Parte la marcia per Patrick Zaki: “Draghi si muova e gli conferisca la cittadinanza italiana”
Il 28 settembre si terrà la seconda e probabilmente definitiva udienza del processo a Patrick Zaki, lo studente egiziano detenuto ormai da quasi due anni nelle carceri del suo Paese in condizioni che Amnesty International definisce “disumane” e con capi d’accusa in buona parte decaduti, che lasciano molti dubbi e sembrano essere ormai pretestuosi. L’Egitto abbiamo imparato a conoscerlo già con il caso del povero Giulio Regeni: un Paese in cui si respira clima di intimidazione, che perseguita gli attivisti impegnati nella difesa dei diritti umani e della libertà d’opinione e che non riconosce il diritto alla ricerca scientifica. Si aspetta una sentenza che per l’ordinamento giuridico egiziano è inappellabile e per la quale, in caso di condanna, lo studente potrà essere rilasciato solo in caso di grazia concessa dal presidente Al Sisi.
Grande è stata la mobilitazione in Italia in questi due anni che ha coinvolto molte sfere della società civile, della comunità scientifica e delle istituzioni italiane. A partire dall’Università di Bologna che sul caso Zaki ha costantemente tenuto i riflettori accesi chiedendone fortemente la liberazione, senza perdere la speranza. Lo stesso Rettore, prof. Ubertini, si è speso pubblicamente in numerosi appelli per la scarcerazione e il ritorno in Italia del giovane ricercatore dell’UNIBO per potergli garantire il diritto di terminare i suoi studi interrotti così drammaticamente. La coordinatrice del master Gemma Woman’s and gender studies, prof. ssa Rita Monticelli, insieme
ai compagni di corso di Patrick, si è impegnata dentro e fuori le istituzioni, facendo quadrato attorno al suo studente e dando risalto passo per passo agli sviluppi della vicenda. Il Comune di Bologna, schierandosi al fianco della sua Università, ha dato una forte connotazione simbolica al caso dello studente egiziano con l’installazione permanente sotto le 2 torri, firmata dall’artista Gianluca Costantini, e rappresentante il mezzo busto di Zaki avvolto dal filo spinato.
La società civile è stata fortemente colpita dal caso e, tra le tante iniziative, si è distinta quella dell’associazione “Station tu Station” che dal gennaio di quest’anno ha promosso una petizione online e raccolto circa 280.000 firme per conferire a Patrick la cittadinanza italiana. La raccolta firme è ancora in corso e negli ultimi mesi ha visto anche la partecipazione di circa 70.000 sottoscrittori stranieri delle varie nazioni europee: francesi, spagnoli, inglesi, tedeschi e tanti altri. La petizione è stata consegnata dall’associazione al Parlamento italiano che nell’aprile del 2021 – con un Ordine del Giorno a prima firma Liliana Segre, sottoscritto da parlamentari appartenenti a tutte le forze politiche, ad eccezioni di Fratelli d’Italia – ha impegnato il governo al fine di “avviare tempestivamente (…) le necessarie verifiche al fine di conferire a Patrick George Zaki la cittadinanza italiana ai sensi del comma 2, dell’articolo 9, della citata legge n. 91 del 1992”. Nel luglio di quest’anno la mozione ha avuto voto unanime, con l’astensione di Fratelli d’Italia anche alla Camera.
Tutto ciò accadeva circa sei mesi fa. Da allora nulla. Nei giorni scorsi, sollecitato sul tema, il premier Mario Draghi ha risposto che il governo non è stato ancora investito sulla questione e ha dichiarato: “Quella su Patrick Zaki è un’iniziativa parlamentare in cui il governo non è coinvolto, al momento”. Una risposta che lascia piuttosto stupiti, visto che – come il premier saprà benissimo – il governo è stato coinvolto nel medesimo momento in cui il Senato ha depositato l’ODG. Il fatto che da allora non si sia saputo più niente attesta la volontà del Governo di non dare seguito a un’indicazione parlamentare – tra l’altro votata da entrambe le Camere – per motivi probabilmente attinenti a questioni di opportunità (diplomatiche, di affari, ecc.), o piuttosto a questioni di priorità.
A ricordare al Governo l’assoluta urgenza di affrontare il tema della cittadina a Zaki, quale questione simbolo del rispetto dei diritti umani e della libertà d’opinione, ci sta pensando ancora l’associazione “Station to Station” che da domani lancerà la grande marcia “Walking for Patrick”, una sorta di iniziativa alla Forrest Gump: un militante dell’associazione, Marino Edoardo Antonelli, partirà da Brescia a piedi per affrontare un percorso di 880 chilometri, attraversando la pianura, gli Appennini e quattro regioni italiane, approdando a Roma il 20 ottobre dove si svolgerà il flashmob per la liberazione del ricercatore. La marcia farà tappa a Bologna il 25 settembre e ad Assisi il 10 ottobre per la Marcia della Pace. Tutti i cittadini sono invitati dall’associazione a partecipare alla marcia, facendo compagnia a Marino e agli altri, anche per brevi tratti di strada, così da far sentire forte l’esigenza di difendere Patrick e concedergli la cittadinanza il prima possibile.
Moreno Zoli portavoce dell’associazione è convinto che a questo punto “si deve muovere il Governo e soprattutto Draghi, perché con l’approvazione dell’ODG al Senato e alla Camera la cittadinanza è praticamente già pronta… Se ci sono motivi diplomatici – che immaginiamo stiano bloccando la procedura – non crediamo siano sufficienti a rimandare questioni importanti come quelle attinenti ai diritti umani. In questi giorni è sceso il silenzio e chiediamo alle forze politiche, in particolare modo a Conte, Letta e al ministro Di Maio, di assumersi l’onere politico per sbloccare questa situazione”.
Rivolgendosi poi alla senatrice Meloni – che aveva espresso dubbi sulla cittadinanza a Zaki, con la motivazione che questa potrebbe essere intesa come “un’ingerenza” del Parlamento italiano e irritare i governanti egiziani, mettendo dunque in difficoltà lo stesso studente – il promotore della raccolta firme crede che: “non si debba avere paura di irritare i governi che non riconoscono i diritti umani e usano la detenzione preventiva e prolungata come prassi con l’accusa strumentale di terrorismo, ma che in realtà imprigionano innocenti a causa delle loro opinioni e del loro lavoro in favore dei diritti umani. E soprattutto si dovrebbe agire coerentemente e non stringere con questi governi patti e portare avanti affari. Non è detto che conferire la cittadinanza italiana a Patrick migliori la sua condizione, ma sicuramente non la peggiora”.
Il 7 luglio di quest’anno, Moreno e gli altri membri dell’associazione hanno raggiunto in macchina il Parlamento di Strasburgo invitati dal Presidente della Commissione Europea, David Sassoli. Hanno consegnato le firme ricevendo una calorosa accoglienza, incontrando anche Ursula von Der Leyen. Zoli fa notare la rilevanza che la cittadinanza italiana potrebbe avere: la sottoscrizione da parte di tanti cittadini europei, il sostegno della società civile internazionale e delle autorità EU conferisce ulteriore valore simbolico all’iniziativa. “La comunità europea ha istituito la borsa di studio per la quale Patrick seguiva il Master a Bologna”, aggiunge Moreno, “e un’eventuale cittadinanza legittimerebbe l’Europa ad intervenire a tutela di un suo cittadino che stava svolgendo gli studi per un master internazionale promosso e incentivato dalla stessa UE”.
Aldilà delle opportunità e delle priorità dei governanti italiani, va ribadito che le questioni di principio, soprattutto quando esse riguardano la tutela e la difesa dei cittadini non solo italiani ed europei, prevalgono su tutto. L’Italia, così come l’Europa, ha l’onere di tenere alta la bandiera dei diritti, altrimenti è inutile parlare con fierezza di modelli occidentali se poi si chiudono occhi e orecchie davanti a queste enormi ingiustizie. Non più di un anno fa moriva nelle carceri egiziane il regista e amico di Zaki, Amr Abdelwahab, colpevole di aver girato un video ironico su Al-Sisi.
Non sono casi isolati: secondo quanto riportato da “Human Rights Watch”, dal colpo di Stato militare del 2013 ad oggi le autorità egiziane hanno inserito circa 3.000 persone negli elenchi terroristici, condannato a morte 3.000 persone e incarcerate 60.000. Solo nel 2020 diverse organizzazioni della società civile hanno stimato che l’Egitto abbia eseguito almeno 110 condanne a morte. Una media dunque di una ogni tre giorni circa.
Non basta questo per alzare lo sguardo? Non basta all’Italia ricordarsi che un suo cittadino di nome Giulio Regeni è stato ucciso in Egitto mentre faceva una ricerca per l’Università di Oxford e che ancora oggi, a distanza di anni, sulla vicenda non c’è alcuna verità? Abbiamo molte volte sentito decantare l’abilità di Draghi, la sua autorevolezza quale garanzia per l’Italia di stabilità e buon governo, ma la politica non è solo efficienza e merito. È anche garanzia e presidio a tutela dei diritti, è garantire la libertà di pensiero e di parola dei suoi cittadini. Questi diritti i cittadini egiziani non li possono vantare.
Ma Zaki studiava in Italia e per l’Italia stava svolgendo la sua attività intellettuale per la quale è stato arrestato. E con questa vile azione è stato colpito il concetto di libertà di pensiero e di azione che ogni giorno promuoviamo nelle nostre Università. Per questo abbiamo una responsabilità enorme verso lo studente Zaki. Per questo il Parlamento “ha impegnato” il Presidente del Consiglio a procedere con la cittadinanza a Patrick. Gli ODG per il nostro sistema legislativo hanno valore formale inequivocabile, pertanto ogni giorno non dedicato all’impegno per concedere la cittadinanza a Zaki è un giorno sottratto alla volontà del Parlamento, dunque del Paese.