana con la più alta concentrazione di luoghi multi-fede. La creazione di spazi multireligiosi è un tentativo messo in atto dalle istituzioni per dirimere alcune delle controversie che caratterizzano la complessità contemporanea, con lo scopo di innescare occasioni di incontro e di dialogo tra le religioni che animano gli spazi urbani.
Tra questi, si ricorda l’ambizioso progetto Casa delle Religioni nato nel 2016 da un processo triennale di progettazione condivisa tra gruppi di minoranze etnico-religiose e attori secolari, nell’ambito di un più ampio piano di rifunzionalizzazione di un edificio post-industriale, voluto dall’amministrazione comunale con il Comitato Interfedi e la Fondazione Benvenuti in Italia. Sebbene sia attualmente in una fase di stallo, il progetto della Casa delle Religioni di Torino rappresenterebbe il primo esempio di edificio multireligioso in Italia.