Meglio non essere nati? Intervista al filosofo David Benatar
"È sbagliato mettere al mondo figli": parla il filosofo sudafricano autore del libro 'Meglio non essere mai nati. Il dolore di venire al mondo'
Secondo un’antica leggenda, dopo un lungo inseguimento in una buia foresta, re Mida riuscì a bloccare Sileno, ministro di Dioniso. Il re costrinse il demone a confessare quale fosse la cosa maggiormente desiderabile per l’uomo. Sileno fra stridule risa rispose: “Stirpe miserabile ed effimera, figlia del caso e della pena, perché mi costringi a dirti ciò che per te è vantaggiosissimo non sentire? Il meglio è per te assolutamente irraggiungibile: non essere nato, non essere, essere niente. Ma la cosa in secondo luogo migliore per te è morire presto”.
La tematica del me phynai (meglio non essere nati), nel mondo antico veniva presentata come un’evidenza per tutti i sapienti, non a caso l’eco della leggenda silenica è presente in opere di vari autori quali: Eschilo, Euripide, Sofocle, Teognide, solo per citarne alcuni. Diffusosi silenziosamente attraverso i secoli, paradossalmente anche grazie alle religioni, il pensiero anti-natalista ha poi trovato una forte matrice teorica nell’opera di Schopenhauer, fino ad arrivare, seguendo anche la scia di Leopardi e Nietzsche, a Emil Cioran.
È stato proprio il pensatore romeno a radicalizzare il discorso intorno alla nascita, tanto da definire disgustosa l’immagine di una donna incinta. Sovversivo è infatti, per Cioran, soltanto colui che mette in discussione “l’obbligo di esistere”, tutti gli altri non fanno altro che scendere a patti con l’autorità costituita.
Erede eretico di questa lunga tradizione e punto di riferimento degli anti-natalisti odierni, è senza dubbio il filosofo sudafricano David Benatar con il suo testo Meglio non essere mai nati. Il dolore di venire al mondo, di recente tradotto da Alberto Cristofori per Carbonio Editore (novembre 2018).
Benatar, con le armi della logica e con uno stile rigorosamente sistematico, cerca di dimostrare, quasi come se si trattasse di una formula matematica, il teorema del male assoluto, il teorema della sciagura della nascita, consapevole di proporre una verità scandalosa che difficilmente può essere accolta.
Le mie preferenze sono meno interessanti delle mie argomentazioni.
La dedica – ai miei genitori e ai miei fratelli – non include alcun ringraziamento. Seppur ci fossero, sarebbe una contraddizione soltanto se stessi ringraziando i miei genitori per avermi messo al mondo. Viste le argomentazioni del libro, non li ringrazierei di certo per questo.
È sbagliato mettere al mondo figli. Ciò è diverso dall’affermare che è sbagliato partorire. Una donna in travaglio a quel punto non ha scelta, che non partorire. La decisione deve essere presa prima.
Questa è un’asimmetria assiologica che sta alla base di uno dei miei argomenti a favore dell’antinatalismo. Ciò che dimostra è che, mentre vi è un danno considerevole derivante dall’atto di essere messi al mondo, non vi sono benefici netti.
Dobbiamo distinguere tra: a) le vite che non vale la pena cominciare; b) quelle che non vale la pena continuare. Io sostengo che non ci siano vite che valga la pena cominciare, ma che alcune delle vite che non vale la pena cominciare, almeno per un po’, vale la pena che vengano proseguite. Io acconsento al suicidio soltanto in quei casi in cui la vita è così dolorosa che non vale la pena continuarla.
L’estinzione di una specie può essere causata sia dall’uccisione di tutti i membri di quella specie, sia dal non riprodurre nuovi membri di una determinata specie, sia ancora da una combinazione di questi due fattori. Sono contrario all’estinzione provocata nel primo modo, mentre appoggio quella determinata dal secondo.
Nei casi peggiori, gli uomini assicurano entrambe le cose, la riproduzione degli animali e poi l’uccisione dei nuovi animali venuti al mondo. Questi animali, specialmente nel settore agricolo, vengono allevati proprio per essere ammazzati. Qui non c’è nemmeno il benefico effetto collaterale dell’estinzione, ovverosia che la sofferenza e la morte dei membri della specie volgono al termine.
Mentre credo che sia sbagliato mettere al mondo altri bambini, non sono favorevole all’uso di un potere coercitivo da parte dello Stato per impedire alle persone di riprodursi. Tuttavia, non sono favorevole nemmeno al ricorso a risorse pubbliche per provvedere alla riproduzione assistita.
Non è vero di ogni singolo umano. Alcune persone hanno una visione più realistica del mondo. Però sono una minoranza. C’è una diffusa tendenza all’ottimismo (malriposta) da parte della gente.
No, seppure negli anni abbia appreso che fin dall’antichità e in molte tradizioni ci sono state persone che pensavano che sarebbe stato meglio non essere mai venuti al mondo.
Non raccomanderei di emulare la precedente politica del ‘Figlio Unico’ adottata in Cina in tutti i suoi aspetti. Tuttavia, penso che ci sono altri ed efficaci modi per incoraggiare la riduzione degli indici di natalità. Uno è quello di provvedere alla domanda insoddisfatta di contraccezione, un grosso problema in Africa, dove molte donne desidererebbero usufruire delle varie opzioni contraccettive che però seguitano ad essere per loro inaccessibili.
Non lo considero sorprendente. Gli autori di quei libri facevano mostra di appropriato discernimento.
Lo stile di Emil Cioran è aforistico. Non fornisce argomenti per le sue massime. Il mio interesse è nello sviluppare argomenti precisi a sostegno delle conclusioni che sia lui sia io abbiamo raggiunto.
Per educazione, non direi nulla (solitamente) a una donna che sta per avere un bambino.
No, come già anticipato in precedenza, non sono a favore di una sterilizzazione obbligatoria di massa.
Una volta estinta l’umanità, non ci sarebbe nessuno a sentirsi privato dell’opportunità di leggere i miei libri. Di conseguenza, considererei questo risultato “non negativo”.
Dubito che l’autodistruzione umana sia qualcosa di volontario, neppure a livello subconscio. Se e quando gli esseri umani andranno verso l’estinzione, è probabile che questo sarà il prodotto di altri tratti caratteristici dell’umanità.