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Home » Cultura

Alla Festa del Cinema di Roma arriva il documentario su Eugenio Scalfari: la clip in esclusiva

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Domani sarà “Scalfari day” alla Festa del Cinema di Roma. “Guardando a ritroso l’arco della mia vita di momenti di felicità e di senso compiuto ne ho avuti tanti a compenso delle fatiche, delle lotte, dei rischi. Una vita piena non serena ma fortunata e felice. Molte ansie e anche molti complessi di colpa, molta fiducia in me stesso, molto amore verso gli altri, unito ad una intensa competitività. Ho dato molto amore e moltissimo ne ho ricevuto”.

L’intellettuale, il giornalista, il fondatore di La Repubblica Eugenio Scalfari la cui vita ha accompagnato a lungo la storia del nostro Paese è stato non solo uno degli analisti più raffinati dei cambiamenti della società italiana, ma anche il narratore della propria esistenza. E chi di Scalfari ha voluto raccontare la vita ne ha spesso ripercorso la figura pubblica al centro di snodi importanti della vita civile, politica ed economica, ma meno l’uomo nella sua dimensione privata, dentro le relazioni affettive più profonde. Perché nessuno ha mai potuto guardare Scalfari così vicino da riuscire a restituirlo in maniera assolutamente inedita, intima e particolare. Lo hanno fatto Donata ed Enrica, le sue figlie, in un documentario fuori dagli schemi e dall’ufficialità che sarà presentato domani, giovedì 21 ottobre, alla Festa del Cinema di Roma e di cui TPI è in grado di anticiparne in esclusiva un estratto.

Lo sviluppo del cine-racconto è attraversato dal dialogo tra Scalfari e le figlie, una conversazione non forzata, non costruita che avviene tra le mura di casa, nella totale libertà dello scambio tra persone profondamente unite. Le parole che ricongiungono i ricordi delle figlie con quelli del padre: i fatti, gli episodi di cronaca, di politica e di storia del paese, rinarrati in un confronto che è anche generazionale. Con un monito per il futuro anche ai “suoi” giornalisti: “La Repubblica è un giornale politico. È meno di un partito, ma anche più di un partito, perché per certi aspetti è più importante. Siamo stati, a volte perfino senza volerlo, una bandiera, una tenda di riparo in mezzo al degrado della vita pubblica”.

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