C’è un altro virus, ed è quello della violenza contro le donne: che non va mai in lockdown
Durante la preghiera per il Lunedì dell’Angelo dalla Sala della Biblioteca del Palazzo apostolico, inVaticano, il Papa ha lanciato un pensiero e una preghiera per le donne “a rischio di subire violenza per una convivenza di cui portano un peso troppo grande”. Un allarme particolarmente sentito dall’Oms che, riportando i dati pubblicati da Axios, ha ricordatoche la violenza contro le donne (che, si sa, si consuma maggiormente tra le mura domestiche) resta uno dei maggiori problemi di salute pubblica globale e i numeri di vittime, già esorbitanti in epoca pre Covid-19, pare siano triplicati durante questa emergenza. Il tutto nonostante una diminuzione del 50% delle denunce sporte. La motivazione non è un segreto di Pulcinella: le limitazioni negli spostamenti non consentono di chiedere aiuto perché la violenza non va in lockdown, come ci raccontano gli episodi e le testimonianze emerse nelle cronache giornalistiche di queste settimane.
C’è da dire e occorre che si sappia che nonostante i rinvii delle udienze, le chiusure dei Tribunali e la gestione di pochi processi (ad esempio quelli che nascono dagli arresti come le convalide, spesso gestiti da remoto o i processi riguardanti i detenuti), il “codice rosso” non è in quarantena, quindi, le misure a tutela della persona offesa possono (e devono!) essere ugualmente attivate. E se misure di sicurezza, supporto psicosociale, servizi di assistenza sono alcuni degli incentivi essenziali per salvaguardare le donne anche in questo periodo, la ‘società civile’ fortunatamente non si limita a far lievitare torte e gare di cupcake. Fondazione Con il Sud insieme ai centri antiviolenza dei 9 progetti sostenuti dal 2017 con il “BandoDonne”, rivolto alle organizzazioni del Terzo Settore di Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sardegna e Sicilia, ha lanciato la campagna di ascolto ed intervento #NonTiLasciamoSola, coprendo un meridione d’Italia in cui spesso si arriva alla denuncia forse troppo tardi.
Il Governo Conte, invece, è intervenuto stanziando 30 milioni di euro che serviranno oltre che per l’attività ordinaria dei centri antiviolenza e delle case rifugio, per il sostegno delle iniziative che gli stessi dovranno adottare in questi giorni a fronte dell’emergenza Coronavirus. Di questi, 2 milioni sono stati stanziati per assicurare l’indispensabile ospitalità alle donne vittime di violenza e ai loro figli che per motivi sanitari non possono trovare accoglienza nei centri antiviolenza e nelle case rifugio. La procedura d’urgenza ha consentito di sbloccare queste risorse, già ripartite alle Regioni con i lDPCM del 4.12.2019, pur in assenza della programmazione da parte delle Regioni, normalmente richiesta nell’iter ordinario. Anche la burocrazia, quindi, stavolta non ha scuse. Il fulcro del problema, però, rimane la possibilità concreta di poter avanzare la richiesta di aiuto senon si può uscire e l’orco è a casa a postare arcobaleni sui social per lavarsi la coscienza.
Ecco perché l’idea spagnola di utilizzare le farmacie per denunciare i maltrattamenti pronunciando la parola in codice “Mascherina 19” per attivare il relativo protocollo di protezione, è sicuramente da importare. Se ne è accorta la Regione Piemonte, che ha approvato un apposito Ordine del Giorno, perché non basta distribuire gli opuscoli informativi per aiutare le donne ad essere libere e se il lockdown qualcosa ci insegnerà non deve essere certo che in nome della battaglia contro il Coronavirus si possa sacrificare la battaglia contro il virus della violenza di genere.
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