Andrea Camilleri è morto: ecco come lo scrittore raccontava se stesso
Andrea Camilleri morto: così lo scrittore raccontava la sua vita e la sua carriera
Andrea Camilleri è morto, ma come è iniziata la sua carriera? A raccontarlo è stato lui stesso in un numero speciale di MicroMega, riproposto oggi da L’Espresso.
In questo speciale lo scrittore ripercorreva la sua vita, la sua carriera, ma anche il rapporto con le donne.
Come nasce il vigatese
L’autore inizia il suo intervento parlando dell’invenzione del vigatese. Un percorso lungo, a suo dire, cominciato agli esordi della carriera.
“Avevo cominciato a scrivere in italiano – scrive Camilleri – ma sentivo di non riuscire a rendere tutto quello che volevo”. “Fu mio padre a darmi la chiave dicendomi che avrei dovuto scrivere il romanzo che avevo in mente esattamente per come glielo avevo raccontato”.
Così, nasce Il corso delle cose, il primo romanzo di Camilleri. Tuttavia, quando l’autore lo presentò a Niccolò Gallo, critico letterario nonché responsabile della collana “Il tornasole”, a cura della Mondadori, questi gli consigliò di spingere ancora di più sul proporre un linguaggio tutto suo.
“Riscrivilo secondo queste indicazioni e io te lo pubblico” gli disse Gallo, ma Camilleri non fece in tempo perché Gallo è morto poco dopo.
Il corso delle cose dunque rimase per anni chiuso in un cassetto dal momento che nessuno voleva pubblicare il racconto.
Circa dieci anni dopo, il giudice e sceneggiatore Dante Troisi propose a Camilleri di trasformare il romanzo in uno sceneggiato televisivo. Allorché la notizia si sparse e l’autore fu contattato da Lalli, un editore a pagamento, che gli propose di stampargli il volume gratis a patto che lui scrivesse nei titoli di testa o di coda che il libro era pubblicato dall’editore.
Camilleri accettò, ma si pentì subito dopo dell’accordo. La rabbia e la frustrazione, così, lo portarono a scrivere Un filo di fumo, che fu pubblicato da Garzanti e che, secondo Camilleri, segna il suo esordio da scrittore.
Anni dopo, poi, Camilleri rimise mano a Il corso delle cose secondo quelle che erano le indicazioni di Gallo e il libro fu nuovamente pubblicato, questa volta da Sellerio.
Per quanto riguarda la nascita del vigatese, Camilleri lo narra attraverso il racconto di un episodio a una giornalista cinese: “A sedici anni ottenni da mia madre le chiavi di casa, in maniera che potevo rientrare quando volevo. Io facevo sempre tardi la notte. Un giorno mia mamma si scocciò e mi fece questo discorso che riferisco testualmente: «Nenè, figliu mè, cerca di arricamparti prima la sira. Pirchì si iu nun sentu la porta ca si chiui, nun arrinesciu a pigliari sonnu. Perciò, fallu pì mmia. E se questa storia dura ancora, io ti taglio i viveri e voglio vedere cosa fai fino alle 3 di notte».
“Vede, la prima parte, che è una mozione degli affetti, è tutta in dialetto. La seconda parte, che è un’intimidazione, è in lingua italiana. Questa è una divisione sostanziale nel nostro modo di parlare. Una minaccia, un’intimidazione è in italiano, una cosa d’affetto è in dialetto”: così nasce il vigatese.
Tuttavia, Camilleri racconta che prima di arrivare a un vigatese “perfetto” ha scritto e cancellato migliaia di pagine.
“Ho distrutto tutto, io non lascio tracce, neanche le prime stesure dei romanzi. Non so perché, lo faccio d’istinto. L’unica cosa di cui esistono due versioni è proprio Il corso delle cose, e sulla differenza di linguaggio fra le due edizioni è stata fatta una tesi di laurea attorno alla quale c’è un aneddoto”.
Secondo quanto racconta lo scrittore, infatti, anni fa, durante alcune analisi a cui l’autore si sottopose presso la clinica Quisisana, Camilleri venne avvicinato con una scusa da una delle infermiere, la quale voleva portargli proprio la sua tesi di laurea sulle due versioni del romanzo.
“Era un’infermiera che si era laureata in lettere e la tesi era interessantissima, ma non fu pubblicata e io non la trovo più. Mi piacerebbe molto ritrovarla ma i traslochi mi hanno fregato e adesso poi, con la perdita della vista, non ho più il controllo dei libri, non so più dove sono” afferma lo scrittore nel suo intervento.
Le influenze artistiche fondamentali per la sua carriera
“Pirandello, Joyce, Faulkner, Gadda, Sciascia, e Simenon, ma il Simenon dei romanzi- romanzi, non di Maigret, sono autori che leggo e rileggo continuamente e hanno influenzato tutti i miei libri” racconta lo scrittore siciliano.
“Fra i classici antichi, sicuramente le Metamorfosi di Ovidio – a cui mi sono ispirato per tre miei romanzi: Il sonaglio, Il casellante e Maruzza Musumeci – e il De rerum natura di Lucrezio: li ho letti e riletti, sia in italiano che in latino. Lucrezio è un poeta assoluto”.
Ma come nasce un romanzo? Anzitutto di mattina.
“Io ho sempre scritto di mattina e alternavo: un giorno decidevo di scrivere Montalbano e quello dopo il romanzo storico su cui stavo lavorando. Per entrambi iniziavo sempre rileggendo, anche due volte se necessario, le ultime venti pagine che avevo scritto, in modo da entrarci dentro”.
“Il 90 per cento della storia che voglio raccontare è già presente e organizzata nella mia mente” afferma Camilleri nello scritto di Micromega.
“Per i romanzi storici ho alcuni brani iniziali, finali e centrali, che sono come i piloni di un ponte che reggono poi il resto. Per quelli di Montalbano è un po’ diverso: in quel caso mi costruisco il romanzo intero in testa, sempre senza appunti. Parto dal particolare che più mi colpisce e da lì costruisco il mio racconto, che quasi inizia a scriversi da sé”.
La carriera di Andrea Camilleri: il rapporto con le donne
Nel corso del suo intervento, Andrea Camilleri narra anche l’importanza delle donne per la sua vita e anche per la sua carriera.
“Le donne che descrivo nei romanzi sono, sì, donne che ho incontrato nella mia vita, ma non sono le donne che ho amato. Non ho mai scritto delle donne che ho amato perché credo che l’amore sia una straordinaria lente deformante” narra lo scrittore.
“Le donne dei miei romanzi sono donne molto sensuali, molto carnali ma non per questo possono essere tacciate di non essere femministe”.
“La cosa che rimpiango più di tutte da quando sono diventato cieco è che non posso più ammirare la bellezza femminile. Le donne sono la meraviglia del mondo”.