“A Penelope che prende la valigia”: in esclusiva un estratto del libro di Cristina Manetti

Pubblichiamo un estratto del romanzo “A Penelope che prende la valigia“, il libro scritto da Cristina Manetti, giornalista, Capo di Gabinetto della Regione Toscana, Presidente del Museo Casa di Dante, ideatrice del progetto Toscana delle donne, progetto trasversale della Regione Toscana contro la violenza e le discriminazioni di genere, per promuovere i diritti, i meriti, i talenti delle donne in modo innovativo e con linguaggi meno convenzionali. Un romanzo epistolare in cui una madre scrive alla figlia dodicenne Penelope e alle sue compagne immaginando di riempire la valigia di parole che, se ben adoperate, diventeranno fatti, determineranno i cambiamenti e il loro futuro, così come è accaduto a molte donne prima di loro.
Cara Penelope,
ma anche cara Matilde, cara Stella, cara Emma, cara Sofia, cara Frida, care tutte: ora sta a te, sta a voi, partire per questo viaggio.
Non è facile trovare le parole giuste per salutarti, per salutarvi.
E sai, l’altra sera, tornata a casa, mi sono immaginata una corsa a staffetta, come alle Olimpiadi. Il testimone che vi viene consegnato per l’ultimo tratto di gara. E prima di voi le altre generazioni che hanno fatto la loro corsa per arrivare a questo punto. Bisnonne, nonne, madri come me.
Nemmeno noi siamo state ferme, abbiamo raggiunto risultati importanti: come quel giorno del 2 giugno 1946 quando per la prima volta siamo andate a votare, per eleggere chi avrebbe scritto la Costituzione più bella del mondo. Sensazione di una nuova vita che si schiudeva, come un punto e a capo: ma dopo quanta altra strada, per dare sostanza alle parole, ai princìpi dichiarati.
Ci ho pensato su, ma poi l’idea della corsa su pista non mi ha convinto. Come se voi foste l’ultima staffetta, con solo un nastro da tagliare davanti.
Meglio pensare a un viaggio, perché un viaggio, in effetti, comincia molto prima della partenza e non finisce mai, nemmeno quando si torna a casa. Senz’altro è così per noi donne: da sempre alle prese con diritti che ci sono stati negati; per sempre, ne sono convinta, obbligate a difendere quei diritti che ci sono stati riconosciuti, o meglio, che ci siamo prese.
Mi piace l’idea di viaggio, anche perché è un modo di sistemare le cose col tuo nome. Che è bellissimo, ma che deve fare i conti con un mito troppo ingombrante. Ovvero l’Odissea, nientemeno.
Con Ulisse che viaggia per i mari e casomai si lascia sedurre da Calipso. E con lei, Penelope, che se ne rimane a casa ad attenderlo per lunghi anni: fedele, paziente, brava nei lavori domestici, non fosse che per quella tela che tesse il giorno e disfa la notte, unico modo che ha a disposizione per respingere le pretese dei Proci: altri uomini brutali e vanitosi tra i piedi.
Quello stesso mito racconta del ritorno di Ulisse e per la verità allude anche a una sua nuova partenza. Ma io voglio un’altra storia, in cui sia Ulisse a restare a casa, per una volta, e per l’appunto sia Penelope a partire…
E sì, sto giocando col mito, ma il fatto è che non si viaggia se non si è liberi. A volte, semmai, si viaggia per conquistarla, la libertà.
Sai, mentre ti scrivevo queste righe mi sono fermata un attimo. Viaggio è una parola così usata e abusata che forse bisogna tornare alle sue origini, per coglierne davvero il senso.
Così sono andata a vedere e ho scoperto che viaggio prima ancora di indicare uno spostamento indica il viatico, cioè quanto occorre per il viaggio stesso. Insomma, a far sì che il viaggio sia davvero un viaggio è ciò che ci portiamo dietro.
Allora, come avrebbe fatto mia madre con me, ho pensato alla valigia. E a tutte le cose che, quando sono stata io a partire, bisognava riporvi, assolutamente da non dimenticarsi.
Mi sono venute in mente parole.
Che non è poco, anzi è molto. Sono impalpabili, fragili, a volte consumate, le parole. Ma se adoperate bene producono fatti, anzi, sono esse stesse fatti: sono ciò da cui discende il cambiamento.
Ecco, allora, che voglio consegnarti le mie parole. Parole come coraggio, speranza, unione, futuro, libertà. Parole che non sono solo parole.
Parole per questo viaggio.