Le straordinarie storie di resilienza dei giovani angeli volontari che sfidano l’acqua alta di Venezia
Venezia chiama, i giovani rispondono: dietro le quinte di Venice Calls, gli “angeli di Venezia” che sfidano l’acqua alta. Il reportage di TPI dalla città lagunare
Quando, nel settembre 2018, i ragazzi dietro all’associazione Venice Calls hanno deciso di cominciare ad impegnarsi attivamente per il futuro di Venezia, non potevano certo immaginare che poco più di un anno dopo si sarebbero trovati al centro di una delle emergenze più gravi che la città abbia visto da decenni.
Una combinazione di acqua alta, forti venti e temporale ha messo in ginocchio la città lagunare martedì 12 novembre. La marea ha raggiunto il picco record di 187 centimetri, diventando così la seconda più alta di sempre dopo la celebre “aqua granda” del 1966 – quando la marea arrivò a 194 centimetri, causando blackout ovunque e lasciando la città isolata per giorni.
All’epoca, la disgrazia contribuì a puntare i riflettori del mondo intero sullo stato in cui versava la Serenissima: nelle settimane e i mesi seguenti giunsero aiuti e finanziamenti da ogni dove e vennero lanciate campagne di sensibilizzazione di ampia scala per preservare una millenaria città unica nel suo genere.
Oggi, mentre il calcolo dei danni si aggira attorno al miliardo di euro e le risposte delle istituzioni si moltiplicano, in prima linea ci sono i giovani. Prima centinaia, e poi migliaia di volontari – nel momento in cui scrivo si sono superati i 2500 membri sul gruppo Telegram dove vengono comunicate le operazioni di Venice Calls – si sono riversati in un primo momento sui social network e poco dopo nelle calli ancora invase da acqua e detriti di Venezia. A rispondere all’appello sono stati i membri dei comitati locali di Fridays for Future, ma anche studenti delle università locali e persone riversatesi in città per aiutare dai comuni limitrofi.
Lo scopo è duplice. Da un lato si vogliono contrastare le ricadute ambientali dell’emergenza, facendo sì che l’alta marea che continuerà nei prossimi giorni non trasporti via i rifiuti e i detriti dalle strade contaminando la laguna. Dall’altro, si vuole dare speranza a chi a Venezia ci abita e lavora, passando casa per casa, negozio per negozio a dimostrare che c’è chi è pronto ad aiutare. Per far capire ai veneziani che, nonostante tutto, dietro ad una città che in molti percepiscono come un luna park c’è invece sempre una comunità viva, attiva, reattiva.
Piero Risica, fisioterapista 25enne e portavoce di Venice Calls, ricorda bene il momento in cui lui e gli altri membri dell’associazione si sono resi conto di dover reagire. “La sera stessa giravano tantissimi video su Facebook e Whatsapp che mostravano com’era la situazione in città. Vedevamo fiumi dove prima c’erano le calli, mari dove prima c’erano le calli… La mattina dopo siamo usciti e abbiamo cominciato a chiedere in giro chi avesse bisogno di aiuto”. Alla prima riunione, organizzata nel pomeriggio di mercoledì all’Erbaria, vicino al ponte di Rialto, si sono presentate 300 persone. Da lì in poi, i numeri non hanno fatto che crescere.
“I primi problemi sono stati sicuramente l’aiutare ad asciugare le case, portando via i rifiuti e le cose ormai inutilizzabili”, spiega Piero a TPI. Centrale è stato il coordinamento con Veritas, l’agenzia pubblica veneziana che si occupa di igiene ambientale: identificando insieme dei punti di raccolta prefissati, i volontari organizzati da Venice Calls hanno trasportato sacchi e sacchi di rifiuti in delle barche predisposte, in modo da liberare le strade e le case prima che arrivasse la marea successiva. Allo stesso tempo, insieme al comune hanno contribuito ad aiutare delle realtà culturali conosciute in tutto il mondo, come le librerie Foscarina, la celebre Acqua Alta, le fondazioni Bevilacqua e Querini Stampalia e diverse chiese.
“Ho trovato incredibile vedere così tanti ragazzi miei coetanei presentarsi a dare una mano. Ogni volta che arrivava una richiesta d’aiuto nel gruppo non c’era neanche il tempo di dire ‘Arriviamo noi!’ che già c’era qualcuno sul posto a risolvere il problema”, ricorda Vera Munzi, fotografa 25enne che ha seguito i ragazzi di Venice Calls negli ultimi giorni, lavorando anche per ripulire un luogo di valore culturale come la Chiesa dei Carmini. “Le persone si sorridevano, in tutto questo dramma – perché si vedeva la voglia di aiutare, di rimettere in piedi questa città. La consapevolezza che sarebbe una tragedia vederla crollare. Per esempio, io domani sarei dovuta partire per andare a Milano, ma hanno detto che ci sarà di nuovo l’acqua alta a 1 metro e 60 – e io non ce la faccio a lasciarla così. Mi viene da piangere, è una parte di me”.
Una storia che sembrerebbe una meraviglia di spontaneità ed energia giovanile, ma che si poggia invece su una struttura ben oliata e sul savoir faire di un gruppo di giovani attenti alle necessità di quella che, per nascita o adozione, chiamano casa. Dall’organizzazione dei canali di comunicazione con i volontari e le istituzioni alla logistica e le assemblee di ore ed ore che si tengono nella casa di campo Santa Margherita di uno dei membri del direttivo – per il momento adibita a quartier generale – fino a tarda notte.
Una delle persone che lavora dietro le quinte è Irina Ionasc, studentessa 22enne di Storia Contemporanea a Cà Foscari e veneziana d’azione. Irina gestisce le richieste d’aiuto che provengono da commercianti ed abitanti dalla “centrale” dell’associazione, lavorando instancabilmente. “Una cosa che abbiamo imparato è che la comunità qui è molto forte – l’ha dimostrato l’enorme risposta su Telegram, tra le altre cose. C’è una vivacità, una capacità di trovare il bello nel brutto. Nella tragedia si è rafforzato il senso della comunità”, racconta.
Se, al momento, tutte le attenzioni sono concentrate sulla gestione di un’emergenza straordinaria, quello che muove questo gruppo di ragazzi – soprannominati ormai “gli angeli di Venezia” – è una preoccupazione molto più ampia e sistematica.
“Venice Calls nasce con la missione di offrire alle generazioni attuali e future di Venezia una città in cui si può vivere e pensare al proprio futuro”, spiega Edoardo Scatto, 23enne membro dell’associazione oltre che studente e lavoratore. “Partiamo dalle emergenze che Venezia come città ora vive: quella ambientale e socioculturale”. Dagli incontri per ripulire luoghi come gli imponenti murassi costruiti dalla Serenissima per difendere la laguna dall’erosione del mare secoli fa agli incontri con la cittadinanza per sensibilizzare gli abitanti a temi come l’ecosistema della laguna o le microplastiche, l’obiettivo, spiega Edoardo, è quello di “offrire a chi vuole vivere Venezia un ambiente e una comunità in cui si discute, ci si confronta e si coinvolge la cittadinanza”.
I risultati di uno sforzo collettivo tanto ampio ed organizzato si sono visti tutti, in questi giorni di sconforto per una città che si è mostrata in tutta la sua fragile bellezza. A partire da un incontro con il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese in visita a Venezia, in piazza San Marco, sabato 16 novembre.
Eppure, la strada resta in salita. “Ora Venice Calls si trova a dover canalizzare l’energia che lo sforzo solidale di tanti giovani ha portato a Venezia, per trasformare l’entusiasmo del momentum in un progetto di medio e lungo termine. Da un lato dobbiamo capire come integrare il piano di attività 2020 e come gestire le risorse umane, materiali ed economiche attuali per aumentare il raggio d’azione dell’associazione; come rendere sistematici gli interventi e aumentarne la potenzialità; lavorare su partnership istituzionali e con altri movimenti; consolidare la struttura interna per far fronte a queste nuove possibilità, senza perdere l’integrità del gruppo e i valori fondativi”.
Gli interlocutori certo non mancano: negli scorsi mesi Venice Calls ha già collaborato con ONG quali Parley for the Oceans, Ocean Spaces, Eatart, Generazione 90 e Garanzia Civica, oltre che con Unesco, Lush, il sito venessia.com e, chiaramente, il comune di Venezia.
Mentre la città si prepara a nuove giornate di acqua alta, si moltiplicano – al di fuori dell’azione di Venice Calls – storie di straordinaria spontaneità e vicinanza. Dall’edicola indipendente completamente scomparsa per cui sono stati raccolti oltre 20mila euro nell’arco di 24 ore ad iniziative come “Venezia sotto l’albero” proposta da Italian Stories, nella città lagunare la voglia è quella di tenere duro. O, come si dice lì, duri i banchi.
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