Il caso dei 30 migranti bloccati da dieci giorni su un “bus quarantena” a Udine
Dormono e mangiano sui bus, hanno a disposizione due bagni chimici e si lavano con una pompa dell'acqua. Sotto il costante controllo della polizia che impedisce loro di allontanarsi dal veicolo. Così un gruppo di migranti trascorre l'isolamento fiduciario a Udine. ActionAid, Intersos e altre associazioni: “I Prefetti utilizzino gli strumenti legali del Decreto Cura Italia per garantire un’ospitalità dignitosa ai cittadini stranieri in quarantena”. I punti di accoglienza sono al completo. Il prefetto: "Si tratta di una soluzione temporanea"
Udine, migranti in quarantena sui bus
A Udine una trentina di migranti giunti in Italia dalla rotta balcanica sono stati costretti a dormire a bordo di un pullman per la quarantena Covid. Dormono e mangiano lì da lunedì 7 settembre, in una zona appartata dell’ex ospedale psichiatrico di Sant’Osvaldo, sotto il costante controllo delle forze dell’ordine che impediscono loro di allontanarsi dal veicolo. A loro disposizione sono stati installati due bagni chimici e una pompa per lavarsi.
“Una settimana fa i migranti erano circa 70, poi per una quarantina di loro è stato trovato un riparo alternativo grazie all’intervento della Caritas e grazie allo svuotamento parziale della ex caserma Cavarzerani”, spiega a TPI Fabrizio Coresi, policy advisor sull’immigrazione di ActionAid, una delle associazioni che si è mobilitata per chiedere spiegazioni alle autorità locali.
Inizialmente, infatti, il gruppo di richiedenti asilo era stato sistemato sul sagrato del Santuario della Madonna Missionaria di Tricesimo, comune a nord di Udine. Ma dopo le proteste del sindaco, Giorgio Baiutti (centrosinistra), i migranti sono stati trasferiti nel capoluogo friulano (governato dalla Lega) nell’area dell’ex ospedale psichiatrico, vicino al campo da cricket dove si allenano i rifugiati nell’ambito di un progetto di integrazione finanziato da Unhcr-Intersos.
Per 40 cittadini stranieri, la prefettura ha trovato dei posti grazie alla Caritas e al parziale svuotamento della ex caserma Cavarzerani, ma altre 30 persone sarebbero rimaste a bordo dei pullman dopo essere stati sottoposti al tampone, che al momento ha dato esito negativo. E ora attendono la fine dei 14 giorni di quarantena a bordo del veicolo. “Noi come organizzazione di diritti umani riteniamo che queste non possano essere condizioni di accoglienza degne. Sono anzi fortemente lesive della dignità umana. Non rispettano gli standard minimi di accoglienza previsti dalla nostra Costituzione e dal diritto internazionale, comunitario e italiano”, aggiunge Coresi di ActionAid.
“Quello che sta succedendo a Udine ha dell’incredibile. Non esistono motivazioni di nessun tipo per giustificare una misura come quella di tener chiusi degli esseri umani in dei pullman– aggiunge a TPI Cesare Fermi, responsabile Unità Migrazione Intersos – . Siamo convinti che in Italia si debba trovare in tempi brevi una soluzione dignitosa per queste persone”.
Anche l’ex assessore comunale Federico Pirone, oggi consigliere di opposizione del comune guidato dal sindaco leghista Pietro Fontanini (della Lega è anche il presidente del Friuli Massimiliano Fedriga), si è schierato su una posizione di indignazione umana per la vicenda dei pullman quarantena.”I migranti qui a Udine vengono intercettati, arrivano e vengono parcheggiati in quella zona in attesa di fare il tampone e tutto il percorso di check screen sanitario. Questa mattina (ieri, ndr) sono stato da loro con un’operatrice di Medici Senza Frontiere. Le persone sono sistemate in una situazione veramente vergognosa. L’impressione è che questa situazione stia diventando un centro di accampamento permanente. E questa non può essere considerata una soluzione, sia in termini umanitari che sanitari”, dice a TPI il consigliere di minoranza.
“Abbiamo scritto alle autorità competenti chiedendo loro di procedere con i loro poteri ad una soluzione diversa rispetto a quella del pullman quarantena che sfiora il grottesco“, dice ancora Coresi di ActionAid. E aggiunge: “Il problema è che non si pensa a una soluzione che possa essere strutturale. Non terminerà il flusso migratorio. E non si possono lasciare delle persone per 14 giorni su un autobus. Questo mi sembra abbastanza lampante”.
“Le persone continuano ad arrivare, la rotta balcanica non si è interrotta. Ma parliamo di numeri di richiedenti asilo assolutamente gestibili. La soluzione trovata da dieci giorni a questa parte per queste persone è inaccettabile. Bisogna trovarne un’altra che sia rispettosa della dignità umana“, conclude Pirone, consigliere di opposizione della lista civica di centro sinistra.
La spiegazione del Prefetto
Come spiegazione il Prefetto di Udine, Angelo Ciuni, a più riprese, ha motivato la scelta con l’assenza di posti in accoglienza e l’impossibilità di reperirli. “È una soluzione temporanea di emergenza – ha spiegato a Repubblica – Siamo alla ricerca di luoghi in cui accogliere i profughi, andrebbe bene un piccolo albergo dismesso o una scuola non più utilizzata, va bene anche un capannone con i servizi principali. Il problema è che non stiamo trovando disponibilità”.
Le associazioni protestano: la lettera
In una lettera inviata il 14 settembre 2020 al Prefetto di Udine e al Capo del Dipartimento della Protezione Civile, le associazioni ActionAid, Asgi, Intersos e numerose sigle del territorio hanno ricordato che con il Decreto Cura Italia, in vigore dal 17 marzo 2020, i Prefetti hanno acquisito poteri straordinari al fine di assicurare la possibilità di ospitare persone in isolamento fiduciario nel caso in cui queste non potessero farlo presso il proprio domicilio.
Nel testo è specificato che il Prefetto può requisire “strutture alberghiere, ovvero di altri immobili aventi analoghe caratteristiche di idoneità, per ospitarvi le persone in sorveglianza sanitaria e isolamento fiduciario o in permanenza domiciliare, laddove tali misure non possano essere attuate presso il domicilio della persona”.
Le associazioni auspicano inoltre che che le autorità competenti non intendano ricorrere alla soluzione di ospitare su unità navali, per il periodo della quarantena, i migranti che giungono in Friuli Venezia Giulia in modo autonomo attraverso le frontiere terrestri (come indicato nell’Avviso pubblicato il 10 settembre dal ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti). Una soluzione “discriminatoria e lesiva dei diritti delle persone interessate, oltre che più costosa e meno efficiente dal punto di vista della predisposizione delle misure di prevenzione sanitaria”.
“Non serve ricorrere alle ‘navi quarantena’, visto che sul territorio della Regione Friuli Venezia Giulia vi è un sufficiente numero di strutture che potrebbero essere utilizzate a tale scopo, come peraltro rappresentato da alcuni dei Prefetti del Friuli Venezia Giulia alla ministra dell’Interno Luciana Lamorgese nel corso della sua recente visita a Trieste” spiegano. In un dossier del Viminale, pubblicato ad agosto, si rileva una diminuzione del 17 per cento delle persone ospitate in accoglienza (al 31 luglio 2020 rispetto allo stesso giorno del 2019).
“L’assenza di trasparenza e la scarsa accountability del sistema non consentono quindi di confutare o confermare le affermazioni del Prefetto di Udine sullo stato dei centri di sua competenza – conclude la lettera -. Non possiamo quindi che tornare a chiedere il ripristino al più presto un sistema efficace di micro accoglienza diffusa a titolarità pubblica. Per questo si sollecita che le strutture per la quarantena o l’isolamento fiduciario siano il primo passo per l’ingresso nel sistema Siproimi come raccomandato dalle “Indicazioni operative ad interim per la gestione di strutture con persone ad elevata fragilità e marginalità socio sanitaria nel quadro dell’epidemia di Covid19”, redatte dall’Inmp (Istituto Nazionale salute, Migrazioni e Povertà, ndr) su mandato del Ministero della Salute”.
La risposta
“Il Prefetto non ci ha ancora risposto”, ci spiega Fabrizio Coresi di ActionAid. “La lettera l’abbiamo inviata il 14 settembre. Ci ha contattato invece, e di questo siamo contenti, la Protezione Civile con la quale abbiamo un appuntamento martedì prossimo, il 22 settembre. Alla presenza del ministero dell’Interno”, conclude Coresi nella speranza che al tavolo di martedì si possa trovare una soluzione degna per queste persone.