Verbali Cts, divulgata solo una minima parte: su Alzano lombardo e Nembro serve ancora chiarezza
Il documento del 3 marzo è incompleto e mancano i verbali dei giorni immediatamente successivi, che non sono stati ancora divulgati e che potrebbero contribuire a fare chiarezza sulla mancata istituzione della "zona rossa"
Lo stralcio del verbale sulla riunione del Comitato tecnico scientifico del 3 marzo a proposito della “zona rossa” mai istituita ad Alzano lombardo e Nembro, pubblicato oggi dall’Eco di Bergamo dopo l’accesso agli atti del consigliere regionale Niccolò Carretta, risponde solo in parte agli interrogativi che l’inchiesta di TPI ha sollevato riguardo all’operato del governo e della Regione Lombardia sui giorni cruciali per il focolaio di Covid-19 in Val Seriana.
Quel verbale, il cui contenuto era già stato anticipato dal Corriere della Sera lo scorso giugno, riflette quanto confermato a TPI il 26 marzo da Agostino Miozzo, membro del Cts, a margine della conferenza stampa nella sede della Protezione Civile a Roma: cioè che il comitato aveva letto e valutato la nota riservata dell’Istituto superiore di sanità, datata 2 marzo e diffusa in esclusiva da Francesca Nava sul nostro giornale. Il documento conferma che quella valutazione fu netta: il Cts rivolse un invito inequivocabile al governo, chiedendogli di adottare provvedimenti più restrittivi a causa della netta crescita di contagi comunicata. Ma questo invito è rimasto inascoltato.
Resta il fatto che, relativamente a quei giorni cruciali per la Val Seriana, non conosciamo ancora il contenuto dei verbali del Cts nei giorni immediatamente precedenti e successivi, che sono stati tutti acquisiti nell’indagine della Procura di Bergamo, ma non sono stati ancora desecretati. Lo stesso verbale divulgato del 3 marzo, inoltre, non è completo: si tratta di uno stralcio, come mostrano le diciture omissis all’inizio e alla fine del testo che riguarda l’invito del comitato a istituire la zona rossa ad Alzano lombardo e Nembro. Mancano inoltre l’elenco dei presenti, nonché le firme degli stessi o almeno del verbalizzante.
A rivelare qualche dettaglio in più è la lettera inedita della Regione Lombardia pubblicata in esclusiva da TPI in cui si legge la tesi della Regione: “L’epidemia era diffusa sul territorio nazionale, quindi la zona rossa spettava al Governo. E i Dpcm che si susseguivano vanificavano la possibilità di intervento delle Regioni”.
Sappiamo inoltre dal verbale del 7 marzo che il Cts propose al governo chiusure differenziate, ma a questa proposta non fu dato seguito dal governo, perché due giorni dopo, il 9 marzo, il premier Giuseppe Conte avrebbe annunciato il lockdown nazionale.
A chiedere la divulgazione completa dei verbali è anche il Comitato “Noi Denunceremo”, che raccoglie i familiari delle vittime. In una nota, il comitato chiede “la desecretazione di tutti i documenti e dei verbali a decorrere dal 22 gennaio e sino al 3 marzo perché solo attraverso l’analisi degli elementi che emergeranno indefettibilmente dai verbali del Cts di quei giorni la gente apostrofata come ‘quelli lì che continuano a uscire’ potrà darsi una spiegazione dell’immane sacrificio di vite umane”. Solo in questo modo, secondo il Comitato , “il governo potrà dare prova della volontà di fare chiarezza sui fatti occorsi e dimostrerà di avere rispetto delle persone”.
Ma resta l’interrogativo di fondo: perché il governo Conte non ha istituito la “zona rossa” nella bergamasca? Ai magistrati – stando a quanto riportato in un brano del libro Come nasce un’epidemia firmato da tre giornalisti del Corriere della Sera – Conte avrebbe detto di non avere mai ricevuto quel verbale datato 3 marzo. Diventa a questo punto cruciale capire se gli esperti tornarono nei giorni successivi a chiedere la chiusura della Val Seriana. In quel caso, infatti, sarebbe più difficile per il premier dimostrare di non aver ricevuto quei rilievi. Ma per fare piena chiarezza è necessario aspettare che siano resi noti gli altri documenti.
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