“Alchimia e complementarietà”: Fabi, Silvestri e Gazzè raccontano a TPI il loro film “Un passo alla volta”

Il documentario diretto da Francesco Cordio e presentato in anteprima al Bif&st a Bari è al cinema il 7, l'8 e il 9 aprile e racconta il concerto-evento del 6 luglio 2024, quando 50mila persone affollarono il Circo Massimo per il supergruppo musicale
La complicità è forte e si percepisce immediatamente. Niccolò Fabi, Daniele Silvestri e Max Gazzè, scherzano, si prendono in giro con quella ironia intelligente possibile solo per chi è amico da sempre, e per questo può permettersi anche di raccontarsi: esattamente come hanno fatto a TPI i tre cantautori protagonisti di “Fabi Silvestri Gazzè – Un passo alla volta”, documentario diretto da Francesco Cordio e presentato in anteprima nella sezione Rosso di sera del Bif&st a Bari, nelle sale il 7, 8 e 9 aprile con Fandango.
Dentro il film la storia personale, umana e musicale dei tre artisti che hanno stretto un legame negli anni sempre più forte. Una storia che parte da Roma, dal piccolo palco de “Il Locale”, luogo cult della scena capitolina degli anni Novanta, dove si ritrovano cantanti e attori (tra gli altri Rocco Papaleo, Marco Giallini, Pierfrancesco Favino) a far serata, continua con i successi degli anni 2000 che li ha visti partecipare tutti e tre al Festival di Sanremo, passa attraverso l’amicizia profonda, la condivisione di dolori e gioie, e quell’impegno sociale che li ha portati nel 2013 in Sud Sudan con Medici con l’Africa. Un viaggio nel corso del quale hanno iniziato a lavorare al loro primo disco insieme, “Il Padrone della Festa”. Un disco amatissimo dal pubblico, tanto che nel luglio del 2024 i tre cantautori hanno festeggiato il decennale con un concerto al Circo Massimo davanti a 50mila persone, accorse da tutta Italia.
«Anche noi abbiamo avuto la sensazione che quel giorno non ce lo saremmo dimenticato più», ammette Daniele Silvestri riferendosi alle immagini che aprono il documentario, dedicate ai fan di tutte le età entusiasti ed eccitati di essere lì. «È il motivo per cui ci è sembrato giusto documentarlo e farlo vivere come un vero racconto. Il pubblico era in uno stato d’animo particolare, con un’atmosfera raccolta e familiare nonostante tutte le persone presenti. Il modo in cui lo spazio era occupato era diverso. Volevano vivere quel momento, invece di condividerlo sui social, nelle immagini del doc si vedono tante mani alzate, pochi telefoni».
«L’emozione del pubblico era genuina, voleva condividere con noi quel momento», precisa Niccolò Fabi. «Tre persone che hanno iniziato in un localino di dieci metri quadrati nel centro di Roma e che si sono ritrovate trent’anni dopo, con una fedina penale musicale tutto sommato pulita, con la volontà di vivere un momento di condivisione musicale, da amici». «Credo sia abbastanza speciale, una naturale complementarietà di caratteri e linguaggi, che per una combinazione fortunata si incastrano senza che nessuno di noi faccia sforzo», aggiunge Max Gazzè.
«Anche sul palco, nessuno di noi ha la psicologia del cantante, di occupare il centro della scena», continua Niccolò Fabi. «Mi gratifica il fatto di vivere il mio racconto con altri testimoni, persone che possono essere sicure che tutto quello che sto raccontando è una cosa vera. Come fossimo in qualche modo testimoni di nozze l’uno dell’altro». Quanto a questa magica intesa è Daniele Silvestri a trovare la spiegazione definitiva: «Obiettivamente è un fatto di alchimia che è anche roba di culo. Per essere scientifici».
Un modo di fare musica che forse non esiste più: strumenti e voce. Nessun autotune o altro. «Ci sono un sacco di cantautori e cantautrici, che stanno cercando di fare cose interessanti», ci spiega Max Gazzè. «Il loro rischio è che sono emergenti adesso e lo rimarranno a lungo perché ci sono sempre meno spazi. In questo momento più avanza la musica, chiamiamola “posticcia”, più cresce l’esigenza di voler ascoltare cose autentiche. Però noto il fermento, un ritorno alla veridicità delle cose. Ogni forma di decadentismo implica un nuovo rinascimento».
«In parte credo anch’io ci sia una reazione inevitabile al posticcio, a tutto quello che è fin troppo facile, veloce e meno autentico. Però non ci si può neanche arrogare il diritto di definire cosa sia autentico o meno», aggiunge Daniele Silvestri. «C’è un linguaggio che è totalmente diverso dal nostro. Detto questo, se c’è stato qualcosa di un pochino vanaglorioso nel nostro approccio a quel concerto stava proprio nel voler mostrare ai ragazzi presenti che quel modo di pensare la musica e condividere lo spazio, con gli strumenti in mano ha un senso, paga, comunica e ha un futuro più lungo. Era la nostra ambizione».
Invece sono molti i giovani artisti che negli ultimi hanno deciso di tirarsi indietro, rinunciare a grosse piazze televisive, per salvaguardare la loro salute mentale. «Questi ragazzi vivono in un sistema in cui i social network e il numero di follower sanciscono il tuo successo», spiega Gazzè. «Molti giovani non riescono a gestire questa pressione. È una situazione drammatica perché è limitante per molti artisti, non solo nell’ambito musicale. Se non ci sei non esisti. Una cosa raccapricciante. Sono fiducioso per le generazioni future, sono convinto ci sarà un aumento della coscienza degli esseri umani. E più aumenta la coscienza, più queste cose diventano piccole».
«Alcune delle storie recenti però sono molto diverse», sottolinea Silvestri. «La cosa che li accomuna è che quando sei fragile, quando non hai costruito tanto e ti ritrovi sballottato in qualcosa di enorme, è normale esserne sopraffatto». «L’argomento mi tocca molto perché la fragilità dei ragazzi mi sembra evidente», conclude Fabi. «I giovani cantanti sono ancora più esposti. Ci sono tanti di loro che a vent’anni passano dalla cameretta allo stadio Olimpico. Non può essere un’esperienza facile da digerire se non hai attorno a te delle persone, sia a livello professionale che personale, capaci di starti accanto». Esattamente come si stanno accanto i tre cantautori che, in questo bel documentario, ci fanno conoscere un percorso di amicizia che si intreccia con le storie delle loro canzoni, con l’impegno sociale e civile, e il piacere di raccontarsi attraverso la musica e la condivisione di un pezzo di vita insieme.