Utero artificiale: così la disputa sulla maternità surrogata può essere superata dalla tecnologia
In Italia, con qualche anno di ritardo rispetto ad altri Paesi, si sta consumando un dibattito riguardo l’opportunità di vietare la pratica della gestazione per altri (spesso chiamata “utero in affitto”) con la creazione di una normativa ad hoc che colpisca i cittadini che vi fanno ricorso andando all’estero. La proposta (bipartisan) è di comminare pene fino a 3 anni. Le due maggiori sostenitrici del disegno di legge sono Mara Carfagna e Giorgia Meloni, ma la “guerra” contro l’utero in affitto non ha fatto breccia solo a destra, anzi. Particolarmente agguerriti su questo tema sono anche movimenti femministi come “Se non ora quando” e “ArciLesbica”, che da tempo conducono feroci battaglie sui social contro la gestazione per altri. Questa discussione, però, potrebbe presto essere superata dalla tecnologia, grazie allo sviluppo di sistemi medicali di uteri artificiali.
La situazione in Italia e all’estero
Oggi, nel mondo, la pratica dell’utero in affitto è legale in 10 paesi, tra cui Stati Uniti, Canada e Russia. In alcuni è consentita solo in forma “solidale”, tra familiari, amici o persone che scelgono di offrire l’utero senza un compenso economico, come accade ad esempio in Grecia. In Italia esiste già una legge che vieta espressamente la “commercializzazione di maternità surrogata”. Mentre per quanto riguarda l’accesso alla gestazione per altri altruistica o solidale non c’è un divieto esplicito, anche se attualmente, per poter intraprendere legittimamente tale percorso è necessario ricorrere ai tribunali, che possono valutare caso per caso.
L’utero in affitto come scelta di necessità: la proposta di legge
In Italia oltre 6mila donne sono nate senza utero, affette dalla sindrome di Rokitansky. Si stima inoltre che circa una donna ogni 5mila sia senza utero poiché asportato in conseguenza di tumori, endometriosi o altre patologie. Per tutte queste persone, la maternità surrogata spesso è l’unica strada per poter avere un bambino. Per situazioni come queste, è stata presentata una proposta di legge da parte di diverse organizzazioni, tra cui l’Associazione Luca Coscioni, che chiedono una legge sulla GPA altruistica, senza il riconoscimento di un compenso economico.
L’avanzamento tecnologico e le sfide dell’utero artificiale
C’è però un passaggio importante che sta compiendo la scienza: lo sviluppo dei primi uteri artificiali. Si tratta di dispositivi realizzati in Olanda, Cina e negli Stati Uniti, con alcune prime applicazioni in Africa e con l’obiettivo (dichiarato) di salvare i feti prematuri, ricreando un ambiente simile all’utero che consenta di portarli alla nascita. Tale macchina potrebbe sostituire completamente la funzione dell’utero della donna, con scenari che sfidano gli attuali dibattiti e la discussione etico-legale collegata alla maternità surrogata.
L’utero artificiale potrebbe infatti rimpiazzare la procedura della gestazione per altri, eliminando il ruolo della donna gestante e, di fatto, annullando il problema etico sullo sfruttamento subito dalla “portatrice”. Non solo, l’utero artificiale potrebbe anche aiutare a ridurre il numero di aborti: in uno scenario futuristico, una donna che non desidera o non può portare avanti una gravidanza, ad esempio per motivi di salute, potrebbe trasferire il feto nel dispositivo medico-tecnologico. Una volta cresciuto il feto, in un ambiente perfettamente controllato, il neonato potrebbe essere destinato all’adozione, con la naturale conseguenza di un numero inferiore di aborti.
Uno scenario che non risulta per niente irrealistico: i progressi della scienza hanno permesso all’uomo di raggiungere mete anche più complesse di questa. Rimane, però, la problematica etico-legale, con una discussione che dovrà necessariamente essere aperta per non arrivare in ritardo su tecnologia, mercati e scelte.