Ma allora non era tutta colpa di Azzolina: ecco tutti i flop sulla scuola del Governo dei Migliori
Manca meno di un mese e mezzo alla riapertura delle scuole – tempi che tradotti in termini organizzativi sono davvero esigui – e l’Italia si trova ad affrontare il terzo anno scolastico all’epoca del Covid con lo spettro della Dad che aleggia minaccioso.
Gli studenti italiani hanno pagato un prezzo molto alto in questa pandemia, scontando gli effetti della didattica a distanza che – in alcune zone più che in altre – si è rivelata fallimentare mettendo in luce le criticità di un sistema ancora troppo arretrato per le esigenze del Paese.
Rispetto al 2020, i problemi che si affacciano sul limitare del nuovo anno scolastico sono pressoché i medesimi, fatta eccezione per la questione vaccini: decisamente nuova ma del tutto irrisolta. Il cosiddetto “Governo dei Migliori” sembra non aver trovato soluzione per alcune criticità che rendono il ritorno tra i banchi l’ennesimo salto nel buio dei contagi. Restano le “classi-pollaio” che rendono impraticabile il distanziamento, resta l’impossibilità di avere un corpo insegnanti in numero adeguato rispetto agli alunni, resta il nodo dei trasporti, il vero veicolo di trasmissione del virus nei tragitti casa-scuola. In più, va considerato che se i vaccini dovevano rappresentare il vero sblocco-scuola, anche lì la situazione stagna.
Il nodo vaccini
Parte del personale scolastico (il 15%, 220 mila persone) non ha ricevuto nemmeno una dose di vaccino anche a causa dei pasticci combinati con Astrazeneca e anche la vaccinazione degli studenti dai 12 ai 19 anni – che per il commissario all’emergenza Francesco Figliuolo dovevano avere la “priorità” – latita. Un’urgenza scoperta piuttosto in ritardo: il fatto che i vaccini siano “importanti per il ritorno in classe” era noto anche sette mesi fa.
L’Associazione nazionale presidi, dopo avere proposto, finora inutilmente, l’obbligatorietà a scuola, denuncia il ritardo delle inoculazioni al personale e agli studenti. Quattro milioni di over 12, devono ricevere due dosi entro settembre. “A un mese e mezzo dalla prima campanella, la vedo dura, si dovrà ricorrere alla Dad” ha dichiarato a Repubblica il presidente nazionale Antonello Giannelli.
Le “classi pollaio”
Oltre alla montagna dei vaccini, per tornare in presenza restano i nodi delle classi “pollaio” da dividere, degli spazi da trovare, di un centinaio di migliaia di precari da stabilizzare. Tutti problemi che non sono stati nemmeno istruiti. Giovedì in Consiglio dei ministri è previsto l’approdo dei decreti sulla scuola e sui trasporti che dovrebbe estendere l’utilizzo del Green Pass ai viaggi a lunga percorrenza e stringere le maglie sull’obbligo che il personale e i professori siano immunizzati.
Sull’eventualità di obbligare gli studenti a vaccinarsi la Lega alza il muro. Nessuna intenzione di uscire dall’esecutivo, “non ci sarà un cambio di linea”, premette Salvini che sabato parlerà a Cervia in occasione della tradizionale festa del partito di via Bellerio. Il dibattito alla Camera sul Green Pass ci sarà comunque solo a settembre, di fronte a chi è preoccupato – anche nella Lega – di strizzare troppo l’occhio al popolo ‘no vax’ la strategia di Salvini è quella di condurre una lotta trasparente ma senza arretrare.
I trasporti e le strutture inadeguati
Di questi tempi lo scorso anno si discuteva con ansia della riapertura delle scuole e gli attacchi alla ministra Azzolina non si contavano. Dopo 12 mesi e con un nuovo Governo, bisogna capire cosa sia effettivamente cambiato: i tempi per programmare con i Comuni e le Province il recupero di strutture adiacenti o vicine alle scuole c’erano, così da garantire spazi più idonei. Bisognava lavorare per potenziare il trasporto pubblico ed eventualmente, dove necessario, pianificare con le scuole orari scaglionati; si dovevano attrezzare le scuole con impianti di ricambio forzato dell’aria, per limitare l’apertura costante delle finestre in pieno inverno. Il programma di assunzioni non è andato come sperato.
Il flop del concorso straordinario
Le assunzioni avvenute tramite il concorso straordinario non copriranno neanche le cattedre, continuando a incrementare il precariato; esattamente il contrario di ciò che serviva. La percentuale di docenti che, in diverse regioni, non hanno superato il concorso straordinario è imponente e il problema non riguarderebbe tanto la loro preparazione, quanto i criteri e le modalità del concorso. Bisognava cogliere questa occasione per tenere insieme due esigenze urgenti: superare il precariato strutturale e assumere molto di più, per fare classi più piccole.
Si doveva aumentare il numero dei docenti di sostegno, mentre invece moltissimi idonei non possono partecipare ai corsi (perché le Università li attivano in numeri limitati). Si doveva superare queste grandi e piccole storture, partendo da un dato oggettivo: la spesa per l’istruzione, come per l’Università e la ricerca, va aumentata.