Trent’anni dopo la Jugoslavia: una nuova mostra e un documentario esplorano cosa significa ricostruire il senso di casa, lontano dalla propria patria
La mostra fotografica "Moj Dom / Casa mia. Ritratti, oggetti e memorie a 30 anni dalla dissoluzione della Jugoslavia" raccoglie le storie di trentacinque oggetti, rappresentativi del senso di casa per alcune delle persone intervistate in Italia. Aprirà il 6 novembre presso lo spazio Careof, all’interno della Fabbrica del Vapore a Milano
Tra il 1991 e il 1995 oltre settantamila persone hanno trovato rifugio in Italia dalle guerre di dissoluzione della Jugoslavia. Trent’anni dopo, la maggior parte di loro vive ancora qui. Cosa significa ricostruire il senso di casa, lontano dalla propria casa? Il progetto europeo Moj Dom, coordinato dall’organizzazione indipendente Codici, ha cercato risposta a questa domanda attraverso centinaia di interviste realizzate da otto partner in Austria, Croazia, Germania, Italia e Slovenia. Due anni di ricerche hanno portato alla creazione di un kit didattico, una mostra fotografica, un documentario e, in Slovenia, alla produzione di uno spettacolo teatrale.
La mostra fotografica Moj Dom / Casa mia. Ritratti, oggetti e memorie a 30 anni dalla dissoluzione della Jugoslavia raccoglie le storie di trentacinque oggetti, rappresentativi del senso di casa per alcune delle persone intervistate in Italia. Questi oggetti, carichi di significato, sono stati condivisi spontaneamente dalle persone che hanno vissuto il conflitto durante quattro eventi aperti, detti collection days, curati tra il 2023 e il 2024 dall’associazione di storia contemporanea Laboratorio Lapsus e da Codici. In queste occasioni, il fotografo Marco Carmignan ha realizzato dei dittici video che mettono in dialogo i ritratti delle persone con gli oggetti scelti. La mostra inaugurerà il 6 novembre alle ore 18 presso lo spazio Careof, all’interno della Fabbrica del Vapore (via Giulio Cesare Procaccini, 4, Milano) e rimarrà aperta fino al 10 novembre.
La mostra sarà arricchita da momenti di coinvolgimento diretto con il pubblico. Durante l’inaugurazione, sarà possibile dialogare con i curatori e le curatrici, il fotografo Marco Carmignan e i partner italiani del progetto. Questi ultimi rimarranno a disposizione del pubblico per tutta la durata dell’esposizione. Inoltre, nelle mattine del 6 e del 7 novembre, la mostra ospiterà una serie di laboratori dedicati alle scuole secondarie della provincia di Milano.
Sempre presso Careof sarà possibile assistere sabato 9 novembre alle ore 17 all’anteprima del documentario La lunga vacanza del regista Davor Marinković, prodotto all’interno del progetto Moj Dom. Il regista ha infatti scelto di raccontare la storia di una delle persone intervistate durante la ricerca, scrivendo insieme a lei la sceneggiatura. Almina Basić ha lasciato la Bosnia Erzegovina nel 1995, a dodici anni. Il giorno della partenza, i genitori le dissero che avrebbero fatto una breve vacanza in Italia. Che dura ancora oggi.
Lorenzo Scalchi di Codici commenta: “Riflettere sulle politiche migratorie e di accoglienza di trent’anni fa ci aiuta a comprendere meglio il presente. Per questo, trasformare i risultati della ricerca in materiali accessibili a un pubblico ampio è stato per noi fondamentale.”
Erica Picco di Laboratorio Lapsus aggiunge: “Abbiamo scelto di raccontare le guerre di dissoluzione della Jugoslavia attraverso il concetto di casa. Gli oggetti, più delle mura stesse, ci fanno sentire a casa, perché racchiudono il calore e l’intimità del nostro spazio personale. Un semplice oggetto può trasformarsi in un simbolo d’identità e di storia collettiva, aiutandoci a capire meglio le molteplici connessioni tra la storia generale e quella personale.”
Il fotografo Marco Carmignan spiega: “All’inizio pensavo di realizzare solo fotografie, ma poi ho scelto i dittici video per evocare il legame indissolubile tra il soggetto e il suo oggetto, come se fossero specchi che si riflettono a vicenda.”
Infine, il regista Davor Marinković afferma: “Ero inizialmente intimorito all’idea di affrontare il tema dell’assedio di Sarajevo, che ha segnato l’infanzia della protagonista del documentario. Ma le immagini vivide e cinematografiche con cui lei descriveva i suoi ricordi mi hanno convinto a farlo.”