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Home » Cronaca

Cara Heather Parisi, sul vaccino sbagli. Ecco perché (di Luca Telese)

Immagine di copertina
Illustrazione di Emanuele Fucecchi

Gentile Heather Parisi,
la ringrazio molto per la risposta che lei ci ha inviato – polemica, ma anche documentata e cortese – che molto ci aiuta in questo dibattito sul vaccino anti-Covid.

Siamo d’accordo, ovviamente, sul fatto che dilemmi così grandi non si risolvono a colpi di slogan. E per questo, in linea con lo spirito di questa testata, approfondiremo nei prossimi giorni, sul nostro sito, con degli esperti, anche molti dei suoi dubbi (alcuni dei quali partono da interrogativi fondati che attraversano tutti noi).

LEGGI ANCHE Heather Parisi risponde a TPI: “Vi spiego perché ho detto che non voglio vaccinarmi”

Tuttavia, in almeno un punto, devo contraddirla da subito: nell’articolo sulle sue dichiarazioni io non esercito, né intendo esercitare su di lei, nessun “ricatto morale”.

Al contrario: specifico che la suggestione di sostenere (anche se lei ci ricorda di abitare ad Hong Kong) che idealmente il suo rifiuto del vaccino dovrebbe portarla ad astenersi dal ricorrere al servizio pubblico italiano, non è dovuto (come nel caso di Roberto Burioni) ad un pretestuoso furore “vendicativo” contro gli scettici (e quindi anche contro Heather Parisi).

Non sarebbe certo, dunque, l’effetto di uno stolto spirito di rappresaglia. Ma, semmai, l’esito ultimo di una conseguenza logica: se Heather Parisi non crede alle autorità che certificano la bontà del vaccino, come può credere alle stesse autorità quando certificano la bontà delle terapie di cura?

Se lei leggesse la letteratura scientifica sull’idrossiclorochina con la stessa attenzione con cui legge i documenti sui vaccini, potrebbe trarre argomentazioni pro o contro l’uso di quel farmaco, e fondamento per molti timori nella descrizione che i suoi critici fanno degli effetti collaterali.

Secondo tema: le autorizzazioni dell’Ema – contrariamente a quanto si vuole fare credere in queste ore – sono tutt’altro che frettolose e avventate: tant’è vero che il vaccino di AstraZeneca, prodotto da una joint venture italo-britannica e già autorizzato nel Regno Unito, non ha ancora ottenuto il nulla osta nell’Unione europea.

E Dio solo sa quanto questa autorizzazione sarebbe utile all’Italia, che ne ha prenotato 40 milioni di dosi (fondando la sua campagna vaccinale sull’aspettativa del nulla osta di cui parliamo).

Per questo lei ha trovato nei documenti – come ricorda – molte e espressioni del tenore “Non hanno ancora fornito dati sufficienti”. Tuttavia io le rammento che 17 reazioni allergiche per milione (non mortali) al vaccino sono sempre meglio che mille morti per milione al virus, ovvero alla percentuale di vittime che fino ad oggi il nostro paese ha visto cadere, secondo i numeri dell’Istituto Superiore di Sanità.

Ed ecco il nodo decisivo che ci porta oltre le polemiche “da bugiardino” sugli eventuali effetti collaterali: siccome, malgrado i tanti dubbi sulle terapie, nessuno direbbe mai “Io annuncio che né io né la mia famiglia, né i miei figli accetteremmo di essere curati, e men che meno trattati con l’eparina” (cito un farmaco a caso fra quelli più adoperati), perché lei sente il bisogno di dire questo sui vaccini?

Perché usa diversi parametri? Io non nego la legittimità dei suoi dubbi. Non pretendo di opporre certezze, anzi. Le faccio solo notare il paradosso che il sentimento di ostilità al vaccino ha portato tutti ad usare due pesi e due misure: non lo consideriamo una cura, ma una imposizione rischiosa.

Anche il suo articolo risente di questa impostazione. Mentre io – in attesa degli approfondimenti con gli esperti – le dico: il dubbio non può essere asimmetrico. O nel dubbio ci si astiene sia da cure che da vaccini, oppure, nutrendo lo stesso dubbio (che non riguarda solo il Covid, ovviamente, ma tutta la farmacologia), ci si astiene da entrambi.

Il punto più insidioso dei No Vax, che credo anche lei non condivida, è invece proprio questo: essere riusciti a creare un sentimento ostile per cui il vaccino non è più percepito come una cura. Ma come una imposizione venefica. Anche se non sono d’accordo sul resto, su questo dovremmo almeno poter convenire.

Leggi anche: 1. Heather Parisi non vuole vaccinarsi? Allora non ha diritto a curarsi negli ospedali italiani (di Luca Telese) / 2. Heather Parisi risponde a TPI: “Vi spiego perché ho detto che non voglio vaccinarmi”

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